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Che fine ha fatto la sinistra francese?

Publie le lunedì 14 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Francia

Parigi. La paralisi del partito socialista davanti alla rivolta delle ’’banlieues’’. Una miscela di elettoralismo e rivalità personali

di Rino Genovese

E la sinistra francese? Il segretario socialista François Hollande ha la faccia soddisfatta nella foto sulla prima pagina di Le Monde, che lo ritrae dopo la vittoria della sua mozione nella fase precongressuale del partito: circa il 55 per cento contro il 24 per cento della sinistra e il 18,5 di Laurent Fabius, suo antagonista. Con tutta probabilità, dunque, Hollande resterà segretario dopo il congresso di Le Mans. Ma c’è da essere soddisfatti? Hollande oggi è il nome, anche se non il solo responsabile, della prolungata paralisi socialista dopo il voto che ha detto no alla costituzione europea.

Lui, riguardo all’iniziativa del governo di rispolverare una vecchia legge dei tempi della guerra d’Algeria per imporre il coprifuoco nelle banlieues, non ha saputo dire altro se non “vigileremo”. Non ha dichiarato la sua opposizione, diversamente dai Verdi e dal Pcf; né, a maggior ragione, ha chiamato alla disobbedienza come i trotskisti; e solo qualche voce isolata della sinistra del partito - tra queste, non quella di Fabius - si è levata per criticare apertamente l’anacronistica provocazione del governo.

Eppure sarebbe bastato poco al partito socialista e alla sinistra per riprendere l’iniziativa politica: convocare una grande manifestazione, magari proprio in una delle banlieues parigine, con la semplice parola d’ordine: “No alla violenza, via Sarkozy”. Perché non ci hanno pensato? Qual è la natura della sindrome che li blocca?
La risposta non è difficile, in fondo: la sindrome consiste in una miscela di elettoralismo e rivalità personali, vecchia croce dei socialisti di qualsiasi paese e tendenza. L’elettoralismo tiene conto del fatto che la gente è davvero spaventata dagli incendi di automobili, e la propaganda della destra cerca di accreditare la tesi che il “buonismo” del governo di sinistra di Jospin abbia, nel passato, sottovalutato il problema della violenza urbana. Sotto l’attacco della destra, e dinanzi all’esplosione generalizzata degli ultimi giorni, Hollande non se l’è sentita di prendere una posizione ferma dinanzi alla misura dello stato di emergenza: ha preferito nicchiare.

L’altra questione - quella delle rivalità personali - attiene al problema Fabius. Già esponente della destra “social-liberale”, l’ex primo ministro dei tempi di Mitterand si è spostato a sinistra negli ultimi tempi, boicottando la decisione del partito - assunta dopo una consultazione tra i militanti - di votare sì al referendum sulla costituzione europea, e spuntandola nelle urne, dove i no hanno vinto a grande maggioranza. Da questo momento sono cominciate le difficoltà di Hollande sotto il tiro incrociato della sinistra interna e di Fabius. Sullo sfondo, com’è chiaro, la scelta del candidato socialista alle presidenziali del 2007.

Allora cosa mai potrebbero sperare, da un partito così bloccato, i giovani delle banlieues, ammesso che vogliano sperare qualcosa? La richiesta che viene da loro è oggettivamente politica. E politici sono sia lo spunto da cui hanno preso origine le ultime violenze (i controlli di polizia e le provocazioni verbali di Sarkozy) sia il contesto complessivo in cui s’inseriscono: una Francia che non è riuscita, a distanza di tanti anni, a chiudere definitivamente i conti con il proprio colonialismo e con la guerra d’Algeria. Ma stretto nella sua politique politicienne il maggior partito della sinistra francese non ha proprio nulla da dire a questi giovani.

http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=7097&numero=’48’