Home > Bruciati vivi in 11 nel cpt olandese. Le guardie non volevano aprire le celle

Bruciati vivi in 11 nel cpt olandese. Le guardie non volevano aprire le celle

Publie le venerdì 28 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Polizia I "senza" - immigrati Catastrofe

di Claudio Jampaglia

La morte è arrivata di notte per undici immigrati di identità ancora sconosciuta bruciati vivi in un incendio scoppiato nel "centro per le espulsioni" dell’aeroporto Schipol di Amsterdam. Quattordici feriti sono stati già dimessi, uno solo rimane in osservazione in un ospedale della capitale olandese. Ancora non si sa cosa o chi abbia causato l’incendio, si sa però che la struttura destava molte preoccupazioni dal punto di vista della sicurezza ed era già andata a fuoco poco dopo la sua inaugurazione nel 2002, mentre un immigrato irregolare l’anno seguente si era suicidato dandosi alle fiamme.

"Abbiamo gridato con tutte le nostre forze ma le guardie ci hanno detto che non c’erano problemi, la gola cominciava a bruciarci, abbiamo preso a calci le porte, abbiamo battuto con tutta la nostra forza, ma non ci hanno aperto", così hanno raccontato alla radio pubblica olandese (Radio 1) alcuni sopravvissuti.

I ministri della Giustizia e dell’Immigrazione olandesi, Piet Hein Donner e Rita Verdonk, hanno dichiarato che i soccorritori "hanno fatto tutto il possibile", i soccorsi sarebbero avvenuti con la massima rapidità, ma le celle sono state aperte a mano una ad una, data la mancanza di un sistema di apertura automatica e simultanea, mentre il fuoco divampava. In serata il parlamento olandese ha annunciato un’interrogazione urgente in giornata mentre scoppiano le polemiche. Peter Vleming della Ong Eorg, denuncia l’ennesima tragedia annunciata: "Alle tre è scoppiato l’incendio, le regole prevedono che la gente esca in cinque minuti, ce ne hanno messi dieci", racconta, "purtroppo meno di una anno fa avevamo anticipato i rischi in casi di incendio con una lettera al ministero, ma nulla è stato fatto".

Al momento del rogo si trovavano all’interno del centro 350 detenuti (43 nell’ala dei migranti dove è scoppiato), "cento in più rispetto alla capienza" ha sottolineato Vleming, anche se alcuni dati ufficiali parlano di un limite di 400 "ospiti". Chiariranno l’accaduto due inchieste ufficiali (e una indipendente) già avviate, mentre i 150 detenuti illesi sono stati trasferiti in altri centri e continuano le ricerche degli ultimi otto detenuti ancora in fuga. Ma cosa è esattamente questo centro? "Si chiamano ‘udtzet centro’ ovvero centro d’espulsioni - ci ha spiegato Hedwig Zeedijk dell’Anp (Agenzia notizie dei Paesi bassi) - una specie di carcere dell’aeroporto per trafficanti di droga sorpresi alla frontiera e per immigrati irregolari raccolti nelle grandi città e in attesa di essere rimpatriati. Di centri simili ce ne sono altri quattro in Olanda". Otto prefabbricati ricoperti di lastre di alluminio, circondati da un muro di filo spinato alto tre metri, all’interno della zona delle piste aeroportuali (in zona extraterritoriale), divisi per tipologie di "ospiti", spazi comuni, infermerie, uffici. Qualcosa di molto simile al Cpt di via Corelli di Milano con celle per due persone, invece di camerate.

L’esistenza di questi centri che raccolgono criminali e immigrati irregolari può sembrare ancora più strana della nostra "carcerazione amministrativa" per cittadini non europei, varata dalla Turco-Napolitano e peggiorato dalla Bossi-Fini, ma il sistema ha il suo perverso perché. "Non avere un documento in regola non è un reato in Olanda - continua Zeedijk - e infatti il centro era stato chiamato all’inizio ‘ricovero di frontiera’ per quelle persone che arrivavano senza documenti all’aeroporto e dovevano essere identificate". Un luogo di transito, quindi, come quello che esiste a Malpensa (Milano): un paio di stanze per le fasi di ricognizione all’arrivo o di attesa per l’espulsione (con detenzione anche notturna) gestite dalla polizia, con accesso a un telefono dove contattare lo "sportello per i rifugiati" della Caritas per spiegare motivi di arrivo in Italia e chiedere asilo e assistenza. Non abbiamo trovato traccia di una normativa che preveda tali luoghi in Italia, ma ci sono.

Ma torniamo ad Amsterdam. In teoria chi arriva a Schipol senza documenti o titoli per entrare (visti, inviti...) viene portato al centro per una prima verifica della possibilità di richiedere asilo politico o uno status di rifugiato. Le procedure sono diventate più dure negli ultimi anni e nelle prime 48 ore dall’aeroporto vengono espulsi sempre più migranti che non mettono nemmeno piede in Olanda - sono in zona di transito - facilitando così le pratiche. Per quelli che passano il primo filtro ci sono i centri per "asylanten" dove rimangono per mesi in attesa di una risposta. Nel 2004, su 9872 domande di cittadini in maggioranza in provenienza da Iraq, Somalia, Afghanistan, il 60% è stato accettato (e 2091 sono stati espulsi). Il flusso, però è in netto calo (-30%) e infatti il governo ha annunciato la chiusura di 34 centri d’asilo.

In Olanda i migranti irregolari sono stimati tra le 100 e le 200mila unità, per lo più persone a cui è stato rifiutato uno status protetto o che non hanno un titolo per ottenere un permesso di soggiorno (lavoro, università o stage formativi, esercizio di libere professioni, motivi umanitari come ricongiungimenti familiari, necessità di cure specialistiche). Grazie all’Europa fortezza, all’ansia securitaria post-11 settembre e all’allarme terrorismo, i Paesi Bassi non sono più così tolleranti e aperti al mondo. Secondo un’indagine di alcuni gruppi antirazzisti che si battono contro i "charter della morte", nel solo 2002, anno di creazione dei centri, le espulsioni sarebbero state 14589. E i centri come quelli di Schipol sono stati oggetto di campagne e polemiche molto dure anche da parte della Chiesa ("piccoli campi di concentramento" li ha definiti Hans Visser della chiesa di S. Paolo di Rotterdam). "Sono sconvolto da un disastro di queste dimensioni", ha commentato dal vertice europeo di Londra il premier olandese, Jan Peter Balkenende, "il nostro pensiero è rivolto alle famiglie delle persone che hanno perso la vita". "Trarremo insegnamento da quanto accaduto, affinché non si verifichi più", gli ha fatto eco da Amsterdam il ministro dell’Immigrazione. Possibile, ma anche difficile da credere se come indica uno studio della Corte dei Conti, voluto dal governo, i controlli alle frontiere olandesi contro il terrorismo sono ritenuti poco efficaci.

La confusione tra criminali, terroristi e immigrati crea dei mostri ideologici e produce tragedie quotidiane in tutta Europa. Nei nostri Cpt e nei "centri d’espulsione" in Olanda, vengono detenuti e rischiano la vita dei poveracci. I veri terroristi (lo dimostrano tutte le inchieste e le sentenze) hanno soldi, documenti, aiuti e non passano di lì. In questi lager l’Europa sta perdendo la sua dignità.

http://www.liberazione.it/giornale/051028/LB12D6EA.asp