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BROKEN FLOWERS

Publie le lunedì 5 dicembre 2005 par Open-Publishing
1 commento

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

Come Wenders di “Don’t come knocking” l’ultimo lavoro di Jarmusch, premio della giuria a Cannes 2005, ci parla in uno scenario statunitense di paternità perdute e sconosciute, amori finiti, relazioni fallite o mai state tali, insomma del vuoto degli affetti e della disillusione della vita. Anche se Don Johnston (sullo schermo uno straordinario Bill Murray) s’è accompagnato a donne bellissime - a Laura e Carmen offrono soma e psiche Sharon Stone e Jessica Lange - nella quotidianità è rimasto solo con se stesso a condurre un’esistenza costellata di solitudini e angosce. E’ il costume americano entrato da tempo anche nel nostro sangue, accadrà a cinesi e indiani, nel pubblico come nel privato, per quella globalizzazione della desolazione che dà poca salvezza al domani.

La possibile presenza d’un figlio nell’esistenza spiegazzata di Don - che in altri campi non riscontra fallimenti, sul lavoro ha fatto fortuna coi computer - compare su una lettera rosa recapitata un bel giorno nella sua villetta. La lettera ha l’aria misteriosa, Don non vuole crederci e pensa a uno scherzo. L’amico Winston però gli chiede l’elenco delle ultime significative ex e gli organizza un viaggio di ricognizione spingendolo, fiori alla mano, a mettersi sulle tracce di quelle amanti e dell’ipotetico figlio.

Don accetta svogliatamente e si trova davanti una carrellata di situazioni; comportamenti che poco hanno a che fare col passato ma il cui presente è altrettanto incerto. C’è chi ha una figlia, Lolita di nome e di fatto, e accoglie Don addirittura nel suo letto come se il tempo fosse una marginalissima parentesi e chi a mala pena lo saluta e lo insulta tanto da farlo picchiare dall’attuale partner. Chi lo rimpiange perché ha al fianco un ridanciano ma insignificante compagno, e chi mostra indifferenza presa com’è da uno stravagante business con gli animali e dalle amicizie femminili.

Che il passato non si possa ricomporre Don lo sa bene e in fondo il suo scopo non è un’operazione nostalgica. L’uomo è inquieto per la rivelazione della paternità che, vera o falsa, lo pone di fronte a un buco nero della sua vita. Ritrovarsi padre d’un diciannovenne (tale sarebbe secondo la missiva l’età del giovane) non gli spiacerebbe anche se non saprebbe da che parte iniziare: frequenta dei bambini, i figli degli affettuosi vicini di casa, ma essere genitore vuol dire ben altro.

E quando rientrando senza notizie né speranze dall’infruttuosa ricognizione nota all’aeroporto un ragazzo con zaino in spalla che approssimativamente ha l’età dell’ipotetico figlio, lo ferma, gli parla, gli offre del cibo. Il ragazzo è timoroso poi si fida e inizia a discorrere. Però Don, ormai fissato sull’ipotesi paterna, gli chiede se il figlio che cerca sia lui e lo fa fuggire. Le angosce dell’adulto non sanano quelle del giovane: un possibile padre che cerca un figlio non lo troverà in un figlio che scappa dal suo vero padre.

L’incomprensione e l’accettazione dei ruoli è l’altra faccia di questa società compromessa, incapace di comunicare far generi e generazioni. Accanto all’amarezza può restare ironia, ilare o mesta, e un ambiente surreale nella propria semplice e assurda irrealtà.

Le pose, i silenzi, lo sguardo fra il sogno e il disincanto di Don ricordano “L’uomo senza passato” di Kaurismaki per quanto i tagli di luce e l’ambientazione siano diversi e inseriti nella tradizione filmica americana. Ma Don non appare come l’impenitente sciupafemmine Horward della pellicola wendersiana, lui è un poetico maschio in declino per il quale qualche donna perderebbe ancora la testa senza considerare ch’è troppo tardi per farlo. E che l’inesorabilità del tempo imporrebbe a Don di fare ben altro ed essere quel padre che forse è ma che di fatto non sarà mai.

Regia: Jim Jarmusch
Soggetto e sceneggiatura: Mark Friedberg
Direttore della fotografia: Fredrick Elmes
Montaggio: Jay Robinowitz
Interpreti principali: Bill Murray, Sharon Stone, Jessica Lange, Jeffrey Wright, Frances Controy, Tilda Swinton, July Delpy
Musica originale: Mulatu Astatke
Produzione: Jon Kilik, Stacey Smith
Origine: Usa, 2005
Durata: 106’

Messaggi

  • Per riuscire a dare significati così profondi ad un film del genere devi di sicuro disporre dei 3 requisiti fondamentali:

    1 - Un odio profondo per tutto ciò che è bello nel cinema
    2 - Un enorme distacco dalla realtà
    3 - Masochismo tanto tanto tanto.

    Il film in questione è privo di struttura, vuoto nei contenuti e nella presentazione degli stessi.
    Non è un film nato per piacere ma per annoiare con la sua inerzia e banalità.
    Ora è probabile che il mio commento venga cancellato essendo reputato"ingiurioso" quello che non si cancella sono i fischi che hanno accompagnato i titoli di coda (io ero troppo scioccato per trovare il fiato)