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Travaglio. Scantonamenti

Publie le giovedì 22 dicembre 2005 par Open-Publishing

Governi Marco Travaglio

Scantonamenti

Marco Travaglio

Toccava vedere anche questa: un presidente del Consiglio con dodici rinvii a giudizio, sei prescrizioni e due processi in corso all’attivo, circondato di pregiudicati, ottiene le dimissioni del governatore di Bankitalia che non voleva sloggiare per ben due avvisi di garanzia.

Dimissioni invocate a gran voce, "per la credibilità dell’Italia", da quanti non hanno mai chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio nè dei pregiudicati al seguito.

Naturalmente l’anomalia non sono le dimissioni: ma il fatto che le dia solo Fazio e non Berlusconi. Il quale, per la cronaca, non è sospettato di abuso d’ufficio e insider trading, ma ha sicuramente pagato un giudice tramite un suo avvocato (reo confesso di frode fiscale), già ministro, da 12 anni parlamentare. C’entra qualcosa tutto ciò con la "credibilità dell’Italia"? Chissà.

A sentire i TG di regime, pare quasi che Gianpiero Fiorani avesse due soli amici: Fazio e Consorte. Invece ne aveva ben di più. La variopinta compagnia di giro che qualche mese fa, all’ombra dello sgovernatore e dei protettori azzurri, bianchi, rossi e verdi, decise di spartirsi Antonveneta, Bnl e Rizzoli-Corriere della sera (tanto per gradire: poi sarebbe toccato verosimilmente alle Generali e alla solita Telecom), aveva molto a che fare con il Cavalier Bellachioma e i suoi cari.

Prendiamo uno dei capi della banda, anzi della banca: Gianpiero Fiorani, l’uomo che è riuscito ad associare due figure in genere distinte, quella del banchiere e quella del rapinatore, in una sola persona, la sua. Bene, Fiorani è colui che acquista gentilmente la Banca Rasini, dove il padre del Cavaliere, ragionier Luigi Berlusconi, era entrato sportellista e uscito direttore generale, e dove secondo Sindona la mafia riciclava i soldi sporchi.

Poi ingloba nella Popolare di Lodi anche l’Efibanca, la merchant dell’Eni infestata di piduisti di cui Previti era ovviamente consulente e che fornì crediti illimitati a Bellachioma per la sua scalata alle tv.

Insomma, fino all’altroieri il banchiere-rapinatore è rimasto seduto sulle due banche che nascondono molti segreti dell’oscuro passato del Biscione, e sui rispettivi archivi.

Nel ’99 la Guardia di Finanza di Palermo andò alla Lodi in cerca delle carte sui misteriosi finanziamenti alle holding Fininvest, ma si sentì rispondere che l’archivio Rasini non c’era più. I finanzieri tornarono poco dopo, ripetendo la domanda con più energia. Allora ai dirigenti fioraniani venne improvvisamente in mente che forse l’archivio c’era: fu riesumato dalla pensione un vecchio archivista che accompagnò i militari in una soffitta di via Mercanti. Purtroppo alcuni microfilm erano andati bruciati (autocombustione?), mentre le holding Fininvest si faticava a trovarle perchè erano state registrate (quando si dice la sbadataggine) alla voce "negozi di estetista e parrucchiere per signora" (N.D.R. nello spettacolo di DARIO & FRANCA RAME, l’Anomalo Bicefalo, questo fatto è bene specificato: tutte le holding di Bellachioma erano intestate a negozi di parrucchiera!!! CHE MITO!!).

Quanto all’Efibanca, dopo averla incorporata, Fiorani si mette in società con l’Hdc di Enrico Crespi, il sondaggista di Forza Italia. Un impegnuccio da 15 miliardi di lire. Poi all’improvviso gli chiede di rientrare dai fidi: Hdc fallisce e Crespi finisce in galera per bancarotta.

Insomma, il presidente del Consiglio è proprio l’uomo adatto per risolvere il caso. Infatti, per il dopo-Fazio, mentre i giornali fanno i nomi di Monti, Quadrio Curzio, Padoa Schioppa, Draghi e altri pericolosi incensurati, lui ha in mente l’uomo giusto al posto giusto: il senatore forzista Giampiero Cantoni. Ex socialista, Cantoni era presidente di Bnl nel febbraio ’94 quando dovette "autosospendersi" in tutta fretta per una spiacevole disavventura. Mentre un’ispezione di Bankitalia si occupava di finanziamenti Bnl al gruppo meccanico Mandelli che aveva rilevato un’azienda legata alla sua famiglia, la Procura di Milano lo indagava e poi lo faceva arrestare per corruzione. L’accusa era quella di aver corrotto l’architetto Anchise Marcori, capogruppo del Psi al comune di Segrate, con una mazzetta di 400 milioni di lire in cambio della concessione edilizia per un complesso residenziale nei terreni della sua famiglia. Cantoni confessò di aver pagato, ma sostenne di essere stato costretto. Cioè concusso. Ma non fu creduto, nemmeno da se stesso, visto che all’udienza preliminare si presentò con 800 milioni sull’unghia a titolo di risarcimento e patteggiò circa 2 anni di reclusione. Per corruzione. Ecco perchè Bellachioma ha subito pensato a lui per rimpiazzare Fazio. Scegliere un incensurato, col pericolo che poi venga indagato, è troppo rischioso. Molto meglio un pregiudicato, che è già allenato