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Colpo di stato o rinascita del Messico?

Publie le giovedì 6 luglio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Elezioni-Eletti America Latina Gennaro Carotenuto

Non sappiamo ancora chi verrà proclamato vincitore delle elezioni messicane del 2 di luglio. Ma sappiamo che la macchina dello stato, la macchina dei brogli, delle manipolazioni, del clientelismo, delle pressioni e delle minacce, in appena sei anni è passata armi e bagagli dal vecchio PRI al PAN, dal partito stato, che aveva dominato per 70 anni il paese al nuovo partito liberal-colonial-conservatore del gerente della Coca-Cola, Vicente Fox.

di Gennaro Carotenuto

Gli SMS mandati da... la Vergine di Guadalupe che invitava a votare Calderón ("¿estás seguro que AMLO permitirá nuestra religión católica? Salva nuestra Patria y conserva nuestra Fe. Vota") sono solo folklore tecnologico sulla scia del nostro (ex) "presdelcons". I messaggi elettorali inseriti nella sceneggiatura delle telenovele non arrivano al livello delle ivezanicchi nostrane. Ma sono indicativi di una campagna terroristica che testimonia la paura quasi senza precedenti delle classi dirigenti -e del grande fratello del nord- di perdere il controllo del paese.

A 72 ore dalla chiusura dei seggi, nonostante Felipe Calderón, il candidato delle destre e degli Stati Uniti, si sia abbondantemente proclamato vincitore, sono ogni volta più marchiane e circostanziate le denunce di brogli, di manipolazioni, di cataste di voti per López Obrador nell’immondizia (come nel basurero di Xochiaca), in aperta campagna, nelle cunette a lato delle strade. Sono tante e tali le denunce che sembra impossibile questa volta abbassare la testa e accettare la vittoria delle destre di sempre che hanno cambiato bandiera (dal PRI al PAN) ma non metodi e non progetto, che resta antinazionale e antipopolare.

In Messico oggi in molti ripensano a una data sinistra della storia recente, quel 6 luglio 1988, quando altri brogli di massa, un vero colpo di stato tecnico, proclamarono presidente Carlos Salinas de Gortari del PRI, invece di Cuauhtémoc Cárdenas, il figlio di Lázaro, del PRD. Salinas de Gortari non poteva non diventare presidente, aveva un progetto troppo importante da realizzare, il mercato unico neoliberale con gli Stati Uniti che ha definitivamente ricolonizzato il paese e spazzato via ogni conquista della pur luminosa (oltre a molte ombre) storia del PRI.
Ma se i metodi della destra oggi sono gli stessi del 1988, e un nuovo colpo di stato tecnico pretende privare AMLO del trionfo come già fece con Cárdenas, la società messicana non è più quella del 1988.

Molti, anche autorevoli commentatori, hanno dato la colpa all’EZLN e al subcomandante Marcos per i voti che mancano ad AMLO. L’opposizione zapatista a tutte le candidature, può essere stata un errore -ed è giusto continuare a discuterne- ma in una elezione nella quale sono stati manipolati da 2.5 a 3 milioni di voti, è stata sicuramente ininfluente. Non bosogna farsi illusioni: qualunque quantità di voti avesse preso AMLO, i brogli sarebbero stati tarati per farne prendere a Calderón uno in più. Inoltre, un elementare ragionamento sulla lunga durata, mostra che il ruolo fondamentale avuto negli ultimi 12 anni nella società messicana e mondiale dallo zapatismo, ha avuto un’infuenza talmente positiva nella crescita di una coalizione di centro-sinistra con possibilità di vittoria, da dover considerare comunque Marcos un grande elettore di AMLO e mai un suo affossatore.

E comunque ci troviamo una volta di più di fronte ad un colpo di stato tecnico in Messico. Ma ci troviamo anche in un paese diversissimo da quello che per 70 anni ha votato pedissequamente il PRI e da quello che nell’88 dovette abbassare la testa e vedersi imporre Salinas de Gortari. Votavano PRI ricchi e poveri, giovani e vecchi, destra e sinistra, nord e sud. Oggi non è più così. Oggi (schematicamente) votano per il PAN ricchi e nord (dove ho già sentito questa storia?) mentre votano per il PRD centrosud e poveri, in questi ultimi anni sempre di più e sempre più sotto il tallone neoliberale.

Guardando ad un sistema parlamentare tripartito, il prossimo governo, qualunque sia il presidente eletto, dovrà contrattare con il PRI. Questo, anche se rincula, resta decisivo. I governatori del nord priista, di Coahuila, Chihuahua, Durango, Puebla, Sinaloa, Sonora e Tamaulipas sono passati armi e bagagli da Madrazo (il candidato ufficiale del PRI) a Calderón. Non sarà un bel vedere un governo di coalizione con il PRI in un paese abituato al partito unico. E anche se a governare fosse AMLO, non sarebbe facile e forse sarebbe troppo frustrante. La destra è la stessa, ma il Messico è cambiato, e se perfino la Vergine di Guadalupe manda SMS, allora la società è molto più avanti della politica. Vedremo cosa ci riserverà questa polveriera nelle prossime ore e nei prossimi sei anni.

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