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Dazibao Movimenti G8 Oreste Scalzone
di Oreste Scalzone
A cavallo del secolo e del millennio c’è un ripresentarsi di tutto questo, in forme ancora nuove e sembra quasi che la secrezione di discorso - basterebbe sfogliare alcuni giornali, o fare una carrellata che cataloghi gli slogan dei movimenti - sia come un trionfo della pretesa, l’affermare in modo passionale ed etico, un indirizzo alla contraddizione sistematica. E’ una specie di caosmosi* delle parole, in cui si tira fino all’estrapolazione massima, per poi affermare tutto e il contrario di tutto. Da qui potremmo prendere dei sintomi grossi, degli esempi, tutto quello che è avvenuto attorno ai new global e a Genova, e arrivo ad un ultima cosa, tornando alla violenza.
Se c’è una cosa che trovo atroce e con cui dovremmo fare i conti, perché se no è inutile parlare dell’amnistia, tentare di osare sperare, è che non è possibile nessun briciolo di tolleranza nei confronti di un discorso che metta in fila due cose come
1) la demonizzazione totale dei casseurs, che magari spaccano una vetrina disturbando e per i quali non solo ci si spinge a invocare la polizia, ma che vengono visti ormai come l’impensabile se non ridotti a marionette,
2) lo sfoderare tutti gli argomenti di tipo minimizzatore, indulgente, fino ad una comprensione anche minima dello stragismo.
Una cosa impensabile per uno che si dichiara comunista. Perché questa cosa può essere motivata da un presupposto religioso come per gli islamismi, o dal principio di nazionalità, che non è nemmeno quello della tradizione, ma giacobino che legittima la violenza. Beh, io pensavo che noi alcune forme d’azione - lo stupro etnico, la tortura, le crudeltà e la strage - le escludessimo in assoluto, ora pare di no. Ma allora francamente per me è molto meno motivato, a parità di mezzo, uno che vuole uno Stato a bandiera, grande, piccolo, contro quello o contro quell’altro, o che vuole affermare una religione perché sono essenzialismi senza speranza in cui il fratricidio è all’infinito con il gioco di Abele e di Caino. A me pare un motivo mille volte più importante se uno ricorre alla violenza contro il rapporto di capitale e la forma Stato. Allora sì vale, letteralmente, la pena di sporcarsi le mani, con la speranza di mutare lo stato di cose presenti.
*Caosmosi
Un discorso che va benissimo, fermi tutti. Ma più che principio di precauzione è proprio totale rifiuto degli organismi geneticamente modificati, in chiave di anticapitalismo finanziario e delle multinazionali. Ma lo si fa dicendo cose che sono inverificabili, gli scientisti di destra e di sinistra ti obiettano che è apocalittismo. Quello possiamo capirlo anche noi: la sussunzione rende sempre più dipendenti i soggetti umani, al punto che il contadino del villaggio africano non può nemmeno più rifugiarsi nell’autoproduzione perché oramai il ciclo delle sementi è geneticamente modificato.
Se questo discorso funziona, allora si deve fare un’epochè rispetto ad un tecnolibertinismo che rischia di mettere in mano a una multinazionale come Monsanto o a uno Stato o a un futuro Menghele addirittura il controllo privatizzato o statizzato del genoma umano, al che vengono in mente immagini di fantascienza alla Huxley. Al contempo si deve fare un’epochè rispetto alle tesi di chi sostiene che il velo è una difesa della tradizione culturale, un’espressione anticolonialista. Così non si riesce a discutere per cercare di capire come si possano rendere compatibili il problema del corpo e della vita delle donne per cui il velo è oppressivo, e quello delle altre donne per cui è un’altra forma di oppressione il volerglielo strappare.
Ecco questa specie di non consapevolezza che diventa tracotanza nel pretendere di dire tutto e il contrario di tutto, riducendosi come dei politicanti che devono vendere delle merci comunque, è il disastro che avanza, e per me è l’ossessione.