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REFERENDUM DEL PRC SU ART.18 E ART. 35

Publie le samedi 6 juillet 2002 par Open-Publishing


Il patto per i licenziamenti facili è stato firmato dalla Cisl
e Uil venerdì 5 luglio.

Analisi della situazione

Il giorno 20 giugno si sono fatti i primi scioperi generali regionali in Lombardia e Campania. Altri scioperi interesseranno le restanti regioni d’Italia fino all’11 luglio.
L’obiettivo della Cgil, che da sola ha proclamato questa mobilitazione è quello di arrivare in autunno ad uno sciopero generale, non solo in difesa dei diritti dei lavoratori messi pesantemente in discussione con le modifiche dell’articolo 18, ma più in generale contro le politiche complessive del governo in materia di fisco, sanità, scuola, pensioni, sud, ecc.
Sempre il 20 giugno in occasione del vertice UE di Siviglia hanno scioperato anche i lavoratori spagnoli e i lavoratori greci : i primi contro le riforme del Governo Aznar che ha inteso rendere più dura la vita ai disoccupati riducendo i sussidi di disoccupazione ; i secondi hanno inteso protestare contro la riforma delle pensioni con cui il governo intenderebbe allungare la vita lavorativa.
In Spagna c’era anche Cofferati che in questo modo ha inteso dare un segnale di solidarietà ai lavoratori in lotta, ma ha voluto anche e giustamente lanciare un segnale forte per affermare la necessità che i lavoratori oggi hanno, a fronte di un attacco su scala europea alle loro condizioni di vita e ai loro diritti, di rispondere sul piano della lotta allo stesso livello.
Quanto poi la Cgil sarà coerente rispetto a questi obbiettivi strategici enunciati lo si vedrà nel futuro, intanto ciò che appare molto chiaro è il quadro complessivo : le economie europee si stanno organizzando puntando su riforme strutturali (vale a dire riforme che vanno a cambiare in modo stabile il sistema) che devono servire a rendere più omogeneo il sistema economico europeo e nello stesso tempo più competitivo ; riforme che pertanto vedono tutti i lavoratori europei con le loro conquiste storiche, (salari, pensioni, welfare, diritti) come bersagli unici da colpire. Protagonisti sono i governi nazionali che, facendo leva su solide maggioranze parlamentari e opposizioni inesistenti e in profonda crisi di identità, hanno stretto un patto con le rispettive organizzazioni padronali, hanno isolato le componenti sindacali più radicali e giungono ad accordi al ribasso con le componenti più moderate del movimento sindacale.

In Italia l’attacco alle condizioni dei lavoratori è
su tutti i fronti.


Dieci anni di concertazione hanno sensibilmente indebolito
il movimento operaio nel suo insieme e vi sono quindi le
condizioni per la borghesia di fare il raccolto di tutto
quanto in questi dieci anni è stato seminato.
Le prospettive che i sindacati hanno oggi di fronte non
sono certamente quelle di difendere una bandierina piuttosto
che l’altra : l’articolo 18 invece delle pensioni, gli ammortizzatori
sociali invece della riemersione del sommerso. In questo
sbando generale in cui i sindacati sono coinvolti, le burocrazie
si muovono più che altro con l’obbiettivo di conservarsi
le rispettive basi sociali, e le scelte di lotta o di trattativa
che fanno hanno come unico scopo quello dell’autoconservazione.
In sostanza, le burocrazie sindacali, consce della qualità
dei propri iscritti agiscono cercando innanzi tutto e unicamente
di fare scelte che non vadano a determinarne una caduta
del numero.

Lo scontro sull’articolo 18 è emblematico.

È certo che tutti i lavoratori vogliano difendere
l’articolo 18, ma sul modo e fino a che punto, sono questioni
che differenziano i lavoratori stessi a seconda del sindacato
di appartenenza.
I lavoratori della Cgil, e in essa i metalmeccanici della
Fiom, sono quelli che in modo più fermo non intendono
arrivare a modifiche di alcun tipo all’articolo 18, mentre
i lavoratori che si riconoscono in Cisl e Uil, ritengono
che alla fine si debba giungere comunque a un compromesso
e a un accordo onorevole, pur dicendosi tuttavia disponibili
a iniziative di lotta decise unitariamente..
La Cgil inoltre, a differenza di Cisl e Uil, sa benissimo
che la sua base sociale le sta chiedendo di tenere alto
il livello dello scontro sia sul fronte anti-padronale che
anti-governativo e di conseguenza il gruppo dirigente, che
non ha notoriamente velleità rivoluzionarie, deve
adeguarsi cercando di pilotare questa spinta di lotta in
modo da incanalarla lungo un percorso che non porti all’esasperazione
della situazione al punto da renderla ingovernabile.
Il ragionamento della Cgil appare cinico ma è evidente
che ciò che le sue burocrazie sembrano voler fare
è sfiancare le lotte, aprendo e chiudendo volta per
volta la valvola di sfogo, per arrivare alla fine a una
situazione in cui non ci sarà oggettivamente più
nessuna energia per difendere alcunché.

In questo contesto si è inserita la polemica
sui referendum.


Fin dall’inizio di questa vicenda Cofferati aveva asserito
che se un referendum si sarebbe dovuto fare, doveva essere
quello per abrogare i provvedimenti governativi e che pertanto
la strategia delle lotte doveva essere caratterizzata da
contenuti esclusivamente difensivisti : "l’articolo
18 deve essere difeso così come è".
Quindi, quando Cofferati parla di estensione dei diritti
egli intende proporre l’estensione non alle aziende sotto
i 15 dipendenti della giusta causa, quanto invece l’estensione
alle nuove figure professionali (i famosi co.co.co) di maggiori
e non ben definite tutele, mentre per le aziende sotto i
15 dipendenti intende proporre il diritto anche per questi
lavoratori di poter usufruire degli ammortizzatori sociali.
Ben altra musica si sente negli ambienti Fiom dove, i lavoratori
intendono con forza portare avanti la lotta affinché
il diritto al reintegro in caso di assenza di giusta causa
sia garantito anche nelle piccole aziende.
È proprio un bel problemino per il neo segretario
di questo sindacato (Rinaldini) che in ambienti Cgil (direttivi,
segreterie, ecc.) deve far capire ai suoi capi che non è
in disaccordo con loro, e quando invece è in ambienti
Fiom deve far capire che non è totalmente d’accordo
con questi.
A parole la Fiom sta sostenendo il referendum per estendere
l’articolo 18 a tutti i lavoratori dipendenti ma nei fatti
non organizza, o lo fa in modo assolutamente spontaneista
e sporadico, la raccolta di firme necessarie per indirlo.
E questo, è perfettamente coerente con le tattiche
galleggiatorie delle burocrazie. Tattiche che fanno il paio
con gli ultimi scioperi generali regionali dichiarati dalla
Cgil e che termineranno entro la prima decade di luglio
per poi sfociare in un altro sciopero generale nazionale
in... autunno (settembre, ottobre, novembre ???...).
Il coordinamento delle RSU invece si sta spendendo in modo
deciso in questo referendum e sta investendo energie e militanti
sia nella Fiom, per spingerla alla coerenza rispetto alle
decisioni prese, sia nel PRC, nell’ambito dei banchetti
che organizza nelle piazze italiane.

Il PRC

Dopo un periodo di partenza incerto sta riscuotendo un buon
successo in seguito ai refendum sull’articolo 18 e 35 dello
statuto dei lavoratori. Questo perché la sua posizione
è limpida e non appare inquinata da secondi fini.
Il ragionamento fatto dal PRC è molto semplice : se
non vogliamo lasciarci stritolare da lotte inconcludenti
e logoranti occorre dare a queste lotte una spinta e una
linfa vitale che le tenga alte e costringa i dirigenti sindacali
a confrontarsi continuamente con queste lotte e con i lavoratori,
e venga quindi contrastata la loro volontà di mandare
tutto a tarallucci e vino.
Non quindi dei referendum che vadano a sostituire le lotte,
ma dei referendum che diano nuove motivazioni e continuità
alle lotte.
Non una sacralizzazione dell’istituto del referendum, che
storicamente non è mai stato uno strumento di lotta
dei lavoratori.
Ciò che i lavoratori dovrebbero avere ben chiaro
è che questo è un sasso gettato negli ingranaggi
delle macchine delle burocrazie sindacali che se lasciate
fare svenderebbero tutto domani.

I referendum proposti da Rifondazione.

I referendum possono essere solo abrogativi, sono cioè
degli strumenti che servono per togliere delle leggi o anche
solo parti di esse.
Nel caso dell’articolo 18 il referendum propone di togliere
quei tre commi che una volta abrogati produrrebbero un cambiamento
radicale della legge al punto da renderla applicabile in
tutte le situazioni in cui vi è un rapporto di lavoro
dipendente.
Infatti i commi che si andrebbero a cancellare fanno esplicito
riferimento alla reintegra dopo licenziamento ingiusto che
si applicherebbe solo nelle aziende con più di 15
dipendenti sul territorio comunale e più di 5 dipendenti
nel caso di aziende agricole.
L’altro referendum proposto è quello dell’abrogazione
integrale dell’articolo 35, il quale dice che i lavoratori
hanno diritto a costituirsi in rappresentanze sindacali
e a svolgere attività sindacali solo se l’azienda
in cui operano è composta da più di 15 dipendenti
e da più di 5 in caso di aziende agricole.
Anche questo referendum (di cui si parla decisamente meno)
deve essere sostenuto in quanto è direttamente conseguente
al primo.
È logico infatti che una volta esteso a tutti l’articolo
18, e dopo che si sono create per i lavoratori le condizioni
per affermare la propria dignità, possano avere anche
gli strumenti per farlo (RSU, assemblee, ecc.), ed è
logica quindi l’abrogazione dell’articolo 35.

L’accordo Cisl Uil con il Governo
e Confindustria


Il patto per i licenziamenti facili è stato stretto venerdì
5 luglio nel primo pomeriggio a Palazzo Chigi, è un patto
separato senza la Cgil. Hanno invece apposto la loro sigla
Cisl e Uil, Ugl, Cisal, il Sindacato padano, i rappresentanti
delle imprese e quelli del governo. « Patto per l’Italia.
Contratto per il lavoro » è il titolo del documento, « Intesa
per la competitività e l’inclusione sociale », il sottotitolo.
« Patto per Forza Italia » l’ha ribattezzato la Cgil e non
senza ragione.
In pratica sarà con