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Un appello al centrosinistra per il ritiro immediato delle truppe

Publie le lunedì 1 maggio 2006 par Open-Publishing
3 commenti

Dazibao Movimenti Guerre-Conflitti Governi medio-oriente

di Nella Ginatempo

Il movimento contro la guerra di questi anni ha lottato per ottenere una vera svolta della politica estera italiana, chiedendo con mille iniziative che l’Italia si dissoci dalla guerra preventiva imposta dagli USA, per dare finalmente un segno di discontinuità, con un rinnovato ruolo di pace e ripudio della guerra.

Per questi motivi, tener fede all’immediato e incondizionato ritiro delle truppe militari italiane dall’Iraq è l’unanime richiesta del grande popolo della pace.

Dopo l’ennesima strage a Nassirya, la propaganda patriottica tende a confondere l’opinione pubblica e a nascondere la verità. Perciò faccio appello alla responsabilità di voi donne e uomini, rappresentanti della volontà popolare, per fare una scelta di verità e coraggio.

Vorrei tanto che il dibattito in Parlamento vanificasse la retorica patriottica e militarista e ricordasse all’opinione pubblica il vero significato politico e morale di questa reiterata richiesta di ritiro delle nostre truppe:

 non perchè "cediamo al ricatto dei terroristi" ma perchè vogliamo compiere un atto di giustizia riparatrice. Infatti, fintanto che stiamo lì al seguito della occupazione militare USA dello Stato sovrano dell’ Iraq, siamo complici di un crimine internazionale, stiamo dalla parte del torto. Noi siamo gli
invasori, i complici degli aggressori, per la repressione degli insorti, per la copertura complice di atroci crimini come le torture e le sparatorie sui civili. Noi siamo alleati di chi ha incenerito donne e bambini a Falluja con le armi al fosforo. Noi siamo sotto il comando di chi con la menzogna ha invaso e devastato un paese sovrano che vede in noi dei nemici.

 non perchè "vogliamo abbandonare il popolo dell’Iraq "senza aiuti umanitari, ma perchè siamo consapevoli che la nostra missione non ha senso fintantochè continua l’occupazione militare USA e non può espletare un vero compito umanitario di pace e ricostruzione. Infatti siamo consapevoli che, essendo solo il 10% delle spese totali della missione devoluto ad aiuti
umanitari- mentre il 90% del budget serve al mantenimento delle truppe- l’aspetto umanitario è solo il paravento che copre il vero scopo della missione. Potevamo inviare aiuti direttamente alle ong irachene, anzichè dissiparli nel dispiegamento di mezzi militari, ma in questo modo non avremmo avuto sul posto il presidio militare dei pozzi di petrolio di Nassirya, la custodia dei convogli petroliferi e dei nostri contratti dell’ENI. Guerra per il petrolio mascherata da missione di pace: questa vergogna deve finire.

 non perchè siamo "vigliacchi e non vogliamo mantenere le promesse", ma perchè ci sembra atroce continuare la litania dei morti dei nostri carabinieri , non certo sacrificati per la difesa della nostra patria, ma invece mandati al macello per una finta missione di pace in un territorio di guerra.

Il ritiro immediato e unilaterale delle truppe italiane dall’Iraq come è stato quello delle truppe spagnole avrà un doppio effetto positivo:

 farci identificare finalmente come un paese amico che vuole la pace;

 isolare ancora di più la politica di Bush e Rumsfeld della guerra preventiva, sottraendogli la nostra alleanza servile e complice, per influire sulla politica della Comunità internazionale e indurre un cambiamento di rotta. Qualunque aiuto umanitario e di ricostruzione del paese potrà essere offerto solo dopo una scelta di discontinuità come questa e solo dopo la fine della illegale occupazione USA dell’Iraq con la restituzione della sovranità piena al popolo iracheno.

Per questo CHIEDIAMO CHE LA MISSIONE NON SIA RIFINANZIATA ALLA SUA PROSSIMA SCADENZA A GIUGNO, MA VADA CHIUSA E ABOLITA PERCHE’ STA DALLA PARTE DEL TORTO.

Quando saremo dalla parte della ragione studieremo altre
possibili forme di intervento. Ma oggi basta, basta con i morti, basta con le menzogne e le ipocrisie.

Vi chiediamo di unirvi strettamente, con una grande battaglia
morale e politica al movimento per la pace, di votare contro il
rifinanziamento della missione in Iraq, di pretendere e imporre una svolta concreta, senza cambiare nome alla missione o casacca ai nostri carabinieri, senza persistere in una presenza in Iraq dal sapore comunque neo-coloniale ( le truppe umanitarie al seguito degli invasori occupanti).

Saluti pacifisti Nella Ginatempo (Tavolo Bastaguerra)

Messaggi

  • Cara Nella sono -come sempre- d’accordo e mi impegnerò perchè il nuovo governo, che dovrebbe essere in carica in giugno, non attui alcun rifinanziamento della spedizione e riporti tutti a casa, ciao abbracci lidia

  • Inoltro questo documento che mi sembra interessante. Ciao da Leo

    ****************

    persino il Sinacc e il giornale dei carabinieri chiedono il ritiro immediato dall’iraq, a roma si sta organizzando una manifestazione per chiedere al nuovo governo il ritiro dall’iraq subito,

    noi a bologna organizziamo qualcosa?

    da www.osservatorioiraq.it

    Sinacc e Giornale dei Carabinieri: ritiro immediato italiani dall’Iraq

    Roma, 27 aprile 2006 - ’’Dolore’’ e ’’rabbia’’ per l’attentato di Nassiriya, costato la vita a tre militari italiani, viene espresso dal Sindacato nazionale Carabinieri in congedo (Sinacc), unitamente al ’Giornale dei Carabinieri’ e a ’Radio Sicurezza’.

    In un comunicato, il sindacato e il ’Giornale dei Carabinieri’ esprimono ’’rabbia per la prevedibilità di tale attentato già denunciato all’indomani dell’eccidio di Nassiriya del 12 novembre 2003’’.

    ’’Da anni - si legge nel comunicato - tutta la redazione ed il sindacato denunciano l’inadeguatezza e l’inopportunità della presenza militare italiana in Iraq, essendo il Paese ormai allo sbando e alle soglie di una guerra civile. A questo punto, quindi, il ’Giornale dei Carabinieri’ chiede, nuovamente, con forza l’immediato ritiro delle truppe italiane’’.

    Il Sinacc, in un successivo comunicato, esprimendo "ancora una volta la propria solidarietà alle famiglie delle vittime", chiede il ritiro immediato delle truppe italiane "così come fece la Spagna di Zapatero all’indomani delle elezioni".

    "In queste ore" si legge nel comunicato, "il Giornale dei Carabinieri è in contatto con tutte le forze della coalizione di centrosinistra per chiedere il rispetto del programma dell’Unione nel quale è previsto il ritiro del contingente italiano da Nassiriya. Ancora una volta si è visto il sangue dei nostri soldati scorrere per imporre la pace a un popolo in una guerra voluta da altri.
    Confermiamo, nuovamente, che è necessario continuare a proteggere i nostri soldati fino a quando saranno in territorio straniero, ma che è fondamentale farli immediatamente rientrare in Italia".

    • Intanto partiamo da presupposto che lo slogan 10 100 1000 Nassyria è inutile esorcizzarlo e caricarlo di significati "malefici". ormai è entrato nell’espressività, non di una minoranza come , ipocritamente, si dice ma di una nutrita massa; di giovani sopratutto.

      Preso atto di questo fatto, alcune considerazioni mi pare opportuno farle:
      questo slogan è chiaro che fa riferimento al vecchio
      10 100 1000 Vietnam, ora in effetti prima dei numeri c’era
      il verbo CREARE, cosa non minimale mi pare; specialmente se pensiamo che la canzone da cui venne tratto questo slogan, diceva pure:
      nella tua scuola è il tuo Vietnam;
      nella tua fabbrica è il tuo Vietnam;
      nel tuo quartiere è il tuo Vietnam.

      Soffermiamoci su queste differenze che, secondo me sono indicative della retrocessione politica, anche dei settori che si dicono più antagonisti (perché poi quando si regredisce, visto che per un verso o per un altro si è facenti parte di una società anche se la si rifiuta, si finisce col regredire tutti).

      Quel piccolo verbo "creare" è molto indicativo di questa retrocessione, di questa chiusura in difesa, facendo la voce grossa per nascondere la propria debolezza effettiva.

      In sostanza mentre negli anni in cui si parlava di Vietnam si faceva propria la stessa voglia di lottare traslandola nel proprio reale, nel proprio vissuto, nelle proprie contraddizioni di sfruttamento e di rivolta contro questo sfruttamento; nei grigi giorni di oggi si demanda si DELEGA ad altri, lontani pure da noi.
      Si dice agli irakeni : pensateci voi.

      Oltre all’accettazione della delega c’è, per la debolezza di critica e di analisi, anche una accettazione passiva, da tifosi da stadio per quel che succede in Iraq, infatti io ho molta difficoltà a considerare resistenza quello che avviene in Iraq.
      Non so che resistenza sia quella che per accoppare un paio di americani, ammazza una decina di bambini, e che semina il terrore fra la popolazione civile.

      Molti mi hanno detto che certe cose sono avvenute in tutte le Resistenze, un falso storico e di una ignoranza abissale.
      A me in genere non piace appiattire tutto, esperienze diverse di paesi diversi, con retroterra economici, culturali, politici diversi, quindi non citerò la resistenza italiana, ma quella Algerina, a chi mi dice che gli Algerini facevano come stanno facendo in Iraq rispondo: ma ’ndo vivi?
      Gli attentati erano mirati e se nei locali frequentati dai francesi si trovava qualche algerino, di sicuro era colluso
      con gli occupanti; sinceramente mi riesce difficile pensare che tutti gli irakeni stanno a fare la fila per diventare poliziotti degli invasori!!!
      Anche perché ormai avrebbero dovuto imparare la lezione dopo tutta questa carneficina o no?
      se non l’hanno imparata una Resistenza seria si dovrebbe porre il problema di come e perché non la imparano.

      E qui veniamo al punto, secondo me;che quella che avviene in Iraq non è una resistenza, ma una lotta fra bande,
      fra clan, estremamente retrogradi, per la conquista del potere o di un sottopotere elargito dalla coalizione.
      I veri resistenti lì sono le masse dei poveri che si trovano
      trucidati fra gli invasori e queste bande comandati da pretazzi: questa è la realtà, e credo che questo sia pure il motivo reale per cui il movimento contro la guerra è entrato
      in una crisi reale.
      Resta solo la speranza che queste masse di sfrittati, si ribellino al loro sfruttamento e che ritrovino la loro autonomia reale sui loro interessi reali, contro tutte le Nazioni contro tutte le religioni, contro tutti i capitalismi, anche quello delle multinazionali arabe.
      vittoria Oliva
      L’avamposto degli Incompatibili