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Centrosinistra. Via libera di Rutelli all’alleanza elettorale con i Ds e a "strumenti parlamentari unitari"

Publie le domenica 30 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti

La Margherita benedice il partito democratico
Resta irrisolto il tema della collocazione europea della nuova forza politica

di Angelo Notarnicola

Ieri l’Assemblea federale della Margherita ha accettato all’unanimità il documento finale letto dal suo presidente, Francesco Rutelli. Il testo, com’era presumibile fin dai giorni scorsi , fissa "il traguardo del partito democratico".

Nel documento, la Margherita aderisce alla costituzione di una lista unitaria con i Ds e i Repubblicani europei per le elezioni alla Camera, alla presentazione della propria lista al Senato e preannuncia inoltre la creazione, per mezzo di una futura modifica al regolamento parlamentare di gruppi parlamentari federati tanto alla Camera quanto al Senato.

Quest’ultimo punto lascia margini di ambiguità nell’interpretazione del testo: “L’Assemblea impegna infine il partito a dar vita, come sviluppo dell’intesa Ds-Dl aperta ad altre forze coerenti con questo progetto a uno strumento parlamentare unitario formato dai nostri gruppi in entrambi i rami del Parlamento, assicurato dalla revisione dei regolamenti parlamentari”.

Questo passaggio, anche se non ben specificato, consentirebbe a Prodi di avere un proprio gruppo di riferimento. Per quanto concerne l’altro punto critico, la collocazione in Europa, Rutelli è fin troppo chiaro: ’’Prodi è presidente onorario del Pde ed è consapevole non solo del valore di questo partito, ma anche della dignità del Pse. Prodi ci indica un percorso ed è chiaro che più ci avviciniamo alla costruzione del partito democratico più si risolveranno questioni come quelle dei gruppi in Europa che rispetto all’orizzonte del partito democratico sono soltanto degli accessori".

Il formarsi del nuovo asse tra Prodi e Rutelli - i cui prodromi sono da rintracciare nella festa della Margherita dello scorso settembre - trova assolutamente d’accordo Veltroni e Amato. Quest’ultimo, avendo intuito da subito lo spostamento degli equilibri e pensando probabilmente di poter raggiungere il Quirinale solo sposando completamente il progetto del partito democratico, ha preso le distanze dal Partito del socialismo europeo di cui è, tra le altre cose, ancora il vicepresidente.

Anche Massimo D’Alema e Piero Fassino non demordono. Il presidente dei Ds risponde così a Bertinotti, che l’aveva accusato di neocentrismo: "No, Bertinotti non ha assolutamente ragione. Non c’è alcuna deriva neocentrista, anzi... Noi tutti siamo impegnati in un programma di rinnovamento che punta non solo a rimettere in movimento l’economia italiana, ma anche a ripristinare quella giustizia sociale che è stata gravemente compromessa in questi anni di governo della destra". E risponde così al risultato dell’Assemblea della Margherita: “Bene, molto bene la decisione della Margherita sulla lista unitaria. Ora, occorre andare avanti sui gruppi parlamentari unitari, con l’obiettivo del partito democratico”.

La posizione di Fassino è identica a quella del presidente del partito, D’Alema. Il segretario della Quercia, in una lettera a "Repubblica" di ieri, ha proposto oltre che una Fondazione culturale dell’Ulivo, una rivista e un centro di formazione comune, la composizione di gruppi parlamentari unici alla Camera e al Senato. Per il momento, l’unica via di fuga che i due hanno conservato è l’appartenenza al Partito del socialismo europeo. Fassino si è spiegato così: “La scelta dei partiti dell’Ulivo non è quella di abbandonare ciascuno i propri campi, ma al contrario ciascuno deve operare nella propria famiglia politica perché - così come in Italia con l’Ulivo - anche in Europa i riformisti si incontrino e realizzino una crescente convergenza e un’azione comune”.

Sembrano esserci quindi due strategie di fondo che si confrontano. Da una parte, con ogni probabilità, Fassino e D’Alema spingono per i gruppi unici in quanto sanno che questo potrebbe essere l’unico modo di esercitare una possibile egemonia su Prodi e la Margherita. Con il gruppo unico i Ds potrebbero contare su un numero decisamente maggiore di parlamentari, anche se occorrerà vedere quanti di questi entreranno in “quota Prodi”. La strategia approntata sembra comunque debole. Dall’altra parte, invece, sembrerebbe esserci un piano di logoramento della maggioranza Ds, costretta da una parte a rimanere in uno dei due gruppi federati e dall’altra a tenere a bada le proprie minoranze interne che potrebbero, dopo le elezioni, nella prospettiva di un abbandono del Partito del socialismo europeo e di fronte a politiche economiche che si preannunciano molto dure per le fasce più deboli, diventare sempre più cospicue e rumorose.

A quel punto Fassino e D’Alema forse avrebbero coronato il sogno di “governare” il paese ma potrebbero trovarsi a fare i conti con la spaccatura del partito più grande della sinistra italiana. Un patrimonio culturale e organizzativo, che non ha eguali in Italia e in Europa, sarebbe messo definitivamente in discussione. Ma, a quel punto, però, la responsabilità sarebbe solo ed esclusivamente la loro. E inizierebbe davvero tutta un’altra storia.

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