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Chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini ?

Publie le lunedì 13 febbraio 2006 par Open-Publishing
1 commento

Dazibao Cinema-video - foto Estrema destra Storia Enrico Campofreda

C’è un gruppo d’intellettuali e amici del poeta che raccoglie firme per riaprire il processo Pasolini. Da cultori e orfani della sua figura aderiamo all’iniziativa e la divulghiamo. Gli interessati possono sottoscrivere a: appellopasolini@yahoo.it

di Enrico Campofreda

“Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”

Il fantasma di Pasolini sui Palazzi della politica

“Io so”, avrebbe detto, come nell’incipit de “Il romanzo delle stragi” scritto il 14 novembre 1974 e raccolto nei celebri “Scritti Corsari”. Con lui anche noi sappiamo, certo non abbiamo prove. Ma indizi sì, parecchi.

Li respiravamo proprio nei mesi a ridosso delle bombe fasciste di Piazza della Loggia e dell’Italicus, opera dell’ordinovista Mario Tuti e dei suoi camerati toscani e bresciani, vezzeggiati dal partito di Almirante e del delfino Fini. Coccolati dal neofascismo istituzionale del Msi accettato nel Parlamento della Repubblica nata dalla Resistenza, addestrati dalla Cia e dai Servizi golpisti dei Miceli e Giannettini, protetti dalla crema politica dorotea degli Andreotti e Rumor e da certo clericalismo oscuro e oscurantista.

Carezzati dalla P2 gelliana che raccoglieva accanto a fascisti vecchi e nuovi, democristiani e socialisti, squadristi e malavitosi, opportunisti e facce televisive che i partiti della lottizzazione Rai tolleravano e caldeggiavano. Hanno continuato a farlo per anni. Una faccia per tutte? La finto bonaria di Maurizio Costanzo, principe del chiacchiericcio untuoso, servile, colluso e traffichino, che rafforzava quella mutazione antropologica degli italiani attraverso il tubo catodico di cui il poeta scriveva: “la propaganda tv rappresenta il momento qualunquistico della nuova edonistica del consumo”.

Taluni indizi potevamo raccoglierli durante le ronde antifasciste in uno dei luoghi di raduno degli squadristi missini: il Fungo dell’Eur. Ci dica il ministro Alemanno, munito del sorrisino da ragazzo bene che tanto ricorda i pariolini del Circeo, se insieme al compare e anch’egli ministro Storace, bivaccava in quel luogo. S’accompagnavano ai militanti-squadristi del Fronte della Gioventù, nevvero? Quelli che vagavano per viale Europa a urlare minacciosi contro il “regista lubrico” come ricorda Marco Tullio Giordana nel suo splendido film-denuncia sullo strazio del poeta.

Ci dicano Alemanno e Storace se tracciavano anch’essi scritte cubitali sotto la casa romana di Pasolini prossima al “Colosseo quadrato”, slogan contro il comunista, il diverso, il frocio. Quante volte abbiamo ripulito quei muri e le strade adiacenti dalla feccia che sarebbe diventata di governo.

Fascisti, ecco chi potrebbe aver assassinato Pasolini perché ne odiavano la mente libera e luminosa. L’odio per la vita che quell’ideologia esprime - dal regista presa a metafora in “Salò o le 120 giornate di Sodoma” - ha fatto di questi tristi figuri, dagli inizi della loro tragica storia, sanguinari assassini in molti casi usati anche da altri poteri. In quello stragismo italico, che nel profetico articolo il poeta denunciava, c’era tutto ciò. E tanto già bastava per farlo fuori.

C’erano le responsabilità internazionali giocate dall’America gendarme del mondo che attraverso gli organismi dell’Oss e poi della Cia interveniva a imporre il suo operato e interferiva nella vita pubblica. E quando si parla d’intrighi internazionali l’uso della manovalanza d’ogni genere, malavitosa in primis, è all’ordine del giorno. L’Italia del dopoguerra a partire da Portella della Ginestra è stato un laboratorio speciale di stragi, misteri, insabbiamenti come all’epoca dei massacri di civili operati dai nazifascisti e celati per decenni nei vergognosi armadi delle Procure Militari.

Fra le vergogne italiche c’è l’oblìo che molti hanno voluto far cadere su quell’orrendo delitto. La morte di Pasolini ha sgombrato il campo da un ferreo oppositore agli intrecci della real politik praticata dal suo stesso Partito Comunista cui non perdonava né metodo né contenuti. Scriveva nel famoso brano: “Gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch’essi come uomini di potere”. E ancora: “Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia solo quando un uomo politico deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, ma su cui, a differenza di me, non può non avere prove, o almeno indizi”. Inutile dire che nessun politico di maggioranza e opposizione farà mai né nomi né congetture e Pasolini stava già commentando la sua fine.

Come per il mistero di Ustica, altre stragi di cui si sono chiarite per filo e per segno finalità, colore, risvolti - il caso limite è Piazza Fontana - sono state col tempo trasformate in “mistero”. Dopo lineari sentenze di condanna con nomi e cognomi d’esecutori e mandanti si sono rialzati polveroni e dubbi. Addirittura per una delle stragi più odiose e luttuose, quella della Stazione di Bologna, sono tornati comodamente in semilibertà i pluriomicidi, stragisti e pluricondannati dei Nar Mambro e Fioravanti mentre svolazzano fantasie revisioniste su fantomatiche piste di terrorismo internazionale.

A uccidere l’intellettuale scomodo c’è quel mondo economico-politico descritto nell’incompiuta di “Petrolio” e anche altri potenti di Palazzo colpiti dalla trasversale chiamata di correo sulla propria omertà. Purtroppo epitaffio della sua denuncia è quanto scrive sempre in quell’articolo “Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”.


Anche noi parte offesa: riaprire il processo Pasolini

A trent’anni dalla morte, non sappiamo ancora da chi è stato ucciso Pasolini e perché. Questo suo assassinio va ad allungare la lista impressionante di omicidi, attentati, sparizioni, finti suicidi e finti incidenti di cui è costellata la storia d’Italia dal dopoguerra a oggi e che, a decenni di distanza, non sono stati ancora chiariti. Responsabili e mandanti impuniti, verità sottratte per decenni non solo ai tribunali ma anche al discorso pubblico.

Noi non sappiamo se a far tacere uno degli artisti più fervidi e una delle voci più scomode e tragiche di questo paese sia stata una decisione politica. Quello che però sappiamo - come lo sa chiunque abbia prestato attenzione alla vicenda - è che la versione blindata della rissa omosessuale tra due persone non sta in piedi. Sappiamo che essa è stata solo una copertura servita a sviare le indagini e a coprire un altro tipo di delitto. Quella versione, del resto, non ha mai retto, nemmeno per il tribunale di primo grado, che infatti condannò il diciassettenne Pino Pelosi assieme a ignoti. Ma oggi, dopo che il reo confesso ha dichiarato pubblicamente di non essere l’assassino di Pasolini e di essersi accusato dell’omicidio perché sotto minaccia, e dopo la diffusione della testimonianze del regista Sergio Citti, sono ancora più evidenti le negligenze e le coperture che hanno accompagnato fin dall’inizio quell’atroce vicenda.

In seguito alle dichiarazioni di Pelosi, la Procura di Roma ha riaperto e subito richiuso - per mancanza di riscontri - il fascicolo sul delitto Pasolini. Questa nuova inchiesta è stata archiviata ancor prima di iniziare! Eppure non si sono sentite molte voci indignarsi per questa reiterata non-volontà di fare chiarezza su quella morte. Uno strano silenzio ha circondato la notizia, e questo proprio mentre ricorreva il trentennale della morte di Pasolini e dappertutto fervevano le celebrazioni del poeta, dell’artista, dell’intellettuale che pure tanti fanno mostra di rimpiangere.

Dopo quanto è successo, non possiamo più accontentarci della versione ufficiale, perché significherebbe diventare complici degli assassini di Pasolini. Chiediamo perciò che vengano finalmente svolte le indagini che non si sono mai volute fare e che venga detta finalmente la verità su quel delitto.

Ci sono cose di cui, come scriveva Pasolini, è impossibile parlare senza indignazione, senza cioè far capire l’enormità di ciò che è avvenuto. Il più atroce assassinio di un poeta dell’età contemporanea, più turpe dell’assassinio di Garcia Lorca, un vero massacro di gruppo, è avvenuto a Roma, in Italia, per mano di italiani. E invece, per trent’anni, sono state cancellate prove, sono stati ignorati indizi, testimonianze e documentate contro-inchieste di giuristi e intellettuali italiani. In una situazione simile, spetta in prima persona agli scrittori, ai poeti, agli artisti, agli intellettuali, ai giornalisti, e a tutte le persone libere che hanno a cuore la verità, chiedere (come ha già fatto il comune di Roma, che si è costituito parte offesa) la riapertura del processo e l’accertamento della verità.

Ci sembra questo il modo migliore di ricordare Pasolini a trent’anni dalla sua tragica morte.

Hanno aderito finora:

Andrea Bajani
Marco Baliani
Sergio Baratto
Laura Barile
Carla Benedetti
Mauro Bersani
Giuseppe Bertolucci
Mariella Bettineschi
Luca Briasco
Franco Buffoni
Romolo Bugaro
Andrea Camilleri
Anna Cascella Luciani
Maria Giulia Castagnone
Benedetta Centovalli
Roberto Cerati
Mauro Covacich
Ninetto Davoli
Sandrone Dazieri
Gianni D’Elia
Alba Donati
Tecla Dozio
Marco Drago
Sergio Fanucci
Angelo Ferrante
Ivano Ferrari
Gian Carlo Ferretti
Gabriella Fuschini
Marco Tullio Giordana
Giovanni Giovannetti
Giorgio Gosetti
Bernard Henri-Lévy
Dario Lanzardo
Liliana Lanzardo
Attilio Lolini
Rosetta Loy
Carlo Lucarelli
Giovanni Maderna
Angela Madesani
Dacia Maraini
Teresa Marchesi
Mario Martone
Eliseo Mattiacci
Silvana Mauri Ottieri
Guido Mazzon
Lea Melandri
Raul Montanari
Antonio Moresco
Sergio Nelli
Aldo Nove
Maria Pace Ottieri
Vincenzo Pardini
Massimiliano Parente
Fabrizio Parenti
Laura Pariani
Andrea Pinketts
Michele Placido
Oliviero Ponte di Pino
Paolo Repetti
Mario Richter
Luca Ronconi
Anna Ruchat
Gabriele Salvatores
Evelina Santangelo
Tiziano Scarpa
Marco Senaldi
Enzo Siciliano
Maurizio Totti
Simona Vinci
Dario Voltolini

Per aderire scrivere a appellopasolini@yahoo.it

Messaggi

  • Ricordo quando ci fu il funerale di Pasolini
    le parole di Moravia " è stato ucciso un poeta".
    E con il poeta era stata uccisa la poesia.

    E veramente viviamo in un paese, in un mondo
    dove c’èsempre un boia pronto ad uccidere la poesia.

    Tutti noi sappiamo che anche questo è "un mistero"
    destinato a restare tale.

    Io non ho fiducia nè nella magistratura, nè nelle inchieste.

    Sono troppo occupati e i magistrati e la magistratura
    ad inventare TEOREMI.

    Del resto se un magistrato di vecchio stampo esiste
    che crede in valori che non sono i miei ma che posso
    anche rispettare, per la sua dirittura morale,
    non fa forse la fine di Borsellino?

    Non ci sarà mai nessuna verità statuale
    sulla morte di Pasolini, come non ci sarà
    nessuna giustizia per tutto quello di tremendo che avviene
    nel mondo.
    Basta pensare alla strage di Bobal.
    Che verità giuridica è venuta fuori?
    oppure alla morte di Ilaria Alpi.
    E l’elenco non ha fine.

    Noi possiamo solo dire
    come faceva Pier Paolo Pasolini
    IO LO SO.

    e preparare il giorno in cui
    collettivamente parlerà la nostra GIUSTIZIA
    e la nostra VERITA’.

    vittoria Oliva