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Scontri e CAFTA : Cosa spaventa di questo Trattato di libero commercio?

Publie le giovedì 22 settembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Economia-Budget America Latina Giorgio Trucchi

di Giorgio Trucchi

Deputati sandinisti discutendo per evitare l’approvazione del Cafta - Bayardo Arce del Fsln

Con la ripresa delle sedute parlamentari in Nicaragua, è ripreso anche il conflitto per la ratificazione del Trattato di libero commercio tra Stati Uniti e Centroamerica-Repubblica Dominicana (Cafta).

A mettere maggior pressione all’ambiente parlamentare si è aggiunta la recente visita del senatore nordamericano affine al governo Bush, Dan Burton, il quale dopo essersi incontrato con vari partiti, con l’impresa privata e con il Governo, ha dichiarato che gli Stati Uniti vogliono con urgenza che il Nicaragua approvi il Cafta ed elimini tutti i missili Sam-7, ancora in mano dell’Esercito nicaraguense.

Durante la giornata del 20 settembre, i deputati del Frente Sandinista hanno iniziato l’ostruzionismo parlamentare grazie al Presidente della Asamblea Nacional (AN), René Nuñez, che è l’unico ad avere il potere di redigere l’Agenda parlamentare con i temi da dibattere.

All’interno della Asamblea Nacional si sono presentati vari gruppi di cittadini e di organizzazioni sociali che appoggiavano le differenti posizioni rispetto all’approvazione o meno del Cafta.

Il clima si è immediatamente scaldato quando i deputati dei diversi gruppi parlamentari e le persone che assistevano alla seduta, si sono resi conto che all’interno dell’Agenda del mese di settembre non figurava la discussione e la ratifica del Cafta.

Mentre nell’emiciclo si susseguivano gli interventi dei deputati, sugli spalti i gruppi fatti entrare dai diversi partiti venivano a contatto generando scontri ed aggressioni che, per fortuna, non sono poi degenerati.

Verso le 12.30, il Presidente della AN ha sospeso la seduta parlamentare, mentre l’intero gruppo parlamentare del Partido Liberal Constitucionalista (Plc) e i deputati Azul y Blanco (legati al Governo) continuavano a gridare e battere le mani chiedendo l’approvazione del Tlc.

In mezzo alla confusione, vari deputati e deputate del Fsln hanno espresso la loro volontà di impedire a qualsiasi costo l’approvazione del Cafta (prossimamente su www.itanica.org le dichiarazioni audio dei deputati sandinisti Bayardo Arce e Alba Palacios), mentre in modo molto più timido, cosa che lascia spazio a molte illazioni, i deputati del Plc hanno difeso il loro diritto a discutere e votare su questo tema.
Entrambe le posizioni hanno comunque bisogno di un’interpretazione.

Il Frente Sandinista ha più volte detto che non si oppone al Cafta in quanto strumento errato, ma che sono necessarie una serie di leggi previe che permettano ai nicaraguensi di bilanciare il disequilibrio tra l’economia statunitense plurisussidiata e quella nicaraguense attualmente molto arretrata.

I liberali hanno espresso la loro posizione favorevole al Cafta, ma coincidendo con i sandinisti nell’approvazione di una serie di leggi che attenuino gli effetti del Tlc sull’economia nazionale e poi vincolando il loro voto favorevole con la liberazione del loro leader e caudillo Arnoldo Alemàn.

L’ambiguità del Partido Liberal è risultata evidente nella giornata del 21 settembre, quando la maggior parte dei suoi deputati e parte degli Azul y Blanco non si sono iscritti alla seduta parlamentare, facendo così mancare il quorum per potere iniziare la seduta parlamentare e avallando di fatto l’ostruzionismo sandinista.

E’ degna di nota la presenza nella Asamblea Nacional di numerosi lavoratori e lavoratrici delle maquilas della Zona Franca, inviati dai proprietari taiwanesi e coreani che hanno regalato loro delle magliette con scritte a favore della ratificazione del Tlc.

L’impasse che si sta vivendo in Parlamento rischia di rallentare l’intervento sempre più urgente per risolvere la grave situazione di crisi energetica che sta vivendo il paese.

In tutto il Paese continuano i razionamenti del flusso di energia elettrica e il settore dei trasporti "pubblici" (autobus in mano a cooperative che hanno il monopolio del settore) ha iniziato uno sciopero generale che è durato tre giorni.

Centinaia di migliaia di persone hanno disperatamente cercato di arrivare al proprio posto di lavoro a piedi o con mezzi di fortuna ed è dovuto intervenire il Ministro del Lavoro, Virgilio Gurdián, per lanciare un appello ai datori di lavoro, soprattutto a quelli della Zona Franca, invitandoli a non punire con trattenute sullo stipendio (già di per sé misero) per eventuali ritardi dovuti allo sciopero.

Nella mattinata del 21 settembre ci sono stati i primi violenti scontri tra gli scioperanti, che attaccavano a sassate i camion e le camionetas che trasportavano la gente, e la Polizia con un risultato di vari poliziotti feriti (uno gravemente) e più di 50 arresti.

Solo nella notte del 21, i delegati del settore Trasporti e quelli del Frente Sandinista e del Partido Liberal, questi ultimi riuniti nel Dialogo Nacional, hanno raggiunto un accordo secondo il quale nei prossimi giorni la Asamblea Nacional approverà il sussidio concesso dal Governo, ma mai consegnato e consegnerà inoltre circa 12 milioni di dollari alle imprese generatrici di energia elettrica per far sospendere i black out in tutto il paese.

Ancora una volta, il governo di Enrique Bolaños esce delegittimato da questa prova di forza per l’incapacità e l’intransigenza dimostrata, mentre i due principali partiti politici incassano il successo di aver in parte risolto una crisi che stava raggiungendo livelli preoccupanti, ma che comunque riaffiorerà molto presto se non si cercheranno ed adotteranno misure e strategie a lungo termine.

Per quello che riguarda il Cafta, è probabile che la cosa venga definita nei prossimi giorni e tutto dipenderà dagli accordi che i due principali partiti (Plc e Fsln) prenderanno all’interno del Dialogo Nazionale, al quale il Governo continua a rifiutarsi di partecipare.

Ma che cosa spaventa veramente di questo Trattato di libero commercio?

Secondo Sinforiano Cáceres, Presidente della Federación Nacional de Cooperativas
Agropecuarias y Agroindustriales (Fenacoop), "il Cafta ha avuto un grave errore iniziale. Gli Stati Uniti si sono accordati con i cinque paesi centroamericani che le negoziazioni sarebbero state con la regione intera e non con i singoli paesi.

Il Centroamerica non è però una regione unita ed ogni paese tira acqua al suo mulino.

Abbiamo negoziato come Regione pur non essendo una Regione e come una sola zona commerciale quando non lo siamo.

La Regione non era preparata a questo, perché non esisteva una priorità regionale, ma solo tante priorità nazionali.
Per il Nicaragua, ad esempio, è di estrema priorità il mais, mentre per il Costa Rica lo è il latte.

Al momento della negoziazione, ognuno ha cercato di difendere la propria priorità ed ha lasciato mano libera agli Stati Uniti sulle altre cose.

Tutte queste contraddizioni sono state ben usate dagli Stati Uniti, che alla fine ha negoziato gli elementi a cui più teneva, come le proprietà intellettuali (i brevetti per le sue multinazionali), con l’intera regione e poi ha obbligato i paesi a negoziare in modo bilaterale sui temi a loro più cari come l’agricoltura.

Gli Stati Uniti hanno sapientemente attuato la regola del "dividi per vincere" ed in effetti i grandi perdenti di questo Trattato saranno i paesi agricoli".

Ma cosa si sarebbe dovuto fare per evitare questa situazione?

"Nel momento in cui entrerà in vigore il Cafta - continua Caceres - inizierà quella che si chiama la Triangolazione. I paesi centroamericani non hanno un unico dazio esterno ed ognuno ha dazi diversi per l’entrata dei differenti prodotti. Avendo fatto negoziazioni bilaterali con gli Stati Uniti sui prodotti agricoli, si sono create le condizioni per introdurre nei paesi con dazi più bassi i prodotti che più interessano ai nordamericani.

Essendo tutti paesi confinanti e con distanze limitate tra frontiera e frontiera, gli Stati Uniti faranno entrare questi prodotti dove pagano meno e poi li farà circolare in tutta la regione.

Il latte, per esempio, entrerà dall’Honduras e dal Salvador, con cui ha accordato dazi molto bassi e da lì lo farà arrivare in tutto il Centroamerica.

La triangolazione è una delle principali conseguenze del non aver negoziato come regione ed è un chiaro esempio di concorrenza sleale.

Sarebbe stato possibile evitare ciò se i paesi centroamericani si fossero messi d’accordo su un unico dazio per ogni prodotto e cioè un’armonizzazione dei dazi.

Prima del Tlc si sarebbe dovuta creare un’Unione Doganale, ma i governi centroamericani di stampo chiaramente neoliberista hanno privilegiato l’ideale del libero mercato e del libero commercio invece di lavorare previamente sull’integrazione regionale".

Sempre secondo Cáceres "con la firma del Cafta ci saranno prodotti vincitori e prodotti perdenti. Quelli che saranno vincenti sono i pochi che non vengono prodotti dagli Stati Uniti, come il caffè, ma quest’ultimo, guarda caso, non è stato inserito nel Cafta.

Altri prodotti saranno le arachidi e il sesamo.

I prodotti che invece vengono già prodotti negli Stati Uniti sono quelli che verranno investiti dalla concorrenza dei produttori nordamericani che godono di enormi sussidi da parte del loro governo.

Il riso, il mais, i fagioli, il latte e i suoi derivati, tutti prodotti che fanno parte dell’alimentazione base dei nicaraguensi e dove si concentra la nostra piccola e media industria.

La cosa peggiore è però che gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere l’asimmetria tra la nostra economia e la loro, in modo che per questi prodotti per noi basici ci fosse una concorrenza leale.
Un esempio chiaro è il riso.

Gli Stati Uniti sono il quinto produttore mondiale di questo prodotto. A un produttore nordamericano la produzione di un quintale di riso costa 9 dollari (quintale di libbra = circa 50 chili).

A un produttore nicaraguense costa 8,45 dollari. Apparentemente vuol dire che potremmo essere competitivi, ma non sarà così perché con i sussidi che riceve, il produttore nordamericano lo potrà vendere in Nicaragua a 7,65 dollari.

Quando porterà una tonnellata metrica (22 quintali) al porto d’imbarco per poi venderla in Nicaragua a 179 dollari, avrà già ricevuto come sussidio per la stessa tonnellata circa 230 dollari. Questo vuol dire che imbarcando il suo riso, non gli interessa già quando guadagnerà vendendolo in Nicaragua.

Il mercato del riso in Nicaragua si trasformerà molto presto in un monopolio.

A cosa serve che ci dicano di diventare competitivi se sappiamo che non è un problema di produrre di più o di abbassare i costi, ma di concorrenza sleale, con sussidi multimilionari che distorcono il mercato e i prezzi? E lo stesso succederà con i fagioli, con il mais e con molto altro.

Fino ad ora, il Nicaragua importava riso solo per coprire i deficit della produzione nazionale, ma il Cafta stabilirà una quota annuale d’importazione, una quota crescente ed obbligatoria indipendentemente da cosa stia succedendo sul mercato nazionale.

Durante il primo anno del Cafta, il riso importato dagli Stati Uniti significherà il 43 per cento di quello che produciamo oggi nel paese. Nel 2015 sarà il 73 per cento e i grandi produttori di riso nicaraguense, i Mansell e gli Amador, dicono già che danno massimo dieci anni di vita ai produttori, perché dopo dieci anni i dazi sul riso cominceranno a ridursi fino ad arrivare all’eliminazione totale (2019)".

Nonostante questa situazione, il governo nicaraguense e l’impresa privata continuano a difendere l’importanza del Cafta. Ma importante per chi?

Non è un segreto per nessuno che ci sarà chi perderà con il Trattato (l’immensa maggioranza) e chi invece ci guadagnerà (i pochi di sempre).

Sempre secondo Sinforiano Cáceres "il caso del riso è molto chiaro. Durante i primi dieci anni del Cafta, il riso non pulito importato pagherà il 45 per cento di dazio e il riso oro (già consumibile) il 65 per cento.

Durante il primo anno, in Nicaragua entreranno 90 mila tonnellate metriche di riso non pulito e 13 mila di riso oro.
Perché questa differenza?

Il riso non pulito deve passare ancora nei centri specializzati (trillos) per la sua pulitura e per la trasformazione in riso oro, mentre il riso oro è già commerciabile per il consumo.

I piccoli e medi produttori nicaraguensi producono e commerciano riso non pulito, mentre sono solo i grandi produttori che, oltre ad essere proprietari dei trillos, producono il prodotto finito.

Nelle negoziazioni del Cafta, i nostri rappresentati del governo hanno deciso di salvaguardare gli interessi dei grandi produttori e proprietari dei trillos, accettando che arrivassero maggiori quantità di tonnellate di riso che dovranno essere pulite.

Questo vuol dire che quando i piccoli produttori arriveranno a vendere il proprio riso ai trillos, si troveranno con i silos già pieni e per poter vendere dovranno accettare prezzi bassissimi.

Il grande produttore, che invece produce e vende riso oro, non avrà una grande concorrenza perché l’entrata di riso dagli Stati Uniti sarà minima.

E’ probabile che dei 17 mila produttori di riso che esistono attualmente ne resteranno al massimo 2 mila. Cosa succederà con il resto?
Probabilmente continueranno a produrre per il consumo personale, ma spariranno dal mercato con le conseguenze che si possono immaginare in termini di povertà.

Nel riso esisteva un’integrazione verticale, una catena produttore-trasformatore-commercializzatore che era competitiva, ma non è stata difesa, preferendo agevolare gli ultimi due anelli della catena e penalizzare il primo.
Adesso i trillos diventeranno quello che sono le maquilas della Zona Franca e cioè luoghi dove i taiwanesi o coreani portano la tela, i prodotti chimici, il filo, installano la fabbrica in Nicaragua, assorbono la nostra manodopera a bassissimo costo e poi esportano i pantaloni.

Con il riso sarà lo stesso. Hanno qui le macchine, importano da fuori il riso ancora da pulire, utilizzano la manodopera pagandola pochissimo e poi esportano riso oro in Centroamerica".

La stessa cosa avverrà con altri prodotti come lo zucchero, dove le negoziazioni hanno salvaguardato la produzione della grande impresa nicaraguense del Ingenio San Antonio in mano alla Familia Pellas o con la tela che beneficerà solo le imprese asiatiche della Zona franca che sfruttano la manodopera locale.

Un altro esempio è il latte e i suoi derivati.

Sul latte, il Nicaragua e il Costa Rica sono entrati in serie contraddizioni. I costarricensi, leader regionali di questo prodotto, hanno una catena produttiva nazionale molto integrata e che si avvale della produzione di latte in mano ai piccoli produttori, della lavorazione e anche della commercializzazione per mezzo della cooperativa Dos Pinos.

In Nicaragua, la produzione è nazionale e in mano ai piccoli produttori, mentre la lavorazione e la commercializzazione è gestita dalla multinazionale italiana Parmalat e solo una piccola proporzione e in mano a realtà nazionali.

Durante le negoziazioni del Cafta, il Costa Rica per difendere la propria catena produttiva e i piccolo produttori, ha rifiutato l’apertura del mercato al latte in polvere nordamericano, che costa la metà del latte grazie ai sussidi che riceve dal governo.
Il Nicaragua, invece, si rifiutò di seguire la posizione del Costa Rica in quanto la Parmalat minacciò di andarsene dal Paese se veniva impedita l’entrata del latte in polvere.

Di fronte a questa posizione e sapendo che con l’entrata del latte in polvere in Nicaragua e per l’effetto della triangolazione, sarebbe entrato anche nel proprio territorio, il Costa Rica minacciò il Nicaragua di importare mais a basso costo per poi introdurlo in Nicaragua.

Secondo Cáceres "la politica statunitense del "dividi per vincere" ha nuovamente vinto.

Nel primo anno del Cafta, il Nicaragua introdurrà 600 tonnellate metriche di latte e 850 tonnellate metriche di formaggio, burro ed altri prodotti lattei e potrà esportare prodotti lattei agli Stati Uniti. Ma, in nome del principio di reciprocità, gli Stati Uniti esporteranno in Nicaragua i loro prodotti lattei nella stessa quantità di quelli che gli invierà il Nicaragua. Chi guadagnerà in questa concorrenza?

Per farsi un’idea basta pensare che quando in Nicaragua incominciano le piogge ed entra l’inverno, accade quello che i produttori chiamano "il colpo del latte" e cioè che il latte che vale 4 córdobas in estate, si abbassa a 1 córdoba o 1.50 in inverno, solo per l’effetto della pioggia che rovina le strade e rende complicato il trasporto ai luoghi di lavorazione del prodotto.

Se solo l’inverno abbassa tanto i prezzi, quanto li abbasserà ulteriormente l’entrata massiccia di prodotti statunitensi sussidiati?

A questo si aggiunge la scellerata decisione di introdurre il latte in polvere e i nostri produttori stanno già commentando che o si suicidano o muoiono di morte naturale.

In effetti con l’entrata del latte in polvere Parmalat, che costerà la metà del latte normale, le cooperative che producono i derivati del latte avranno solo due scelte: o comprano questo latte in polvere e rovinano i propri soci produttori di latte o comprano a loro e falliscono tutti.

Intanto la rappresaglia del Costa Rica si farà sentire sul versante mais.

Se è vero che il Nicaragua ha negoziato molto bene con gli Stati Uniti su questo punto (il Nicaragua produce attualmente 11 milioni di quintali di mais all’anno con 160 mila piccoli produttori e quello che arriverà dagli Stati Uniti saranno solo 100 mila quintali, meno del 1 per cento della nostra produzione), quello che non dice il governo è quanto mais degli Stati Uniti circolerà nella regione per effetto della triangolazione.

Dall’Honduras e dal Costa Rica arriveranno 84 mila 660 tonnellate metriche di mais bianco e 190 mila di mais giallo.
C’inonderanno.

Il mais giallo si utilizza per il mangime dei polli, dei maiali e di altri animali di allevamento e sostituisce il sorgo.

Da due o tre anni sta già entrando in Nicaragua dagli Stati Uniti, importato dall’impresa nordamericana Cargill, ed i sorgueros stanno avendo gravi problemi di concorrenza.

Attualmente, le catene di vendita di polli Tip-Top ed Estrella pagano ogni camion di sorgo ai produttori nazionali in otto quote settimanali. In queste condizioni, sono sempre meno competitivi. Io calcolo che quando incomincino ad entrare con il Cafta quote di mais giallo - saranno 68 mila tonnellate metriche il primo anno - i sorgueros nazionali non dureranno due anni, spariranno".

Lo zucchero

Un caso molto speciale e curioso è quello dello zucchero. Il prezzo internazionale dello zucchero è di 10,12 dollari il quintale. Ma in Nicaragua il quintale lo compriamo a 24 dollari. Chiunque si chiede perché se hanno permesso l’entrata del riso, mais e fagioli affinché si venda a prezzi più bassi in Nicaragua, non hanno fatto lo stesso con lo zucchero? Perché in Nicaragua esiste un potente gruppo economico che monopolizza il settore e che ha ostacolato questa misura.

Sempre secondo Cáceres "la Familia Pellas, una delle più potenti e ricche del Paese, é il socio principale, ma ci sono anche rappresentanti dei due principali partiti politici che già non producono zucchero, ma che in passato hanno avuto grossi zuccherifici, come il Timal, il "Javier Guerra", e che conservano quote nella commercializzazione dello zucchero.

La cosa che più interessa loro non è la vendita internazionale a 10 dollari, ma quella nazionale a 24 dollari il quintale.
In Nicaragua, per ogni quintale di zucchero che consumiamo "doniamo" 14 dollari a questo poderoso monopolio.

Ci vengono negati i sussidi e per sovvenzionare la produzione di mais avremmo bisogno della metà di quello che consegniamo come sussidio a questo poderoso gruppo zuccheriero.

La popolazione nicaraguense sussidia la famiglia più ricca del Nicaragua!

Il Cafta arriverà ed avrà l’effetto di un uragano.
Distorcerà tutte le nostre priorità, s’indebolirà la sovranità alimentare che è la capacità che ha un paese di produrre i suoi alimenti basici a partire dalle sue risorse nazionali genetiche, produttive, intellettuali. Con il TLC la lotta contro la povertà smetterà di essere una priorità e la priorità sarà quella di esportare, essere competitivi, essere un mercato attraente per gli investimenti.
Che cosa possiamo fare davanti a questo uragano?

Abbiamo detto che tutte le istituzioni e la società civile devono trovare un accordo, un piano di transizione, con mete misurabili e termini concreti, nel quale si approvi un insieme di leggi che ci difendano dagli effetti di questo uragano.
Abbiamo vuoti giuridici, ed abbiamo bisogno di leggi simili a quelle che esistono negli Stati Uniti per affrontare gli effetti dell’uragano.

Proponiamo una legge Antimonopolio, una legge Antidumping che stabilisca che un paese non può esportare un prodotto in Nicaragua se lo vende a un prezzo inferiore al suo costo di produzione, la creazione di una Banca per la concessione di credito agevolato a piccoli e medi produttori.

Stiamo progettando anche delle riforme istituzionali. Abbiamo uno Stato che non è fatto per promuovere lo sviluppo. Abbiamo bisogno di uno Stato con più capacità, con un settore pubblico meno disperso, meno fragile e soprattutto, più coerente e con una visione di sviluppo condivisa con gli attori dello sviluppo.

Il Nicaragua ha bisogno di istituzioni che promuovano la piccola e media produzione urbana e rurale, perché chi genera lavoro in modo massiccio è la piccola e media impresa (circa il 90 per cento), non quella grande.

Dobbiamo evitare che il Cafta converta questo paese in una merce".