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LETTERA APERTA A SILVIO BERLUSCONI (che offende con l’epiteto di stupido” chi vota per la sinistra)

Publie le martedì 20 dicembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Governi Carmelo R. Viola

di Carmelo R. Viola

Egregio signore,

un tale Cicerone ebbe a iniziare un intervento polemico, al “parlamento” dell’epoca, con questa poi divenuta famosa interlocuzione: “usque tandem, Catilina, abutère patientia nostra?, di cui Lei conosce certamente il significato. Decine di voci della cosiddetta “opposizione” (e non solo) si sarebbero dovute levare da tempo per “zittirla” (e di motivi validi ce ne sono a piacimento) proprio alla maniera ciceroniana, ma ci sono troppi molluschi che millantano di rappresentare la sinistra quando sono soltanto dei mestieranti del potere, compensati e tacitati da lauti stipendi con annessi e connessi. Quei pochi, che l’hanno fatto - o tentato di farlo - si sono ritrovati sommersi e sconcertati da un deserto di silenzi o di ambiguità.

Perciò, Lei non ha poi tutti i torti di definire “stupido” chi vota per la sinistra, come ha appena fatto . Teoricamente è direi impossibile riconoscere la sinistra nell’attuale opposizione che - salve le dovute auree eccezioni - è soltanto uno dei due “poli alternativi” di una piattaforma parlamentare ispirata al capitalismo privato, che è l’antagonista speculare della sinistra.

Ora, Lei è molto intelligente per non comprendere che la sinistra vera è una sola: un governo che fa valere i diritti naturali di tutti i cittadini - nessuno escluso - attraverso un potere pubblico sociale - detto, per l’appunto, Stato di diritto (o etico), dove la democrazia non consiste nel giochetto elettorale, che dà al popolo l’illusione di governare, e l’alibi agli eletti di usare-abusare il potere per fini di parte (Lei ripete, almeno una volta al giorno, di essere stato delegato dal popolo a fare quello che ha fatto, che sta facendo e che si propone di fare!) ma nella fruizione certa e universale dei diritti naturali, tra cui non c’è quello dell’impresa a chi fa più profitti - costi quel che costi alla vita civile e all’ambiente - attorno a cui si agita questa giungla antropomorfa che Lei - come i più per Suo conforto - gratuitamente chiama società e perfino liberale.

La parola società rientra nell’accezione di organicità-organismo, dove ogni parte è interattiva con tutte le altre per la migliore funzionalità e la salute del contesto. Al contrario, in questa società - capitalista oggi fino al parossismo animalesco - ogni parte (individuo o gruppo) è in concorrenza con tutte le altre per diventare sempre più forte. Il bisogno di diventare più forte invero dipende anche dal bisogno di rassicurarsi contro la paura dell’incertezza e dell’ignoto, ma proprio per questo l’organizzazione sociale non dovrebbe basarsi sull’agonismo bensì sulla collaborazione. Per contro, questa “società” si risolve in un’accozzaglia di disparità e di differenze abissali, che producono conflittualità e violenza.

I più forti, che io chiamo “padreterni” (e Lei è uno di questi) ripetono che questo è l’unico sistema naturale e giusto possibile del consorzio umano e, a tal fine, distraggono le masse con veri e propri “ottundori sociali” come il tifo sportivo e lo stesso consumismo e accettano di buon grado il connubio con il fascino clericale. Costoro hanno una grande paura della vera sinistra, che è il vero socialismo che si configura, come già detto, in uno Stato sociale o semplicemente “di diritto”, e che non è, come anche Lei ripete, il capitalismo di Stato.

La paura è motivata dal fatto che, perché tutti abbiano la quota parte di fruizione dei beni prodotti dal lavoro di tutti gli abili, nessuno può possedere tali prodotti senza limite fino a disporre - come Lei, per l’appunto - di una villa per ogni occasione. Certamente, Lei conosce l’aritmetica, dunque? Ma dubito che Lei conosca il vero diritto, che non è il prodotto della volontà umana e delle leggi, ma queste sono possibili strumenti di quello. Il diritto è la spettanza naturale: per quanti sforzi si facciano, non si può dimostrare che l’individuo abbia bisogno di una proprietà privata illimitata (come recita sostanzialmente il codice del capitalismo). Il neonato ha diritto di essere nutrito perché ha fame - sintomo di un bisogno naturale - non perché una legge gli riconosca il diritto di mangiare. La legge - cioè il diritto positivo - può solo regolamentare la soddisfazione di tale diritto. In questa pseudo-società c’è gente che muore letteralmente di fame (fino al suicidio), pur avendo diritto di mangiare, e pochi che (come Lei) affogano in ogni bendiddio. Uno Stato non è di diritto solo perché fondato sulle leggi ma solo se quelle leggi - norme regolamentari - sono conformi alle spettanze naturali o biologiche di ogni singolo soggetto di una collettività. Legale non è sinonimo di legittimo, altrimenti legittimi sarebbero - per fare un esempio - gli assassinii di Stato che si compiono in Usa e in Cina in nome della giustizia.

Lei non sa nascondere la paura del socialismo - di cui ha quasi una fobia ossessiva - e per questo lo denigra sistematicamente, fino alla nausea. E’ vero che a nome del socialismo (sinonimo di comunismo) sono stati commessi dei crimini (forse non pochi) ma questo non dimostra l’erroneità del socialismo sì solo l’incapacità e/o disonestà degli uomini. Lei non distingue fra princìpi e fatti, che sono due categorie diverse. Ma solo quando Le conviene. Infatti, distingue nettamente il principio cristiano - che è solo quello dell’amore del prossimo - da quanto di criminoso è stato commesso in nome di Cristo in molti secoli di storia, che sono una delle più grandi vergogne della specie umana. Ma non mi risulta che Lei faccia dell’anticristianesimo, anzi, se non mi sbaglio, si professa cristiano (sebbene solo a parole, cristianesimo dell’amore del prossimo essendo sinonimo di socialismo) a dispetto delle migliaia di roghi che sono arsi, sempre in nome di Cristo, a Roma e nella “cattolicissima” Spagna. A dispetto di tutti i Giordano Bruno bruciati vivi in nome di Cristo o di tutti i Galileo Galilei costretti ad abiurare la propria scienza.

Liberale è, nel nostro caso, l’attributo più improprio e menzognero, che si possa immaginare. Esso è derivato dal primo fattore del trinomio aureo del 1789: “libertà-fraternità-uguaglianza". Un trinomio resta tale se conserva i fattori che lo costituiscono (è apodittico) ciascuno dei quali ha (nel nostro caso) il valore che gli si attribuisce solo se resta interattivo con gli altri due: se avulso dal trinomio, diventa un’altra cosa. La “libertà”, avulsa dalla fraternità e dall’uguaglianza (quella economica, s’intende) è sinonimo di concorrenza (competitività) che non è emulazione a chi fa meglio ma a chi diventa più forte fuori e contro la fraternità e l’uguaglianza. Il vero liberalesimo è il padre naturale del socialismo. Altra forzatura è il far derivare dallo stesso “fattore” il termine “liberismo”, che ha valore esclusivamente “capitalistico”.

La libertà, di cui Lei parla a ruota libera, è la Sua personale libertà di possedere illimitatamente prodotti del lavoro altrui (cioè sociale) in nome di un diritto-invenzione umana, non è certamente la libertà del disoccupato o del precario, del povero e del pensionato di fame.

Non è tutto: quella che Lei (in solido con i teoreti del capitalismo, in buona o cattiva fede) chiama economia, è soltanto “predo-nomia" , artescienza - di chiara origine giunglesca - di predare il prossimo e la natura nello sforzo di diventare più forte degli altri. La “eco-nomia” è l’amministrazione della casa e, per estensione, di una comunità, dove tutti - nessuno escluso - ha la propria parte del benessere collettivo. Perciò, il capitalismo, di Stato o privato, è criminalità per sé stesso. Esso fu fisiologico in origine perché l’uomo è nato animale: è diventato patologico da quando si è in grado di comprendere che il socialismo è l’unica alternativa al marasma dell’umanità e alla di essa fine prematura per saturazione di negatività biologica.

Lei sarebbe in condizione di comprendere anche questo ma manca dell’attributo dell’uomo biologicamente adulto, che è la “sintonia biosocioaffettiva” , attributo chiamato con nomi e locuzioni diverse: imperativo categorico, amore del prossimo, empatia, spirito sociale, sentimento fraterno o soltanto senso morale od etico. La mancanza di siffatto attributo-complemento dell’uomo (che altrimenti rimane un antropozoo), si risolve in una specie di psicosi possessiva, di “vizio” come quello del fumo o dell’alcol, una vera psicomalattia sociale, una fame patologica o bulimia di possesso illimitato di beni, che naturalmente vengono sottratti alla collettività ovvero a chi ne avrebbe bisogno. Siamo ancora all’aritmetica.

Questa società, “liberale” secondo la Sua definizione, è - e non potrebbe non essere che - una criminopoli”, laddove l’assenza di amore sociale risolve la naturale libido affettiva in un amore patologico di sé ovvero in ricerca affannosa di possesso “autorassicurante”. Il capitalismo è una guerra di tutti contro tutti (perfino di fratelli contro fratelli: vedi il quotidiano contenzioso per l’eredità). Lo stabilire delle regole (leggi) per la caccia al profitto-possesso - cioè una legalità - non basta. Alla criminalità legale si associa quella illegale. I notiziari sono grotteschi bollettini quotidiani di guerra di una società che, a detta dei di essa sostenitori, dovrebbe essere la più cònsona alla natura dell’uomo! A proposito, l’uomo è di fatto quello che diventa attraverso le generazioni, tenendo conto che l’ambiente ha il potere di fare emergere dal DNA alcune attitudini ed esaltarle e di rimuoverne altre: donde la grande importanza dell’educazione della prima età evolutiva e del sistema sociale.

E’ una scena grottesca quella del potere borghese che si affanna a spegnere i crimini illegali, come fuochi che si accendono qua e là senza sosta, mentre esalta quelli legali. Infatti, il possedere senza limite è un crimine per sé stesso anche se lo si ottiene nel rispetto della cosiddetta legalità. Grottesca è la lotta alla impropriamente detta “mafia”, che è poi un modo diverso di fare capitalismo, cioè predazione, e quindi una dimensione strutturale e costane della società capitalista.

Lei millanta di avere fatto chissà che con il Suo governo: Lei ha contribuito a desocializzare lo Stato, a spezzettarlo (vedi devoluzione!), a liberalizzare vieppiù la caccia al profitto, ad abolire la sistemazione stabile (detta impropriamente “posto fisso”), a rendere il lavoro precario e il futuro incerto, a legalizzare il ladrocinio strisciante compiuto dai vari fornitori di servizi (vedi la tassa fissa senza consumo sotto la voce "canone"), a liquidare la pensione alias il legittimo sostentamento degli anziani e dei vecchi e, nello stesso tempo, a consolidare (anche a costo di trasgredire la Costituzione) la sudditanza del nostro paese ad una superpotenza che da sempre, ma soprattutto da circa sessant’anni, si arroga il diritto di dominare il mondo contro le stesse convenzioni del diritto internazionale, nel solo nome della propria forza, che chiama "democrazia" (dietro la quale c’è solo la criminocrazia). Alludo a “Yankeelandia” In altre parole, ha contribuito ad accelerare la degenerazione sociale - espressa dal neoliberismo - verso la fine della civiltà e l’estinzione della specie senza rendersi conto di lasciare ai Suoi figli e nipoti un mondo molto meno vivibile di quello in cui Lei è nato.

I casi di “diseconomia” del Suo governo sono innumeri e non potrei elencarli tutti. Qualche esempio... Sul piano scolastico è sempre più feroce e spudorata la speculazione industriale sui libri della scuola dell’obbligo, naturalmente “con licenza di Stato”. “Giovani” aspiranti all’insegnamento, magari vincitori di più concorsi, ora ultraquarantenni, perfino già sposati e con figli, attendono una sistemazione in pianta stabile: prima di questa, anche se con un incarico annuale, durante i quattro mesi estivi restano senza stipendio (quasi una punizione!). Se il loro prossimo avvenire è incerto, la loro vecchiaia (se ci arriveranno) dovrà essere davvero penosa. Una vera via crucis consolidata dalla saggezza neoliberista (leggi neoprimitiva) di una certa Moratti.

Sul piano fiscale, ha contribuito ad aumentare il “monte-pizzo pubblico” attraverso la indotta aggressività dei Comuni, alcuni dei quali si sono dati a “vendere” l’acqua - bene naturale, che dovrebbe essere distribuito gratis a tutti - a peso d’oro. Che vergogna! Sul piano postale ci sarebbero molte cosa da dire: un pizzo di un €uro e mezzo (tre mila delle vecchie lire) grava sui primi sessanta accrediti annui, per gli eventuali successivi solo mille (e non è poco se si pensa che prima tale servizio era gratis in base alla legge della “reciproca compensazione”). Le Poste Italiane, astro sorgente della predonomia neoliberista - legale, s’intende! - fa e strafa a piacimento: riduce il personale peggiorando i servizi di sportello, ricorre allo straordinario coatto, assume precari “usa e getta”. Ha abolito il postagiro fra correntisti e perfino la categoria-stampa, costringendo gli operatori culturali a spendere un mare di soldi per spedire giornali, libri e perfino le proprie pubblicazioni come corrispondenza. Un vero incremento della cultura!

E’ in atto un processo di “delocalizzazione” degli uffici periferici dei fornitori di servizi (Enel, per esempio): bisogna percorrere magari molti chilometri per avere un contatto umano o ci si deve servire dei “rapporti robotici” per telefono, talora con attese estenuanti, e sempre che l’utente (pardon il cliente) abbia udito buono.

Sul piano sanitario, le cose vanno anche peggio: si sono allungate le attese per visite e diagnosi specialistiche. Per una risonanza, io avrei dovuto attendere oltre un anno (sic!) se non avessi denunciato il ministro della salute in persona! Gente muore passando da un ospedale all’altro in cerca di un posto letto disponibile. E’ tornato il pizzo-ticket sui farmaci senza contare quelli, talora di prima necessità, non mutuabili. Questa notizia, apparsa su un quotidiano di ieri (15 dicembre 2005) e riportata dalla rassegna mattutina di RaiTre 24 News di oggi, illustra il quadro meglio di ogni possibile commento: “Ogni mese trecento famiglie italiane finiscono in povertà per curarsi”. Davvero grandi progressi che L’hanno autorizzata a dichiararsi “santo”: a quando l’aureola?

Dimenticavo: per far passare le proposte di legge più contestate (sul potere giudiziario o sulla finanziaria o su altro) il sistematico, autocratico, puerile ricorso al voto di fiducia. Espediente antidemocratico da rei confessi. Che di più?

Una volta Le rivolsi una domanda - ovviamente rimasta senza risposta -: “se è vero che la ricchezza è il frutto del lavoro, quanti hanno lavorato per produrre la ricchezza che Lei possiede?”. Oggi gliela pongo in termini paradossali ma sostanzialmente equivalenti:”quanti secoli ha lavorato per produrre la ricchezza che possiede?” Certo, è il caso di dare dello stupido a chi vota per la sinistra (che in atto è solo potenziale) dato che essa, nella versione reale di socialismo, se al potere, Le chiederebbe il riscontro fra lavoro personale effettuato e beni posseduti con conseguenze ben prevedibili.

Io, tale epiteto-offesa, pertanto, me lo merito e, mi creda, ne vado fiero.
Le auguro sinceramente il bene della salute ("l’unità - diceva Mantegazza - che dà valore a tutti gli zeri della vita").