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La morte afghana

Publie le sabato 30 settembre 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Guerre-Conflitti Internazionale Giuliana Sgrena

di Giuliana Sgrena

L’Afghanistan si sta irachizzando. Due soldati italiani morti in pochi giorni a Kabul, l’ultimo ieri. Kamikaze, autobombe, rapimenti, bombe sulle strade per far saltare i convogli militari, "collaborazionisti" uccisi - come Safia Hama Jan, assassinata a Kandahar. Intanto l’ultima edizione di Newsweek celebra con una copertina (diffusa in tutto il mondo, Usa esclusi) la fine dell’Afghanistan e la nascita del Jihadistan, ovvero la terra dei jihadisti (i combattenti per la "guerra santa") nelle zone tribali al confine con il Pakistan.

Dopo l’ammissione da parte dell’intelligence Usa che la guerra in Iraq ha alimentato il terrorismo, ora tocca all’Afghanistan. Un altro fallimento finalmente ammesso. Ma gli Usa ne erano già coscienti quando hanno ceduto il comando di Enduring freedom (la guerra al terrorismo) alla Nato. Quella distinzione che aveva separato l’Isaf dalle truppe sotto comando Usa non esiste più. Taleban e jihadisti si sono subito adeguati estendendo il loro raggio di azione. I soldati britannici si sono schierati nella zona di Helmand dove furono decimati nelle guerre dell’800. Ma gli italiani non rischiano di meno.

La situazione è ulteriormente peggiorata rispetto a due mesi fa quando è stata rifinanziata la missione: la decisione del ritiro non può più essere rinviata. Chi si oppone al ritiro afferma che non possiamo abbandonare il paese in questa situazione. Ma questa situazione l’abbiamo creata noi. Con i signori della guerra che imperversano e fanno affari con l’eroina. Senza che sia stata avviata la ricostruzione perché la maggior parte dei finanziamenti sono finiti ad alimentare la corruzione del governo di Kabul. Gli Usa avevano detto ipocritamente che andavano a liberare le afghane dal burqa: ma le donne continuano a essere assassinate ed è rinato il Ministero per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù. Si dice che i taleban sono alle porte di Kabul, ignorando che sono al governo, con il beneplacito di Bush. Grazie anche alle elezioni, che per gli Usa sono il toccasana. Ma a fare la voce del padrone erano già un anno fa i signori della guerra, responsabili dei peggiori massacri. Chi li ha denunciati non ha avuto ascolto.

Questa è la democrazia made in Usa che dovrebbe sconfiggere il terrorismo? L’Italia nella ricostruzione dell’Afghanistan era incaricata del settore della giustizia e oltre a formare giudici, che potranno applicare la pena di morte e la sharia, ha ricostruito il carcere che dovrebbe diventare la nuova Guantanamo.

In questa situazione non è facile trovare soluzioni. Anche se alcune strade erano state individuate, come la legalizzazione della produzione dell’oppio e il parallelo finanziamento di coltivazioni alternative. Senza la droga (l’Afghanistan ne è il primo produttore mondiale) i signori della guerra non avrebbero i soldi per pagare le loro milizie e se i giovani che ne fanno parte avessero delle alternative il disarmo sarebbe percorribile. Ma per avviare un nuovo percorso occorre una rottura netta, che può avvenire solo con il ritiro di tutte le truppe. Il nostro governo che ci aveva illuso di voler riprendere l’iniziativa in politica estera con il ritiro dall’Iraq, ieri ci ha tolto ogni speranza. Accogliendo l’ordine del giorno della destra che «apprezza lo spirito umanitario e di pace di tutte le missioni internazionali», D’Alema è tornato quello della guerra umanitaria in Kosovo. Ci ripensi prima che sia troppo tardi.

Il manifesto 27/9/2006

Messaggi

  • Fino a quando non saranno buttati via i dirigenti della "sinistra", che hanno rinnegato se stessi, la loro causa, i diritti dei lavoratori, l’unità della sinistra, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e, assunto il nome equivoco di riformisti, sostengono che non solo il comunismo e il socialismo ma addirittura la socialdemocrazia non esiste più, l’Italia continuerà a svolgere il ruolo di serva sciocca degli Stati Uniti.
    La colpa è del popolo che non capisce un tubo e non ha il coraggio di cacciare via questi quattro rinnegati.

  • dubbi sulla missione volete ancora il ripetersi di queste scene?

    27 set 2006 - 18.07
    Oltre a Diano Marina altri 6 comuni si uniranno al lutto per Giorgio Langella
    Gli altri sei Comuni del comprensorio dianese - Cervo, San Bartolomeo, Diano San Pietro, Diano Castello, Diano Arentino e Villa Faraldi - hanno deciso di unirsi a quello di Diano Marina, proclamando una giornata di lutto cittadino per venerdì prossimo, in memoria di Giorgio Langella, il caporalmaggiore capo del 2/o Reggimento Alpini di Cuneo, morto ieri a Kabul, in Afghanistan, in un attentato terroristico. Il militare, che avrebbe dovuto rientrare dalla missione di pace all’estero a novembre, era nato a Imperia, ma fino all’anno scorso viveva a Diano Marina con la famiglia. Soltanto dal settembre del 2005 si era trasferito a Boves, in provincia di Cuneo, dopo il matrimono con Francesca. "Saranno chiudi gli uffici pubblici e le scuole - ha spiegato il sindaco Angelo Basso - e le bandiere saranno a mezzastà. Basso ha anche annunciato per lunedì prossimo, alle 18.30, presso la parrocchia di Sant’Antonio Abate, a Diano Marina, una messa con cerimonia, a cui parteciperanno le maggiori autorità civili e religiose della Provincia.
    "Non essendo possibile ripetere i funerali a Diano Marina, dopo le esequie di Stato in programma per venerdì prossimo a Cuneo, in quanto la moglie ha chiesto di tumulare la salma a Boves - ha aggiunto il primo cittadino - abbiamo, comunque, voluto dedicare una cerimonia ai genitori e alla sorella di Giorgio che oggi vivono nel dolore per la perdita di un figlio e di un fratello e a tutta la cittadinanza che tanto stimava questo valido e promettente giovane".
    Redazione Radio Amicizia
    Fonte: Ansa

    BY GUIDO ARCI CAMALLI Arci guernica arci peppino inmpastato arci cervo arci bologna arci fuori orario arci bergamo arci ceriana