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LE VITTORIE SUDATE E QUELLE TRUCCATE

Publie le mercoledì 5 luglio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Enrico Campofreda Sport

di Enrico Campofreda

Corre Grosso. Corre, urla e piange come un Tardelli reincarnato. Ha ragione di farlo per il gran lampo individuale - non individualistico - diventato forza e orgasmo collettivo che conduce i fratelli d’Italia del campo dritti dritti all’ennesima finale mondiale. Urlano gli altri fratelli d’Italia, gli sgolati degli spalti che il rettangolo verde lo sognano come emancipazione, riscatto o lo vivono come una fuga. Strepitano nei caroselli tricolori, strombazzano per via, ballano per stare insieme e gioire. Davvero troppo bello.

Forse già dimenticano o non vogliono pensare all’altro calcio che si gioca in Tribunale e parla di truffe e d’illeciti sportivi mica di peccatucci veniali una tantum ma d’un sistema oliato e diffuso, tuttora difeso goffamente dai grands commis alla Carraro con nonsense del tipo: “dare una mano (quella che lui chiedeva al designatore Bergamo per certe squadre, ndr) non vuol dire favorire ma garantire trasparenza e correttezza”.

Così, con tanti gladiatori di quell’italian football vincente a Dortmund ma che all’Olimpico rischia d’esser retrocesso, ti senti schizofrenico e ti domandi qual è il tuo calcio. Non puoi non essere assillato dal dubbio se quello che si progettava negli uffici di Girando e Moggi avesse per protagonisti - involontari o consenzienti - i Buffon e Del Piero che ora ci portano in finale. Dirigenti demoni e calciatori verginelle dai candidi manti? E’ questo il calcio nazionale? Nonostante i Rossi, i Borrelli, i Palazzi rischiamo di non saperlo mai, perché siamo il Paese che invita all’omertà specie se si vuol continuare a banchettare in certi ambienti dorati.

Sentite il portierone italico a fine partita: “In Italia siamo solo bravi a fare i processi e dimenticare i momenti di gioia come questi”. Esempio di frase modaiola antigiudici, tutti i giudici compresi quelli sportivi, fatta di parole in libertà e nemmeno vigilata o di falsa coscienza. Che non tiene conto di quel che chiede almeno una parte dell’odierno popolo in festa: un calcio vincente perché vero, capace, magari fortunato, certamente non truffaldino. E l’esempio d’impegno e serietà che gli azzurri, Buffon compreso, ci stanno regalando in questa Coppa del Mondo dovrebbe arricchirsi anche del valore di dignità, la propria dignità innanzitutto per il nuovo corso delle loro carriere da proseguire in patria o all’estero.

I protagonisti del calcio giocato dovrebbero accorgersi del momento storico che vivono e non perdere un treno come fecero mesi fa per la questione doping. Potrebbero raggiungere in un’unica occasione due obiettivi: agguantare il quarto iride e, sull’onda della popolarità e delle passioni che scatena il talento pedatorio, moralizzare il loro stesso mondo. Non prestandosi a manovre oscure, incarnando la difficile ed encomiabile missione di trasformare parecchi dei loro datori di lavoro - nient’altro che raider della finanza e delle regole gli stessi che li inducono in tentazione in un Eldorado diventato prigione comportamentale - in uomini se non probi perlomeno osservanti la legge. Sarebbe il vero miracolo italiano.

Provateci signori calciatori. Rischiate di diventare Campioni del Mondo a Berlino e nella vita che verrà.