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Un Forum nella rivoluzione bolivariana

Publie le lunedì 6 febbraio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Forum Sociale Tommaso Fattori

di Tommaso Fattori

 I Forum di Caracas

E’ sbagliato domandarsi come sia stato "il" Forum mondiale di Caracas. Ci sono stati migliaia di Forum di Caracas. Non perche’ ciascuno semplicemente "veda" un Forum diverso, come un’opera aperta: e’ che ciascuno si costruisce il suo Forum, assemblando pezzi tratti dal grande libro del programma, stavolta in due tomi, partecipando in spazi diversi.

Gli assi tematici consolidati e i temi ormai di famiglia nel movimento dei movimenti sono tornati; a volte sono tornate anche "frasi formulari" e un poco di vuota retorica. Il programma -un’esplosione di attivita’ autorganizzate - mancava dell’ormai leggendaria opera di "agglutinamento" di seminari similari: una mancanza che asseconda la naturale tendenza a ritrovarsi fra reti omogenee o gia’ conosciute, e che ostacola nuovi amori o dibattiti piu’ piccanti.

Tuttavia, non appena iniziato a sfogliare il primo tomo, resto favorevolmente colpito. Proprio qui, nel quarto paese produttore di petrolio del pianeta (dove nessuno spegne mai il motore perche’ un litro di benzina costa 5 centesimi di euro) il tema del superamento dell’in-civilta’ del petrolio e’ entrato definitivamente nell’orizzonte costitutivo dell’altro mondo possibile. Stracolmi i seminari sulle energie rinnovabili, sulla contraddizione capitale/natura, sui temi della "crescita" e dei consumi, sull’"ecocidio" e la progettazione di citta’ sostenibili. Spiazzanti i gruppi di lavoro degli indigeni, che mostrano altri modi di vedere e costruire il mondo.

Si discute di nuove dimensioni comunitarie (e persino di "filosofia e comunita’"), di gestione dei servizi pubblici a livello locale, dove e’ possibile la partecipazione dei cittadini, ma anche di "cyber-cittadinanza" e di "web come strumento per cambiare il mondo" o della "incredibile e triste storia dell’America latina e delle sue snaturate Corporation". E seminari fra i piu’ disparati, come sempre: da Walter Benjamín all’esperanto. Una buona notizia: il movimento mondiale dell’acqua e’ riuscito ad andar oltre la separazione fra seminario dei movimenti europei e dei paesi latinoamericani, che si era riproposta anche a Porto Alegre 2005. E ne e’ uscita un’ ottima dichiarazione congiunta.. Una cattiva notizia: in modo stupefacente la grande assente dal programma e’ stata la guerra in Iraq, recuperata solo dall’assemblea dei movimenti sociali. Come se la guerra stesse fuori dall’orizzonte di questo continente. Nel complesso, comunque, un programma da Forum sociale, ricco e arioso, autocostruito, molto diverso da quello ben piu’ dogmatico del Festival internazionale della gioventu’ di agosto, ospitato sempre a Caracas.

 Il Forum va in citta’

Torno volentieri in questa strana citta’, a distanza di pochi mesi. Un mondo alla rovescia, dove ci si sente piu’ sicuri nella moderníssima e impeccabile metropolitana che in superficie, come mi fa notare Adriana, un’amica venezuelana; una citta’ dove di notte non ci si ferma al rosso, per timore di essere assaltati. Caracas, lingua di cemento grigio in mezzo a bellissime montagne, ha per me un innegabile fascino. I barrios piu’ poveri, quelli da cui "discesero" milioni di persone per liberare il "loro" Presidente prigioniero dei golpisti, tempestano in maniera disordinata il dorso basso delle montagne. Si fronteggiano la Torre dell’Est (l’est della citta’ e’ antichavista) e la Torre dell’Ovest (la citta’ chavista) e mi viene in mente il Mago di Oz. Ragazze e ragazzi del campeggio della gioventu’ ballano il "reggetton", con i cartellini del Forum appesi al collo, mentre da uno squarcio dell’edificio appare l’inquietante Torre dell’Est, immersa in una densa nebbia tropicale, con le finestre senza vetri attraversate dalle luci di fari da stadio; stavolta e’ Blade Runner. La torre pare sia stata bruciata (un "saboteo") perche’ ospitava archivi fiscali con notizie assai scomode per la classe alta del paese. La citta’, rispetto ad agosto, mi pare notevolmente trasformata dal Forum. Contaminata, come quando il processo funziona.

La bellísima struttura architettonica del Teatro Teresa Careño -con soffitti di Soto- ha perso la sua veste formale per trasformarsi un variopinto mercato dove giovani partecipanti al Forum si autofinanziano con l’artigianato. Nella magnifica Universita’ -progettata da Vllanueva e piena di opere originali di Calder- si mescolano studenti e delegati; i professori, in gran parte dell’opposizione, osservano a distanza. Il Parque los Caobos, il luogo piu’ temuto in citta’ nottetempo, e’ stato vissuto giorno e notte da venezuelani e stranieri, vivace e pieno di iniziative: ospitava il principale "campamento de la juventud". Come sempre il Forum mostra quella originalissima "mezcla" che gia’ si era manifestata nel corteo inaugurale: facce indie e chiome biondissime, la Caritas o le suore ("siamo la chiesa a fianco dei poveri") e i gruppi per i diritti di gay e lesbiche ("alerta que camina la libertad sexual por America latina"), femministe statunitensi e contadini sudamericani, ragazzine brasiliane e un vecchio partigiano fiorentino.

 Sur e política del ventunesimo secolo

Questo Forum mondiale decentrato e’ stato in tutto e per tutto un Forum delle Americhe. Ancor piu’ dell’America latina, e non perche’ mancassero consistenti delegazioni dell’America del Nord. Il fatto e’ che il laboratorio e’ piu’ a sud, in quell’area che si potrebbe ribattezzare dell’america bolivariana. A colazione Chepi, venuta dalla parte opposta del Venezuela per partecipare al Forum, vede le immagini del giuramento di Evo Morales, e piange silenziosamente. Assieme a Chiqui, e al padre, che fu senatore della IV Repubblica, discuto a lungo di quello che qui tutti percepiscono come un incredibile processo rivoluzionario. Nell’aria vi e’ la nuova possibile integrazione dell’America latina -giust’appunto una sorta di nuovo progetto bolivariano- che e,’ tra l’altro, una delle lungimiranti fissazioni di Chávez, nei piu’ diversi campi, dalla comunicazione (TeleSur) alle risorse naturali (progetto PetroSur), al sistema bancario (BancoSur), al sistema universitario pubblico (Universidad Sur).

In un Forum sempre piu’ político (non fosse che per la piena coscienza, da parte dei movimenti sociali, della propria immediata politicita’), molti seminari sono dedicati al tema del cosi’ detto socialismo del ventunesimo secolo. Forte la differenza fra mentalita’ europea e nuove forme in elaborazione nell’America bolivariana: voi create prima i modelli teorici, ci dicono, e poi cercate di praticarli: noi partiamo dalla pratica. Per dirla in termini inguaribilmente europei, e’ una sorta di processo e di movimento inventivo che mette in discussione lo stato di cose presenti. "Qui siamo piu’ nella fase della costruzione di cose" ripetono. Inutile cercare di costringere il nuovo entro modelli classici. E si discute anche delle "etichette" e del loro senso, della necessita’ di non ridurre le nuove mille pratiche e le alternative, al plurale, entro definizioni che esse stesse non hanno scelto di darsi. Ana Ceceña aggiunge un appello a non limitare il campo e la ricchezza della ricerca, a non insistere sulla dimensione classica del socialismo, a tenere aperte tutte le possibilta’ della re-invenzione. L’immissione della corrente calda, la corrente della cultura política e sociale dei nuovi movimenti in quello che in Venezuela chiamano "socialismo del ventunesimo secolo", mi appare come la ricerca di una societa’ fondata sui beni comuni e sullo spazio pubblico.

Nel Forum entra a pieno la discussione sulla crisi delle forme della política: sulla crisi dei partiti tradizionali, anche in America latina, e sul loro farsi ceto separato dalla vita, un ceto che sequestra e privatizza la política. Alla fine di un seminario Hillary Wainwright dichiara sorridente "I want to announce a party", intendendo una festa, e l’interprete traduce in spagnolo "voglio annunciare un partito", poi si rende conto e scoppia a ridere: "dato il tema del seminario..."

Continuano le discussióni sui limiti della democrazia rappresentativa, certo, ma anche sugli evidenti limiti di esperienze di governo che avevano fatto inizialmente sperare (Lula). Di qui la necesstita’ di una piena autonomia dei movimenti sociali. Anche stavolta il Forum mette assieme, nella discussione, le piu’ diverse tradizioni e culture: quale altro spazio lo consentirebbe? Di qui anche il vacillare delle "figure" stesse del político, ad opera dei movimenti indigeni presenti. Vi sono pratiche comunitarie non riconducibili alle figure tipicamente occidentali di "partito" e di "movimento". Appare anche evidente la difficolta’ dei venezuelani a considerare appropriata la definizione di "movimento sociale" per descrivere i processi di questi anni. Le classi medio alte hanno costruito soggetti organizzati che qui si definiscono come movimenti sociali, mentre altro e’ il fenómeno "della moltitudine, del popolo che scende per strada" in modo spontaneo, che caratterizza le mobilitazioni della sinistra (la destra li definisce "turba", una turba senza avanguardie, e a molti questa pare una definizione che coglie piu’ nel segno). Una sera a cena, una importante esponente del Movimento Quinta Repubblica risponde, a una domanda scettica di parte europea ("sembra che qui abbiate la massima fiducia nelle persone e nella loro capacita’ di autorganizzarsi. Troppa fiducia"): "sono le persone, e fra loro moltissime donne, che hanno salvato il Presidente della Repubblica in mano ai golpisti. Non i partiti. Col che non credo certo nel mito del buon selvaggio di Rousseau".

 La rivoluzione attorno al Forum

Il fenómeno Chávez, come era naturale attendersi, sta attorno e dentro il Forum. Senza pero’ snaturarlo. A volte si puo’ rimanere urtati dall’eccessivo "martellamento" chavista, da tante retoriche, da magliette e spillette. Ma e’ anche un paese in cui tutte le televisióni private - le piu’ viste- restano da anni saldamante antigovernative (e in cui i golpisti del 2002 non sono in carcere; mentre e’ stato fatto saltare in aria Danilo Anderson, che indagava sul golpe). E’ indubbio che esistano due Venezuela, di diversa proporzione numérica, e che, come dice un panettiere, le cose siano piuttosto semplici: i ricchi sono contro Chávez, gli altri con lui. Chávez, anche fisiognomicamente, disturba i figli della cultura coloniale: e’ un "sambo", ossia un misto di sangue indio e nero; la categoría degli "intoccabili", per cosi’ dire, per centinaia di anni.

Disturba anche la nostra sensibilita’, perche’ex militare. Tuttavia l’esercito venezuelano e’ storicamente assai diverso da quello argentino o cileno, ossia e’ da sempre espressione delle classi popolari, anche nei suoi piu’ alti gradi; una strana eccezione, tant’e’ che le famiglie di alto rango del paese si vantano di "non aver mai avuto un parente nell’esercito". Detto questo, la strada verso il superamento dell’orizzonte delle armi e degli eserciti pare ancora lunga, per quanto abbia udito Chávez citare Gandhi come importante punto di riferimento. E a volte si sobbalza, vedendo attorno a se’ militari armati fino ai denti. Se infine disturba la "personalizzazione" strabordande, di contro mi sembra che Chavez stia utilizzando il forte consenso polare per sviluppare e accelerare concreti programmi partecipativi e di autogoverno in gran parte del paese.

E per rafforzare le Misiones, programmi stupefacenti di scolarizzazione pubblica di ogni ordine e grado (tant’e’ che oggi quasi la meta’ del paese sta studiando, comprese tante "nonne", e tutti vengono pagati per farlo), o di forme di sviluppo urbano partecipate, comunitarie ed ecologicamente sostenibili (le visito e me ne parla l’urnbanista Enrique Vila), o un’assistenza sanitaria pubblica di massa, attraverso le infinite cliniche popolari (alla base vi e’ l’accordo "medici in cambio di petrolio" con Cuba, che ha portato ventimila dottori nel paese). Ma sono molti i provvedimenti che stanno cambiando rapidamente il paese, come la ley de tierra, che ha ridotto drasticamente i latifondi distribuendo le terre a cooperative di contadini. I soldi dell’immensa ricchezza petrolífera venezuelana, che prima se ne uscivano del paese o restavano nelle mani di un’oligarchia, adesso sono investiti in gran parte in questa direzione sociale; le Misiones, poi, sono una struttura parallela a quella delle burocrazie ministeriali proprio perche’ la corruzione resta ancora uno dei grandi problemi del paese, per quanto si provi ad aggirarla.

Se Chávez non mira ad alcun arricchimento personale (il suo unico "interesse particolare" forse e’ passare alla Storia), credo si possa dire diffícilmente lo stesso di tanti che sembrano saltare in modo interessato sul carro del vincitore. Come si avverte il rischio che il bolivarismo divenga una sorta di moda. Il livello dell’opposizione di destra e’ in ogni caso bassissimo, il che non aiuta neppure chi governa; gli antichavisti, a propósito del Forum, hanno per esempio sostenuto ossessivamente che i nostri biglietti aerei e la nostra permanenza fossero pagati dal governo.

E’ apparso subito chiaro che attorno al Forum vi e’ una rivoluzione democratica in atto, che tenta di presentare se stessa ai delegati nel suo dipanarsi, e cerca di far si’ che i delegati presentino i loro pezzi di mondo possibile al Venezuela. Grazie a questo incontro internazionale "per noi e’ caduto un velo, e capiamo molto piu’ di noi stesse", mi dicono due signore nere, di un barrio. Noto una sorta di avidita’, un desiderio di "prendere"- "vengo per rubare le parole e le idee che sento", mi dice una ragazza impegnata in una delle Misiones; in verita’ e’ evidente anche il desiderio di costruire quadri "teorici" di riferimento e il Forum sembra, per molti, un tesoro di ricchezze a cui attingere per alimentare un processo ancora aperto, non guidato da mete prefabbricate. Piu’ che una cubanizzazione del Venezuela, come grida l’opposizione, mi pare possa prospettarsi una futura venezuelizzazione di Cuba.

 L’Oltreforum

In definitiva il Forum ha mostrato si’ di essere "situato", ma non assorbito dalla particolare situazione del Venezuela. Se vi e’ un rischio per l’autonomia dei movimenti rispetto al rapporto con le esperienze governative che si richiamano ai movimenti stessi, questo viene probabilmente dalla cosi’ detta proposta degli intellettuali per la creazione di un nuovo spazio, una nuova Bandung, dove facciano fronte unico antimperialista governi, partiti, reti sociali. Una proposta che, per cultura política, sembra guradare piu’ indietro che avanti: i movimenti come "ancelle" di governi amici, truppe di un Evo Morales o di un Hugo Chávez, anziche’ il terreno che ha generato, fra le altre cose, anche la possibilita’ di governi sperabilmente alternativi. Senza contare il fatto che creare un fronte non fondato sulla política ma sull’ "antimperialismo" pare una stramberia notevole: cosa avremmo a che spartire con Iran o Cina? E per di piu’, quali paesi hanno consentito al Wto di procedere, ad Hong Kong?

Il Forum lascia aperte molte domande per un movimento ormai forte in tante vertenze territoriali ma che intende continuare ad essere globale. Non e’ chiaro quanto a Caracas l’assemblea dei movimenti sociali sia riuscita a fare un salto avanti, al di la’ della costruzione di agende che sembrano una sommatoria di date giustapposte piu’ che il frutto di un processo collettivo. Per uscire da questo stato di dispersione e ripensare azioni incisive e coordinate occorrerebbe riportare la discussione dentro le nostre assemblee, che sovrabbondano di frasi fatte, ma mancano di analisi politiche complesse.

Quel che e’ certo, il "nostro mondo" non e’ fermo. E in questo continente vi sono molti piu’ processi in atto di quanto la vecchia Europa possa immaginare.