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L’altra America profonda

Publie le vendredi 28 mars 2003 par Open-Publishing

L’altra America profonda Bush che cosparge il suo discorso guerriero di
un
Dio cristiano rigorosamente Wasp e sicuramente di nazionalità
americana. La
famosa tennista Jennifer Capriati che, prima di cominciare le sue
partite,
si fa mettere una canzone che si chiama Bombe su Bagdad - le danno la
carica giusta per vincere, dice. Il "politologo" Luttwak che, dalla
radio e
dalla Tv italiana, tuona contro la libertà di stampa e accusa i media
di
essere i veri colpevoli degli insuccessi dell’armata angloamericana. I
manifestanti che imbracciano cartelli con su scritto Give war a chance,
Dai
una possibilità alla guerra. Il ministro della Difesa Rumsfeld che
costiuisce - formalmente - un « Ufficio Bugie » per depistare cronisti e
ingannare l’opinione pubblica. Di "notiziole" di questo tenore se ne
possono trovare, ogni giorno, sui giornali più "insospettabili" di
antiamericanismo, come per esempio l’autorevole Stampa. Ma davvero
l’America è diventato un paese così selvaggio, primitivo, barbarico ?
Perfino i fans di Bush (ieri è toccato al socialista de Michelis)
appaiono
imbarazzati e qualche distanza, almeno culturale, sono costretti a
prenderla. Urge comunque una riflessione, proprio se non vogliamo a
nostra
volta - come non vogliamo - trasformarci in incalliti antiamericani.
Siamo
cresciuti con una precisa idea dell’America. Era il punto più alto
della
modernità capitalista e liberale, era il roseveltismo, era l’ebbrezza
metropolitana di New York, erano i film di Woody Allen, la lotta per i
diritti civili, le poesie della beat generation. Era la guerra del
Vietnam,
ma anche il formidabile movimento contro quella guerra, che si sparse
nel
mondo. Erano alcuni valori fondativi di una democrazia rappresentativa
certo largamente imperfetta, ma saldamente ancorata ad alcune libertà
civili fondamentali, come per esempio quella di stampa e di
informazione
(Quanti film americani, tipo I tre giorni del Condor finiscono con
l’apoteosi del ruolo dei liberi giornali ?). Insomma, l’America così
"immaginata" non era, non poteva essere nè il nostro modello nè il
nostro
punto di riferimento - ma era sicuramente anche un luogo positivo della
nostra identità, per la ricchezza delle contraddizioni che ci rinviava,
per
il fascino del suo melting pot, per il suo, comunque, parlar di futuro.
L’ultima rivoluzione, ancora in atto, non era nata, pochi anni fa, nel
cuore della California, a Seattle ? Oggi "apprendiamo", vale a dire,
scopriamo ogni giorno che c’è un’altra America che - con i film che
abbiamo
visto e i libri che abbiamo letto - non ha quasi nulla a che fare.
L’America al potere di Bush e dei suoi compari esprime quel Paese
Profondo
(forse quell’ampia e misteriosa provincia che nasconde spesso
inconfessabili segreti), la quale non ha mai davvero accettato l’idea
di
progresso - solo i soldi, il money vanno bene, perchè sono comunque un
segno della grazia divina. Che ha come paradigmi identificanti il culto
della terra, della patria e della vittoria sul Male. Che vive di Tv,
telepredicatori e di una religiosità quasi infantile, quel misto di
fondamentalismo settario, bigottismo, fanatismo che un grande studioso
ha
definito la religione americana, da distinguersi con nettezza dallo
stesso
cristianesimo. Che avversa attivamente l’aborto, l’emancipazione
femminile,
il darwinismo, la scienza. Che non ha mai accolto di buon grado gli
stranieri, gli immigrati, gli islamici, gli ebrei, gli italiani. E che
oggi
può vivere la guerra all’Iraq come momento di esaltante riscatto -
senza
sapere, neppure dove sia l’Iraq e che cosa abbia fatto Saddam Hussein.
Questa America, certo, c’è sempre stata - ma l’immagine dell’altra era
più
forte e comunque più appetibile. Un po’ come l’altra Francia - quella
della
Vandea e della rivolta reazionaria - che ha sempre conflittualmente
convissuto con la Francia di Parigi, della Rivoluzione, della cultura
dei
lumi, del maggio 68 e spesso ha perduto, ma non è mai scomparsa (la si
è
vista a Vichy). Questa America integralista, che puzza di petrolio e di
regressione, non appartiene a nessuno, nemmeno ai nostrani cultori
della
guerra. Anche loro dovrebbero interrogarsi sul perchè e il come è
potuto
accadere.