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Attilio era un compagno

Publie le mercoledì 29 novembre 2006 par Open-Publishing
23 commenti

Dazibao Storia

Attilio era un compagno



La petizione e’ in fondo dopo i commenti...

Qualche giorno fa, nel corso di un convegno internazionale sulla gestione dell’acqua, abbiamo saputo da Costantino Faillace, 81 anni, idrogeologo, che ha dedicato e dedica la sua vita a portare acqua a quella parte dell’umanità che ne è privata, che suo fratello Attilio era morto nel giugno di quest’anno.

Attilio era un compagno: lo avevamo conosciuto nella seconda metà degli anni sessanta, quando forze giovani, di origine diversa, tentavano di mettere in discussione la sinistra storica e la sua interpretazione del comunismo.

Siamo stati fianco a fianco nelle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, fino alla sconfitta americana del 1975.

Dal 1967 abbiamo partecipato con lui alla lotta nell’università, per la sua democratizzazione, perché gli studenti acquisissero un sapere che servisse ad unirli alle masse popolari e non a separarsene per diventare “liberi professionisti”.

Eravamo con lui quando si è operata la saldatura fra il movimento studentesco ed il movimento sindacale, nell’autunno caldo, ovunque ci si opponeva alla reazione, interna ed internazionale, che, prima e dopo Piazza Fontana, insanguinava l’Italia.

A metà degli anni ’70 le nostre strade, non il nostro obiettivo di libertà e di giustizia, si sono divise.

Noi compagni senza partito ed anche alcuni iscritti al vecchio partito comunista, critici con la sinistra storica e dubbiosi rispetto a facili approdi in una delle formazioni della nuova sinistra, abbiamo proseguito la nostra battaglia politica nei sindacati, nei collettivi, nelle case del popolo, nei comitati di quartiere. Attilio no.

Lui ha continuato ad evolvere in quel movimento che prese poi il nome di movimento del ‘77 e si concluse a Bologna con la morte di Francesco Lorusso e l’assalto della polizia a radio Alice.

Nel 1980 abbiamo saputo del suo arresto e della sua appartenenza a Prima Linea. Attilio ha avuto il massimo della pena, 12 anni, per partecipazione a banda armata. Non si è pentito, non si è dissociato, non ha denunciato nessuno.

Non era un violento: era piccolo e magro ma diventava grande e grosso come un leone quando si trattava di affrontare i fascisti, di difendere un compagno. Non ha ucciso né ferito nessuno. Ha pagato il suo debito da solo e dopo dieci anni di carceri speciali la sua ragione ha vacillato.

“Uomini si nasce, briganti si muore” dice una vecchia canzone popolare del Sud. Attilio si sentiva uomo del Sud e apparteneva a quella storia. Vedeva nei briganti gli interpreti di una lotta disperata delle masse meridionali per non cadere dalla padella del latifondismo feudale nella brace della borghesia italiana.
Non abbiamo dimenticato Attilio e non lo dimenticheremo.

Firenze, novembre 2006

Tutti i compagni che vogliono sottoscrivere con noi il nostro ricordo di Attilio o vogliono inviare il loro ricordi personali possono inviarli al sito

http://bellaciao.org/it/article.php3?id_article=15467

Messaggi

  • Ricordo del mio migliore amico : Attilio Faillace

    di Giustiniano Rossi

    Gli inizi

    Fra la fine del 1966 e l’inizio del 1967 sono approdato, come tanti altri della mia generazione, al movimento studentesco. Ero all’università da cinque anni, ma i miei studi non progredivano granché.

    Nel 1963 - avevo 20 anni - avevo lasciato la mia Calabria per Firenze, dove mi ero iscritto al secondo anno della facoltà Scienze matematiche, fisiche e naturali, corso di laurea in Chimica. Dopo la maturità, avevo cominciato a passare i mesi estivi in Germania : lavoravo in fabbrica ed imparavo, fra l’altro, il tedesco.

    Nei primi quattro anni di vita fiorentina frequentavo quasi esclusivamente studenti fuori sede, meridionali come me : la città - era quella borghese, ma io non lo sapevo - mi appariva chiusa e riservata, se non ostile, ed avevo un solo amico che, se non proprio fiorentino, era toscano, della provincia di Arezzo.

    Sul finire del 1966 - nel frattempo mi ero sposato, in Germania, a Firenze c’era stata l’alluvione ed ero passato da Chimica a Biologia - partecipavo ad un’assemblea alla Facoltà di Matematica : si parlava della Riforma dell’università, voluta dal Ministro della Pubblica Istruzione Gui, meglio nota come Legge 2314.

    Scoprii allora che esisteva un’altra università, popolata di studenti che, oltre ad occuparsi dei loro esami, si occupavano anche di quelli di tutti gli altri.

    Dopo poche settimane, ai primi di marzo del 1967 - nel frattempo nasceva la mia prima figlia - ero ad un’assemblea degli studenti di Biologia, nell’aula di Mineralogia di Via Lamarmora. L’assemblea fu trasformata in occupazione : era la mia prima esperienza del genere.

    Io, che avevo per tutto bagaglio politico il mio entusiasmo e la mia giovane età, mi trovai in mezzo ad un gruppo di giovani e giovanissimi che aveva ben altre idee, ben altre esperienze.

    Discutevano della riforma dell’università nel quadro della riforma della scuola e, soprattutto, nel quadro della società italiana, una società che, malgrado i miei 23 anni di cui 20 trascorsi in un posto decisamente istruttivo come la Calabria, mi rendevo conto di non conoscere che molto superficialmente.

    leggere il seguito qui: http://bellaciao.org/it/article.php3?id_article=15481

  • Grazie per la bella lettera al Manifesto che con poche parole rende giustizia a quegli anni che inique riletture stanno cercando di travisare.

    E grazie per il ricordo di Attilio Faillace di cui avevo perso notizia negli anni, ma non la memoria.

    Giuliana

    • Ogni comunista, quando abbandona questa vita, lascia un segno nel tempo e nella storia.
      Grazie di non aver dimenticato chi ha combattuto al fianco del proletariato.
      Antonio

    • Attilio è morto! Lo ricordano con molto amore soprattutto i poliziotti che con il loro umile lavoro hanno tentato di ridare un po’ di dignità e ordine a questo paese. Quei poliziotti che provenivano dai ceti più umili e che si trovarono a dover fronteggiare gli attacchi di coloro che si definivano proletari: figli di papà a cui certamente non serviva andare a lavorare per portare a casa un misero pezzo di pane. Mi domando: allora chi furono i veri eroi di quegli anni così bui? Spero che abbiate l’onestà intellettuale di pubblicare questo articolo, anche perchè queste cose non me le sono certo inventate, andate a rileggervi un certo Pasolini, il Vostro Pasolini. Cordiali saluti, un italiano

    • Caro italiano - e io cosa sarei ? - sei solo capace di inanellare sterotipi fascistoidi .... qui nessuno ha minimamente condiviso - bastava leggere gli interventi - certe scelte di Attilio che comunque non ha mai ammazzato nessuno .... e che era d’origine contadina, quindi quanto di più lontano dal tuo stereotipo ......semplicemente si è voluto ricordare, da parte di molti, un vecchio amico e compagno di lotte di massa - cioè prima delle sue scelte lottarmatiste - morto in totale solitudine, tanto è vero che della sua fine si è saputo con notevole ritardo ....

      E basta poi co ’sta cazzata della poesia di Pasolini su Valle Giulia, ma l’avete mai letta tutta, lo sapete come significativamente si intitolava ? O più probabilmente avete letto solo la frasetta che ogni tanto mandano al Tg5 ?

      Certo, a Valle Giulia nel 1968 c’erano soprattutto giovani di estrazione piccolo e medio borghese -allora era quella l’estrazione sociale degli studenti universitari, i figli degli operai al massimo facevano i geometri o i ragionieri - e quel giorno a fare a botte con la polizia c’era ( ormai è provato) persino una nutrita rappresentanza di studenti fascisti ......

      Ma è grazie a quel movimento che un anno dopo in tutta Italia sono esplose le lotte nelle fabbriche, che si è ottenuto lo Statuto dei lavoratori ed altre significative riforme di cui ancora, sia pure sempre meno, tutti quanti, te compreso e compresi i poliziotti, continuiamo a godere ancora oggi ....

      E comunque tutto questo c’entra ben poco con le lotte della seconda metà segli anni settanta, lì di "figli di papà" nelle piazze ne vedevi ben pochi, era tutto un altro ceto a muoversi ..... e i gruppi armati, coi quali pure io personalmente ho sempre avuto un dissenso totale, erano in larghissima parte formati e diretti da operai e lavoratori in genere ....e non certo da presunti "figli di papà" .......

      Persino oggi - lo dimostrano gli arresti dello scorso febbraio in varie città del nord - gli ultimi presunti epigoni del lottarmatismo in Italia sono tutti operai di fabbrica ....

      Quindi basta con cazzate e stereotipi !

      K.

    • Appunto...basta cazzate e stereotipi...ma dovunque e comunque!Io non ti conosco, come tu non conosci me, ma è impensabile e inaccettabile etichettarsi in qualcosa, qualunque essa sia, e odiare il tuo ( presunto ) contrario ... chi sei, quanto vali e cosa fai nella tua vita lo sa molto bene chi ha a che fare con te ogni giorno e chi ti è vicino oggi, come domani, come ieri.Conosco persone meravigliose che si definiscono, alternativamente: comunisti, atei, salesiani, islamici, cattolici, ecc. Attilio era una persona unica e meravigliosa, io ne ho conosciuta una parte limitata, ma indimenticabile ...

  • Ho letto ieri l’altro sul "Manifesto" la lettera in ricordo di Attilio Faillace.

    Mi sono commossa, ma ho lasciato passare due giorni. Adesso, volendo scrivere un breve ricordo, sono andata al vostro indirizzo, e ho letto la lettera di un altro vecchio amico, Giustiniano Rossi.

    Sono passati tanti anni, ma forse è anche per aver vissuto quelli, allora, con dolore, che mi ritrovo con una memoria così frammentata, così piena di ombre. Di Attilio, delle nostre lunghe frequentazioni solo qualche sprazzo, e la consapevolezza della sua vivacità, della sua intelligenza, di qualche dialogo di sorprendente sensibilità, malgrado, lo so, tante cose ci dividessero.

    Come tanti altri, non sapevo più niente di lui da tanto tempo. Che cosa ho pensato subito, dopo aver letto l’articolo?

    Tristi cose. Noi siamo vivi, e abbiamo una vita normale. Salvo quando, per esempio, sentiamo alla televisione le dichiarazioni di Marco Cellai, che dice di aver organizzato lui "gli angeli del fango", e noi restiamo sbalorditi, e non siamo capaci di dire - né di fare - niente.

    Un abbraccio fraterno a tutti quelli che si ricordano di me

    Rossana

  • Certo, non solo era un compagno, ma ci teneva tanto ad esserlo fino ad arrivare a vivere la sua lotta, la sua umanità in carcere per troppi anni.
    Io l’ho conosciuto proprio in carcere, in quello speciale di Cuneo.
    Abbiamo vissuto un lungo periodo, insieme ad altri compagni che erano stati arrestati proprio per aver voluto essere compagni e lottare per cambiare questa società.
    Sono stati anni bellisimi e duri, nel carecre non sono stati teneri con noi tutti, ma abbiamo sempre resistito e vissuto con l’orgofglio delle scelte e Attilio lo ha fatto con il suo modo di essere, che nel comunicato avete ben descritto.
    In questi ultimi anni sono parecchi i compagni che ci hanno lasciato, ma resteranno sempre nei nostri cuori, riconoscenti per il loro esempio e per tutto quello che ci hanno saputo insegnare.
    Ad Attilio, ai suoi familiari, ai suoi amici, un pensiero carico di affetto.... e che la terra gli sia leggera.

    Francesco Giordano

  • Mi rivolgo a tutti i compagni riuniti nel ricordo di Attilio.

    Ho saputo da poco della sua scomparsa e devo dire che questa notizia così dolorosa rompe un’incertezza che mi ha tormentato durante tutti questi anni. Nessuno mi ha mai saputo dire nulla su di lui. Calcolavo che dovesse avere lasciato la prigione da tempo tempo, ma sembrava svanito nel nulla. Nelle parole di Giustiniano, che qualche tempo fa avevo rivisto dopo anni a casa di un’amica comune, ritrovo la stessa angoscia che avevo provato una volta conosciute le sue scelte, anche perché gli ultimi contatti con lui, nell’ambito della CGIL Scuola, facevano supporre un percorso del tutto diverso.

    In questo momento di dolore, leggere i vostri nomi sul Manifesto mi è stato comunque di conforto. In questi anni di disgregazione e di distruzione di tante speranze, è bello constatare che non tutti hanno scelto l’indifferenza o addirittura il passaggio al nemico e che esiste una lealtà di fondo, pur nelle strade diverse, verso le scelte che hanno segnato la nostra vita, così come verso le amicizie maturate in momenti cruciali.

    Mi domando se non sia il caso di pensare a un momento comune di ricordo del nostro compagno, che non sia una semplice commemorazione, ma ci porti a ripensare collettivamente a un’esperienza piena di errori, ma anche di ideali che non possono morire.

    Un abbraccio a tutti i compagni

    Antonio Melis

  • Con il permesso degli interessati, pubblico, quale documento esemplare dell’umanità di Attilio, l’introduzione ad un libro sulle caratteristiche paesaggistiche e culturali di S. Lorenzo Bellizzi (autori: Francesco Carlomagno, Costantino Fallace e Leonardo Larocca), paese inserito nel Parco del monte Pollino e paese natale di Attilio.

    Mi è caro dedicare a mio fratello Attilio Faillace, recentemente scomparso, il mio
    contributo a questa guida. Attilio, professore di Scienze Naturali nelle scuole medie
    superiori della Toscana, si trovò coinvolto nei moti giovanili, rivoluzionari degli anni
    settanta e passò ben undici anni in carcere. Ne uscì molto provato mentalmente e
    fisicamente. Volle ritornare a San Lorenzo, nel paese natio, ove stette per circa
    quindici anni fino a che nel giugno scorso fu trovato morto sul suo letto all’età’ di 66
    anni. Attilio amava profondamente San Lorenzo e tutto il territorio circostante,
    percorrendolo, spesso solitario, ed intrattenendosi a volta con i pochi agricoltori.
    Questo suo amore ed attaccamento quasi ancestrale al territorio della madre, lo
    manifesta magnificamente in una lettera che scrisse il 12 marzo del 1984 dal carcere
    di Cuneo ed inviata a Domenico Cerchiara, allora Sindaco di San Lorenzo.
    Ecco la lettera, cortesemente consegnatami di recente dall’amico Domenico, coetaneo
    e compagno d’infanzia di Attilio, e che lui conservò amorevolmente per oltre 22 anni:

    "Caro Domenico, dopo 11 anni di esilio dalla vita sono giunti a me gli echi di un
    territorio, di una terra unica nata dal mare che cerco ancora: il territorio della
    madre, presente in tutti i desideri inconsci.
    La rugiada del tempo non ha scalfito l’onda lunga che mi incatena ad una sorgente,
    al richiamo di un torrente che si insinua fra rocce appuntite, baratri e vortici, libera
    alfine di ascoltare pianure silenziose(*)
    L’inquietudine, l’irrequietezza di ieri mi ha spinto lontano al movimento della lotta,
    al superamento dei limiti delle norme. Ma ricordo spighe mietute in silenzio, volti
    intrisi, di polvere di grano, meriggi assolati fra le stoppie. Ricordo le carezze,
    ricercate, delle nostre donne, gli ulivi spogliati, l’erba dei campi, la cresta di una
    montagna con ipendii sdrucciolevoli: il sentiero della vita.
    lo continuerò ad andare incontro ai bambini che eravamo con i piedi nudi fra le
    pietre miste a chiodi, dopo lapioggia, con i cieli stellati nel cuore.
    Sono grato a quanti non mi hanno dimenticato, a te che hai avuto il coraggio di
    restare ed a cui mi legano profondi ricordi d’infanzia. Un saluto affettuo o a tutti, a
    te un abbraccio con la speranza di risentirei epoi rivederci, Attilio"
    (*) Si riferiscealle Goledel Raganelloed alle sueTimpe..

    Paolo

  • Conoscevo Attilio da sempre: siamo nati nello stesso paese, nello stesso anno. Abbiamo avuto molte cose in comune.
    Anche se per strade diverse, dopo le elementari, stessa sorte: lui in collegio dai Domenicani ad Arezzo, io in collegio dai Francescani per poter acquisire un’ istruzione a basso costo: le nostre situazioni economiche familiari non potevamo permetterci un regolare, costoso percorso scolastico: nei collegi religiosi si pagava anche sulla base delle possibilità economiche delle famiglie. Le nostre famiglie vantavano entrambe nove figli.

    Attilio abbandonò il suo collegio quando faceva la terza ginnasiale e ritornò a casa con la costernazione della famiglia che non aveva i mezzi per fargli continuare gli studi. Il fratello Costantino, già laureato ed a quel tempo impiegato (1954) come geologo ricercatore, lo portò con se nella zona del catanzarese ove lavorava. Un insegnante locale s’incaricò di prepararlo per fargli fare gli esami della terza ginnasiale presso il Collegio San Nicola di Lagonegro, ove era appena arrivato anche suo fratello Raffaele. Successivamente continuò gli studi a Palermo ove Costantino era stato trasferito. A Palermo frequentò l’istituto tecnico per alcuni anni e poi si diplomò come perito tecnico industriale a Bologna.

    Io abbandonai il collegio l’anno successivo, nel 1955: entrambi avemmo a che fare con il Collegio San Nicola di Lagonegro, con il fratello Raffaele passammo qualche anno insieme in questo collegio, al tempo rifugio di tanti studenti con scarse possibilità economiche.

    Entrambi abbandonammo presto il nostro paese: ognuno per un percorso diverso, comunque parallelo.

    Dopo un’esperienza lavorativa a Bologna, dopo aver conseguito il diploma, si trasferì a Firenze ove frequentò l’università. Erano gli anni sessanta, Attilio era molto impegnato politicamente.
    Erano i tempi della guerra del Vietnam combattuta per 11 lunghi anni tra il 64 ed il 75, dell’invasione della Cecoslovacchia, della rivoluzione culturale, della riforma della Scuola, delle occupazioni delle aule universitarie dove si passavano le nottate dormendo nei sacchi a pelo, di scontri violenti fra gruppi di opposte formazioni politiche.

    La politica dominava nelle scuole, nelle fabbriche, dovunque.

    In quel periodo era a Firenze, per il servizio militare, anche Domenico Cerchiara, poeta sanlorenzano, nostro coetaneo, indipendente di sinistra, successivamente Sindaco di San Lorenzo Bellizzi. Con Attilio condividevano gli stessi ideali, erano legati da profonda amicizia. Voglio riportare una sua poesia composta nel 1966, a Firenze.

    Profanammo il Tempio
    e fummo maledetti!
    ............................................
    Dall’alto dell’ingordo scanno
    i manichini lustrinati ridono
    di noi perché non sentiamo
    le patrie fortune:
    Ridon di noi e ci sputano addosso.
    Ci chiaman vigliacchi
    perché saremmo "modesti conigli"
    e loro superbi leoni.
    Ci chiamano vili e fanno schiamazzo,
    ma noi alziamo il vessillo
    dell’ansia del mondo.
    Ci chiamano vili
    perché non siamo ammazza-fratelli;
    ci chiamano vili
    perché non andiamo per le strade del mondo
    a seminare morte e rovine;
    ci chiamano vili
    perché passiamo i giorni nel buio
    delle loro celle.....
    Siamo in pochi su questa sponda
    e molti si associano al
    perfido scherno.
    Di me ridete pure, fratelli calpestati:
    all’ultima ora ho rinunciato
    a calpestare celle buie e puzzolenti.
    Ho rinunciato forse per stanchezza
    e già mi sento carta straccia,
    F I N A L M E N T E !
    (1/11/1966)

    Io mi ero trasferito a Milano, abitavo in Via Vittoria Colonna in pensione presso unafamiglia toscana che gestiva un ristorante, spesso facevo loro da interprete quando capitavano stranieri nel ristorante.

    Con Attilio capitava di vederci soltanto in Agosto quando entrambi ritornavamo a San Lorenzo a rivedere le nostre famiglie. Subito ci informavamo reciprocamente sui nostri arrivi.

    Ricordo che un anno, dopo qualche ora dal mio arrivo, vedo entrare Attilio a salutarmi. Lui era arrivato qualche giorno prima. Proprio in Via Vittoria Colonna a Milano, una sera incontrai Attilio! Ospite per qualche giorno presso due amiche che abitavano nella stessa via. Incontrarsi a Milano, come inogni grande città, non è facile. Ma la sorte può sempre riservare belle sorprese.

    Una di queste amiche frequentava l’Università Bocconi, anch’io all’epoca ero iscritto alla Bocconi, capitava di fare lo stesso percorso, spesso ci si incontrava nel pullman. Successivamente io dovetti cambiare Università perché gli impegni di lavoro mi impedivano la frequenza diurna delle lezioni, cosicché dovetti optare per una Università con corsi serali.

    Ricordo che nel 70 incontrai Attilio a San Lorenzo, passammo qualche tempo nel bar, ora non più esistente, nella piazzetta all’entrata del paese. Mi ha parlato della sua militanza politica, mi disse che aveva in mente di organizzare l’occupazione del cementificio di Frascineto, poi mi presentò un amico venuto con lui da Firenze con la moglie e la figlioletta.

    Non avrei mai pensato che dopo oltre 30 anni mi sarei ritrovato a leggere un bellissimoarticolo scritto da questo suo amico nel Novembre del 2006 e pubblicato sul sito web www.Bellaciao.org

    L’articolo ha un titolo molto significativo:
    Ricordo del mio migliore amico: Attilio Faillace.

    Questo suo amico tale è rimasto sebbene non si siano più visti da trent’anni. Ora so che questo suo amico - che Attilio mi presentò a San Lorenzo - si chiama Giustiniano Rossi.

    Il ricordo di Attilio portato sempre nell’animo dai suoi amici fiorentini e non, a dispetto del tempo edace che tutto consuma, è tornato vivo in occasione di una conferenza sulla gestione dell’acqua tenuta a Pisa dal fratello geologo Costantino che tanta presa ebbe su alcuni giovani, amici dei vecchi amici di Attilio.
    Gli anni 60 e 70 sono tornati a vivere nel presente cosi bene descritti dal più caro amico di Attilio: Giustiniano Rossi.

    A metà degli anni 70 incontrai di nuovo Attilio a Milano a fine anno scolastico: era commissario d’esame presso un Istituto della città.
    Correva l’anno 1980. A mezzogiorno era mia consuetudine incontrare i soliti amici, nella solita trattoria per il pranzo insieme. Era mia consuetudine comprare il Corriere d’Informazione. Ma che sorpresa: a piena pagina c’era la notizia dell’arresto di Attilio Faillace militante di spicco di Prima Linea nel gruppo di Susanna Ronconi. Seppi poi che venne condannato a 12 anni di carcere speciale.

    Dopo la sua uscita dal carcere Attilio tornò e visse sempre a San Lorenzo Bellizzi, suo e mio paese natale.
    Ci siamo incontrati spesso ad Agosto: la solita reticenza a parlare della sua vita tanto travagliata e movimentata, di tanti personaggi noti che aveva conosciuto e con cui aveva condiviso parte della sua vita, di tanti avvenimenti ormai sgravati dal tempo e consegnati alla storia. Certamente anche lui fa parte della storia sociale degli anni 60 e 70.

    Ricordo anche di una breve conversazione carica di affetto avuta con lui una sera, in una cantinetta presso la sua abitazione a San Lorenzo. Un comune amico ci aveva offerto un bicchiere di vino. Di Attilio ricordo lo sguardo parlante, gli occhi vivaci.

    Nel 2006 un gruppo di giovani, organizzato dal chitarrista-cantante Pino Santagata, ha voluto tributargli un commovente ricordo. Una serata di musica con canzoni di Fabrizio de Andre’, di poesie, di letture. Erano presenti anche i suoi fratelli Costantino e Raffaele, la poetessa Antonia Tursi, il suo amico Domenico Cerchiara.

    Ora Attilio non c’è più, ci ha lasciato nel giugno del 2006.

    Ha portato con se tanta storia e tanti segreti, ha lasciato tanti amici, amici di tante battaglie che continuano a non dimenticarlo.
    Riposa nel piccolo paese dove era nato, nella pace solenne del cimitero ombreggiato da stanche querce, di fronte alle maestose montagne del Pollino, al mormorio del Raganello che continua a dare solennità alla pace ed al silenzio di questo luogo, al sonno eterno di chi ha abbandonato questo mondo.

    Questi ricordi sono frammenti di vita legati alla mia esistenza, ricordi che si allontanano sempre più a rammentarmi che il tempo continua a scorrere inesorabilmente e che noi tutti siamo pellegrini verso l’eterno, ognuno con la sua storia ed il suo travaglio, come Attilio.

    Quintino Palazzo

  • Premetto. La memoria mi gioca degli scherzi e tendo a confondere, andando a ritroso nel tempo, i fatti, la loro esatta concatenazione nel tempo e le date. So che non sono il solo ed è uno dei difetti delle fonti orali. Non garantisco quindi l’esattezza del ricordo.Detto questo. Ho conosciuto Attilio Faillace tra il 1968 e il 1969. Il suo barbone nero, i capelli ricci e corvini, il fisico asciutto e nervoso mi ricordavano un po’ il negus. Insomma era inconfondibile, pur in mezzo alle tante barbe della sua generazione! Lo avevo già intravisto o sentito parlare nei capannelli alla mensa di S. Apollonia, dove io ragazzino imberbe e studente medio di quinta ginnasio, andavo a sentir parlare di rivoluzione, di Hochimin e di Mao Tse-tung (allora si scriveva così). Mi pare di ricordare che Attilio, che poi divenne marxista-leninista, aveva avuto qualche simpatia posadista… Attilio era diventato un “mito” perché, dopo gli scontri alla stazione, al termine del corteo per le pensioni, i poliziotti erano andati a prenderlo a casa armati (a quei tempi la cosa faceva impressione). “Sono andati a prenderlo come fosse un delinquente!” dicevamo, combattuti tra lo sdegno e la conferma che allora i rivoluzionari erano per davvero pericolosi per il sistema. Per inciso in piazza era stato arrestato perlomeno un altro compagno, anche lui del Sud, operaio autodidatta, che avrei ritrovato molti anni dopo nel sindacato e che considero uno dei compagni più bravi con cui ho lavorato.
    Per farla breve. Quando mio fratello Paolo, che era studente di Scienze e che è il primo compagno che ho conosciuto, il mio modello da adolescente e che considero quello da cui ho imparato di più sul comunismo, si convinse che il suo fratellino rompicoglioni e tutto casa e chiesa era per davvero diventato un compagno, cominciò a farmi conoscere i compagni. Fu così che in un appartamento di Piazza santa croce (che adesso è un posto per ricchi, ma allora dopo l’alluvione era buono per stipare in appartamenti i fuori sede, conobbi Attilio Faillace di persona. Attilio veniva anche a casa nostra a trovare Paolo. Di Attilio posso dire questo, ma su di lui dovrebbe scrivere Paolo che lo ha frequentato per davvero: mio padre, che era un democristiano tutto d’un pezzo, della sinistra di base, aveva stima e rispetto per Attilio, per questo meridionale generoso, intelligente, di grande umanità e profondamente radicato nelle sue idee rivoluzionarie. E mio padre di rado sbagliava giudizio sulle persone. E ancora questo: che perfino mia nonna Rita, che temeva i comunisti come il diavolo (cioè li temeva per davvero!) aveva un debole.
    Cose più serie potranno scrivere altri. Io voglio aggiungere solo questo: sì era proprio un compagno.

    Andrea Montagni

  • La mia vita politica e quella di Attilio si sono incontrate, con una militanza in comune per alcuni anni, tra la seconda metà degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’70.
    Attilio è parte integrante della politica di quegli anni a Firenze.
    Però anche altre cose ricordo.

    Ricordo, in via dei Serragli, il sorrisetto divertito di Attilio mentre si strofina con la mano destra la barba ricciuta ed il mento, dopo averci fatto assaggiare quei “pomodorini” sott’olio portati da S. Lorenzo Bellizzi.

    Ricordo una musichetta in sottofondo e poi, in una stanza, Attilio addormentato, nudo, steso sul letto, con l’uccello ritto in mano ed un sorriso beato sul viso.

    Ricordo il rispetto e l’affetto verso Attilio e la sua vita vissuta da parte di mio padre e mia madre (democristiani) quando, negli anni ’70, veniva a pranzo in casa mia ed il soprannome affettuoso che gli aveva appioppato la nonna: i’ Negus.

    Ricordo una riunione politica tesa, come usava a quei tempi, a casa di Beppe e Donatella. C’erano anche Atilio, il Pio, Aldo e Giustiniano. A mezzanotte la riunione finì poiché iniziava la partita Italia Germania allo stadio Azteca di Città del Messico. Il calcio interessava solo a Beppe e Donatella, già tifosi della Fiorentina. Ricordo Attilio ed Aldo schizzare dalla poltrona, assieme agli altri, al goal di Rivera.

    Ricordo il malcelato rispetto dell’attuale questore di Firenze al quale io e mio fratello chiedevamo notizie di Attilio. Lui che l’aveva arrestato: ci ha detto – sono un brigante calabrese, da me non avrete nient’altro che il nome e cognome – sto’ stronzo, poteva almeno dissociarsi ed evitare un bel po’ della galera che sta facendo, gli altri sono tutti fuori, lui e la sua coerenza, no.

    Paolo Montagni

  • Ho conosciuto mio zio solo dopo l’esperienza del carcere, è quindi evidente che non fosse la stessa persona che hanno conosciuto tutti coloro che hanno lasciato un commento su questo sito, ho sentito molte cose su di lui e sulle sue imprese negli anni di piombo; essendo nato nel 1981 ovviamente non ho memoria di quei fatti che non appartengono alla mia generazione molto più incline ai divertimenti che alle contestazioni; non sono quello che voi definireste un "compagno" ma Attilio era mio zio, e io gli volevo bene. E’ bello vedere che c’è tanta gente che lo ricorda con affetto e che dice di avere imparato qualcosa da lui; io da lui ho imparato all’età di 10 anni che in una partita di pallone è il pallone il vero protagonista, perchè se c’è ci si diverte, se non c’è non ci si diverte.
    Non ho mai discusso con lui di politica e non ho rimpianti a questo proposito, nei discorsi tra noi è stato fatto molte più volte il nome Pink Floyd piuttosto che Partito Comunista, ed è sicuramente giusto così visto che non abbiamo combattuto battaglie insieme, il ricordo che ho di mio zio è sicuramente diverso da quello che potete avere voi, suoi compagni di lotta politica e di ragazzate di cui mi è giunta voce dai ricordi di mio padre e di amici di famiglia, quello che ci accomuna forse è proprio il profondo rispetto per una persona sicuramente fuori dal comune e capace di aprire prospettive nuove per chiunque lo stesse ad ascoltare.
    Vi ringrazio per i vostri ricordi perchè mi aiuteranno sicuramente a conoscere meglio una persona che le circostanze storiche di questo strano paese mi hanno impedito di conoscere come avrei voluto.

    Giulio Faillace

  • ricordo con grande affetto la sua persona ... era un genio ma era anche una persona debole di carattere . nella fine degli anni settanta ha provato l’esperienza terrificante che gli costerà la cosa che lui amava di piu ,la ragione . io lo conobbi un giorno d’estate faceva caldo e mio padre mi strinse per la mano e mi disse ’ oggi incontreremo lo zio ’ ; io ero molto entusiasta anche perchè ho avuto (ed ho ancora) la bellissima esperianza di tutti gli altri fratelli di mio padre. Camminando a passo svelto e voglioso di incontrare lo zio mio padre trasformo il mio entusiasmo in una leggera paura con un frase ’sta attento’. attento a cosa? non poteva succedermi niente in quella strada non c’erano macchine attento a chi?... rallentai il passo in mezzo a quelle casette fino ad arrivare a quella porta scrostata e rovinata dal tempo. mi padre busso e con una frase calabrese con delle cadenze miste tra l’arabo e lo spagnolo disse ’ Attilio sono tuo fratello Raffaele’ . Non ripose nessuno , Babbo scuotendo un po la testa apri la porta e chiamò lo zio ’ Attì’ e si incamminò verso di lui e mi fece cenno di seguirlo. Zampettai quei tre gradoni e arrivai nella cucina , non guarda bene la stanza e mi incamminai subito verso la porta e mi fermai poco prima dell’uscio. Uno sgradevole odore di Alfa rosse pervadeva la stanza ed un uomo era seduto su una vecchia seggiola sgangherata era seduto proprio al centro . ’Attilio c’è Marco’ disse mio padre appoggiando la sua mano sulla spalla dello zio. Lo zio si girò e lo abbracciai mi sorrise ... gli brillavano gli occhi poi si volto verso mio padre dicendo ’Un po piu bellino non lo potevi fare ?’ ridemmo e parlammo per ore di cose che non avevano senso. Bhe questo è il ricordo piu bello che ho di mio zio certo , non è il massimo lo so ... mi zio era un uomo che mi dava molta energia e felicità ogni volta che ero con lui , ma molta tristezza guardo il bagliore dei suoi occhi si affievoliva lentamente. immagino che molte persone che hanno conosciuto lo zio abbiano dei figli ... bhe credo che per me possa parlare Giorgio Gaber a questi genitori per non commettere i molteplici errori di mio zio

    Marco Faillace Arrivederci zio

    Non insegnate ai bambini
    non insegnate la vostra morale
    è così stanca e malata
    potrebbe far male
    forse una grave imprudenza
    è lasciarli in balia di una falsa coscienza.

    Non elogiate il pensiero
    che è sempre più raro
    non indicate per loro
    una via conosciuta
    ma se proprio volete
    insegnate soltanto la magia della vita.

    Giro giro tondo cambia il mondo.

    Non insegnate ai bambini
    non divulgate illusioni sociali
    non gli riempite il futuro
    di vecchi ideali
    l’unica cosa sicura è tenerli lontano
    dalla nostra cultura.

    Non esaltate il talento
    che è sempre più spento
    non li avviate al bel canto, al teatro
    alla danza
    ma se proprio volete
    raccontategli il sogno di
    un’antica speranza.

    Non insegnate ai bambini
    ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
    stategli sempre vicini
    date fiducia all’amore il resto è niente.

    Giro giro tondo cambia il mondo.
    Giro giro tondo cambia il mondo.

    Giorgio Gaber

  • Di fronte alla notizia (inaspettata, e pure, in qualche modo, presagita) della morte di Attilio, la sensazione è come del ritorno improvviso alla memoria di immagini così forti che mi rimane perfino difficile parlarne.

    Troppe sono le memorie di un periodo ormai lontano, ma importantissimo nella vita di molti di noi, che si ripresentano vive e quasi dolorose.

    Mi legavano ad Attilio una amicizia, un affetto e una frequentazione che, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, sono stati fondamentali nei mio percorso sia personale e privato che politico.

    Mi guarderò bene dal "commemorarlo": chiunque lo abbia conosciuto sa quanto questo lo avrebbe infastidito.

    Mi limito ad una considerazione: si è parlato, nel ricordarlo, della sua lealtà, coerenza e generosità, doti che Attilio ha testimoniato per tutta la sua vita. Vorrei aggiungerne una: il rispetto per gli altri. Quando i nostri percorsi, per lungo tempo quasi coincidenti, si sono divisi di fronte a scelte decisive, dolorose e drammatiche, mai ci sono stati da parte sua disapprovazione o risentimento, ma l’assoluto rispetto delle ragioni che mi suggerivano, diversamente da lui, che in quel momento una certa scelta poteva non essere quella giusta.

    A me ha insegnato molto, e credo che sempre abbia offerto a chi lo ha conosciuto un punto di vista diverso e non convenzionale sulle cose.

    Nessuna parola colma però il vuoto che lascia, e quindi mi fermo qui.

    Saluto Attilio con un ricordo commosso e un ultimo, ideale abbraccio

    Silvano Mazzoni

  • Attilio lo vidi per la prima volta il 6 marzo 1968. Guidava un grande corteo che se ne andò dal centro fin sotto la sede de”La Nazione”in piazza Beccaria, a protestare per come quel giornalaccio (in verità peggiore politicamente allora che non oggi e diretto dal vecchio Enrico Mattei) aveva dato le notizie su Valle Giulia e sugli ultimi fatti del movimento studentesco a Roma ed altrove. Aveva un megafono e una lunghissima sciarpa rossa. Mi rimase impresso, perchè per me, allora studente dell’ I.T.I. e approdato alla politica da poche settimane (realmente:il 30 gennaio era passato da poche e le cariche di piazza S. Marco avevano radicalizzato tanti ragazzi fino ad allora genericamente di sinistra) i punti di riferimento furono sempre quei compagni più attivi e “agitati” in piazza (ricordo Giacomo Iraci) e non i predicatori , in prevalenza marxisti leninisti,che riempivano di verbosa oratoria le assemblee di lettere e del magistero.
    Lo incontrai poi qualche mese dopo in via S.Gallo, quando cercavo dei contatti per poter partecipare alle mobilitazioni in appoggio al maggio francese. Attilio mi spedì al rettorato e lì , nell’ occupazione con Calvino e qualcun’ altro, cominciai a capirci qualcosa di più. Ma il ricordo più vivo è dell’ autunno successivo, quando in occasione di una riunione di studenti dell’ I.T.I. ,si presentò in Sant’ Apollonia una squadraccia fascista guidata dal Cellai. L’antifascismo militante aveva ancora da venire (a Firenze nacque con Lotta Continua),ma sapemmo subito come fare:qualcuno aveva visto Attilio col “Bambino” (Raul Bellucci) e l’ andarono a chiamare:Attilio entrò gridando come un ossesso “i fascisti li abbiamo cacciati l’ anno scorso, non devono più presentarsi all’ università” il Bambino prese di peso il Cellai , lo sbatteva contro le colonne dell’ atrio, dietro di loro noi ragazzotti imparavamo che con i fascisti conviene sempre picchiare prima che comincino loro.
    Poi , altro; ci si vedeva alle manifestazioni e nelle varie situazioni politiche, spesso, come accadeva in quegli anni;ma aveva cominciato a insegnare , mi sembra a Certaldo e questo ovviamente gli limitava il tempo per l’ attività a Firenze. Dopo il settantasette ,nel rarefarsi delle cose e delle persone, eravamo ancora io , lui , Calvino e pochi altri fra quei compagni fuori età e fuori dalle situazioni che cercavano di capire qualcosa di quel movimento;e ci si vedeva in pochi in mezzo a tanti ragazzi più giovani.
    Lo vedevo anche, ogni tanto ,al Coordinamento Lavoratori della scuola, l’ organizzazione che, a fine anni settanta aveva anticipato i COBAS ;non partecipava mai alle riunioni, ma veniva ogni volta che c’ era uno sciopero, faceva due chiacchiere, prendeva i volantini e se ne andava.
    Probabilmente era già impegnato nell’ attività clandestina, ma io me ne resi conto solo in seguito , quando un compagno romano, suo grande amico, parlando di lui che non si vedeva più in giro disse”credo che Attilio stia meditando sul compiere altre scelte”.
    E poi l’ arresto , uno dei tanti a Firenze in quel periodo; ma lui accusato solo per le armi e per reati organizzativi (non solo non c’erano fatti di sangue , ma nemmeno episodi specifici) ebbe una delle condanne più assurde , diciassette anni
    Lo vidi ancora, in gabbia, in Corte d’Assise, ero fra i pochi che presenziavo a quel processo:urlava contro una pentita , e mi chiese poi notizie del movimento e dei sindacati della scuola.
    Dieci anni dopo ero con mio figlio, lo rincontrai a S.Frediano ,il quartiere dove aveva sempre vissuto .Era uscito da pochi giorni, e mi sembrò lucido e combattivo come sempre. Altri che lo videro in quei giorni ne ebbero un’ impressione diversa;mio figlio decenne, mi chiese “chi era quell’ uomo?” e gli risposi “uno che è stato in galera dieci anni in galera per non rinnegare se stesso e le sue idee”.

    Maurizio Lampronti

    • In ricordo di mio zio Attilio

      Anch’io non ho avuto la possibilita di conoscere granchè bene mio zio Attilio, di comprendere perchè alcune scelte di vita, di sicuro dolorose, siano state ricercate ad ogni costo. Di certo mio zio non era una persona che amava le scelte di comodo, ma ciò che lo ha contraddistinto di più è stata la sua coerenza, anche quando sarebbe bastato poco per rendersi più semplice la vita.
      Era una persona piena di entusiasmo e quando veniva a trovarci a Monfalcone era capace di trasmetterlo anche a me che ero ancora un bambino. Allo stesso tempo però ricordo nei suoi occhi un velo di tristezza che aleggiava costantemente come a ricordargli il peso di alcune domande ancora senza risposta.
      L’ho rivisto qualche anno fa a San lorenzo .......era cambiato.........gli anni di carcere lo avevano segnato profondamente sia nel fisico che nella mente .........in ogni caso l’avrei riconosciuto ...troppo forte la somiglianza con il volto di mio padre........Nelle sue parole non vi era forse più tanta voglia di combattere ma di certo l’acume di un uomo intelligente ma allo stesso tempo sensibile. Mi rimane un unico cruccio ................non averlo potuto conoscere meglio.............
      Simone Faillace

  • da uomo del SUD DIMENTICATO, il mio cuore piange per ATTILIO, si dice bene siamo briganti,capimmo tutto all’ora e tut’ora siamo consapevoli che niente cambierà fino a quando saremo uno ZOO, riserva di voti. ma Scanzano ha dimostrato che non siamo poi tanto cogl........ da noi la questione è davvero esplosiva ,le promesse ormai è pioggia che scompare nel terreno.sono sicuro che Attilio ha avutol’ultimo pensiero alla sua gente "brigante".

    • Non ò avuto il piacere e lonore di conoscere personalmente Attiglio, ma a lui vada il mio saluto di combattente comunista e ai suoi famigliari le mie piu sentite condoglianze. devo fare un appunto, attiglio per me non è un brigante, chiunque e con qualsiasi metodo combatte il potere è degnio di appartenere alla storia delle lotte operaie.

      Onore al compagnio Attilio: ottavio

    • San Lorenzo Bellizzi, appunti di viaggio

      Il mio viaggio con Marta, Paolo ed Antonio in Calabria, al paese dove Attilio era nato e dove la sua vita é finita a giugno dell’anno scorso, é stato bellissimo.

      Siamo stati accolti da Peppino Armentano, che una trentina d’anni fa aveva fondato con altri, nel centro del paese, la sezione di Democrazia Proletaria. E’ stato per anni in giro per l’Italia facendo il muratore e con quello che ha guadagnato ha messo su una piccola ditta edile, che fa prevalentemente restauro, ed un negozio simile ad una mesticheria. Naturalmente ha conosciuto molto bene Attilio ed é stato anche a Firenze.

      Abbiamo quindi finalmente conosciuto Costantino, il maggiore dei fratelli di Attilio, che aveva visto solo Antonio, e sua moglie, tedesca e decisamente affascinante. Per prima cosa ci ha accompagnati al cimitero dove é sepolto Attilio: c’é una sua foto che risale ad anni recenti nella quale é riconoscibile ma segnato dalla sua terribile esperienza. E’ stato un momento duro e commovente per tutti.

      Abbiamo anche visto, dall’esterno, la casetta dove Attilio ha vissuto in questi quindici anni, con la porta d’ingresso sempre aperta e senza porte interne: dopo tanti anni in carcere, non sopportava chiusure di nessun tipo.

      Costantino Faillace é idrogeologo, ha lavorato per un’organizzazione che dipende dall’ONU in ben 12 paesi di vari continenti e adesso, in pensione, passa metà dell’anno in India, da fine novembre a fine maggio, a dotare di pozzi villaggi che ne sono privi o a riparare pozzi non più in funzione per mancanza di pezzi di ricambio o per altre ragioni. Ha al suo attivo, in vent’anni, 600 pozzi, 300 nuovi e 300 recuperati.

      Sua moglie, Kathe, svolge in India varie attività, fra le quali l’insegnamento di discipline yoga, la scolarità, l’aiuto alle donne e tante altre cose. Sono due persone veramente eccezionali. Hanno comprato una casa in paese e dopo averla fatta restaurare da cima a fondo da Peppino, l’hanno arredata con molto gusto e vi trascorrono parte dell’estate.

      Paolo e Marta si sono sistemati in una casetta completamente restaurata, con un bel portalino e una specie di terrazzino ed io e Antonio in un’altra, più modesta, anche questa completamente restaurata dal solito Peppino..

      A pranzo eravamo nella trattoria sulla piazza centrale del paese, « Il Pino Loricato », tenuta da Maria e dalla sua mamma, che ci ha raccontato di essere stata compagna di scuola di Attilio, che avrebbe oggi 67 anni. Cucina contadina, sublime.

      Il paese, antichissimo, il cui nome – San Lorenzo Bellizzi – deriva da « bellum » perché, si dice, nelle vicinanze furono sterminati gli ultimi resti dell’esercito di Spartaco, é anche incredibilmente moderno ed ecocompatibile, dato che era fatto esclusivamente per le persone ed i muli. Si deve dunque lasciare le auto nei parcheggi agli ingressi del paese e proseguire a piedi per stradine a gradoni larghe un paio di metri, che saliscendono serpeggiando per tutto l’abitato. Il modulo delle case é semplicissimo : a terreno la stalla per il mulo, una scala esterna per raggiungere il primo piano, dove era la cucina e un’altra stanza. Talvolta si accede a un piano ancora più alto da un altro ingresso.

      L’intero paese era stato ricostruito un po’ più in alto – siamo a 800 metri slm – perché era minacciato da una frana. Nel frattempo non é successo nulla e la lastricatura delle strade, dopo che il paese é stato dotato di acquedotto e di fognatura – ha interrotto l’infiltrazione di acqua che avrebbe potuto facilitare le frane. Dunque una parte delle vecchie case é stata rioccupata da anziani pensionati, con una lunga storia di emigrazione alle spalle, che preferiscono il paese vecchio al paese nuovo, 150 persone su 900 abitanti complessivi rimasti. Le vecchie case – due terzi del paese é vuoto – vengono lentamente restaurate ed acquistate da discendenti delle antiche famiglie del luogo, come Costantino, o da persone che si innamorano del posto e delle sue vicinanze.

      Abbiamo incontrato anche il migliore amico che Attilio aveva in paese, quel Quintino Palazzo che Attilio mi aveva presentato quando eravamo andati insieme a San Lorenzo nel 1970 (c’é un suo ricordo sul blog di bellaciao.org), che fa l’insegnante a Milano e si é fatto restaurare la vecchia casa dei genitori, dove viene in vacanza in estate.

      Nel blog dedicato ad Attilio su bellaciao.org compare anche un altro personaggio, Tonino l’Artista, che io credevo un compagno di detenzione di Attilio : si tratta invece di un « madonnaro » che ha girato tutta l’Europa disegnando con i gessi colorati madonne o altro sui marciapiedi (é stato a lungo anche a Parigi, proprio vicino a dove abito io con Marieclaude) che quando ne ha avuto abbastanza di viaggiare é tornato in paese, dove continua a dipingere ed ha aperto un bar molto frequentato in estate.

      Per completare il quadro delle persone che hanno conosciuto e stimato Attilio – tutto il paese, in realtà, dove essere stato in galera non é, storicamente, titolo di disonore – c’é Leonardo Larocca, il medico condotto, che ha fondato un’associazione culturale che porta il nome di un prete molto importante nella storia locale e cerca di promuovere la cultura, il turismo, la memoria collettiva.

      Mi ha raccontato una storia drammatica e bellissima, avvenuta a San Lorenzo Bellizzi negli anni 30 : la protagonista é una donna, che tutti chiamavano « la napoletana » dato che era di Avellino o giù di li’, che con il marito ed i figli faceva il carbone di legna negli immensi boschi di querce della zona (il massiccio del Pollino). Un giorno, mentre il marito ed uno dei figli erano assenti, si é scatenata una terribile tempesta, con un vento talmente forte da bloccare il respiro. La donna ha messo tutti i figli in una quercia dal tronco cavo ed ha coperto la cavità con il suo corpo : lei é morta ma tutti i figli sono sopravvissuti. L’associazione di Leonardo Larocca cerca anche di impedire che storie come questa siano dimenticate.

      Siamo stati anche nella sottostante piana di Sibari, dove vive una sorella maggiore di Attilio, Rosina, che con il marito Domenico mi avevano ospitato con la mia bambina di tre anni e la sua mamma nel lontano 1970. Abbiamo passato una bellissima serata, anche da un punto di vista gastronomico, dato che hanno organizzato per noi un vero banchetto a base di melanzane, olive, soprassata, cacio cavallo, vino ed altre leccornie locali preparate da Rosina.

      Praticamente da ogni finestra o terrazzino delle case del paese si vede un’immensa « timpa » : le timpe sono formazioni rocciose di origine calcarea che circondano il paese da ogni parte ergendosi a 1000-2000 metri di altezza ed oltre. Costantino si é rivelato grande camminatore, malgrado i suoi 83 anni, e guida esperta, con lui siamo stati sulla cima di diverse timpe, che sono raggiungibili grazie ad un’immensa rete di mulattiere che copre tutta la zona.

      Ci ha mostrato anche un luogo unico, una conca circondata da alte montagne dove nel punto più basso si trova una specie di voragine rocciosa, il Bifurto, un buco profondo 700 metri, dove si precipitano le acque che dilavano giù dalle timpe circostanti.

      A poca distanza dal paese di trovano le gole del Raganello, luogo molto caro ad Attilio : è un fiume che scava una specie di canyon fra le rocce, che abbiamo risalito attraverso massi immensi, grotte, pozze d’acqua gelata grazie alla presenza di un gruppo di escursionisti opportunamente attrezzati.

      Costantino ci ha inoltre portato al paese della madre, che era di origine calabro-albanese : il villaggio si chiama Plàtaci, é a mille metri slm, ha una chiesa la cui architettura é tipica delle chiese ortodosse ed é nella zona arberesh, dove gli abitanti parlano dialetto calabrese o albanese. Ci ha anche mostrato una bella fontana in pietra opera del nonno materno, che era scalpellino.

      Lungo il corso di un altro fiume più in basso, in prossimità del paese di Cerchiara (dal latino quercus) di Calabria, c’é una grotta con una sorgente di acqua calda, che adesso – per motivi di sicurezza – é stata derivata in una piscina dove ci siamo bagnati. Prima ci eravamo spalmati addosso un’argilla locale, ci eravamo lasciati “seccare” al sole, immergendoci nell’acqua calda dopo una doccia sotto un potente getto d’acqua. . Sensazione indescrivibile di benessere.

      Naturalmente non manca un santo locale, san Rocco, che protegge il paese e l’ultimo giorno c’é stata anche la festa con relativa processione dietro una statua in legno dipinto del santo, tutta sbreccata: alcune donne portavano in testa delle stranissime composizioni fatte di più piani di candele che continuano un’antichissima tradizione locale.

      Abbiamo anche visitato un santuario, attaccato ad una roccia ed in parte all’interno di essa, detto della Madonna delle Armi (parola che deriva dal greco e significa grotte) a breve distanza dal paese.

      Un giorno, lungo la strada, abbiamo visto un gregge di pecore guidato da una giovane donna, cosa notevole, almeno nella Calabria profonda. Quando Paolo ha voluto comprare del formaggio locale, Peppino lo ha portato alla fattoria dove si produce il pecorino della zona, squisito, e li’ ha ritrovato la pastorella : é una bulgara che, arrivata a Cerchiara per assistere un anziano, ha pensato bene di cambiare lavoro, approfittandone per godersi il paesaggio e coltivare il fisico. Miracoli dell’emigrazione !

      Sicuramente ho omesso qualcosa: in cinque giorni ci siamo riempiti talmente gli occhi di case, di volti antichi, di terra, di boschi, di gole e di rocce, ma anche di vino, capretto, pasta fatta in casa, formaggio e soprassata, il tutto avvolto da un’atmosfera di affetto e di stima per Attilio da parte di tutte le persone che lo hanno conosciuto e accompagnato in questi quindici anni durante i quali la detenzione e le torture fisiche e psichiche che aveva subito per undici anni gli avevano tolto la ragione, che é difficile mettere ordine nei ricordi, che devono essere ancora filtrati ed ordinati dal tempo.

      I luoghi sono talmente belli e la gente cosi’ cordiale che ci siamo impegnati ad andarci almeno una volta l’anno. Meditiamo perfino di creare un’associazione con il nome di Attilio, che coltivi la sua memoria e quella del paese attraverso iniziative culturali di vario genere, per conquistare una sintesi fra la piccola e la grande storia, la vita di Attilio in questo paese e altrove e quella dei suoi abitanti, che l’emigrazione ha disperso in Italia, in Europa ed in America.

      Parigi, 26 settembre 2007
      Giustiniano Rossi

  • Ho conosciuto poco Attilio, è stato il mio professore di chimica e biologia per un solo anno quando io avevo 14 anni, seppi del suo arresto quando un giorno lo aspettammo inutilmente in aula. Allora ero troppo piccolo per sapere o per capire, ma ricordo una persona cordiale e simpatica. Oggi ho scritto il suo nome su google per sapere cosa gli è successo poi e questo è il segno che umanamente ha lasciato in me, lo ricorderò sempre, mi spiace per come la sua vita è stata sacrificata inutilmente a un ideale.

    • Segrate 5 ottobre 2009

      Ho conosciuto Attilio nel 1969 a Firenze, gli ho voluto e voglio molto bene. Era buono, attento, generoso, mai superficiale e incapace di fare del male. Abbiamo continuato a scriverci per molto tempo, durante il suo periodo di cattività. E avrei voluto continuare anche dopo la sua liberazione ma non l’ha più permesso. Ad un certo punto, liberato, non ha avuto più la forza di ’vivere’ veramente.
      Auguro a tutti di avere la fortuna di incontrare una persona come Attilio per capire cos’è l’amicizia.
      Grazie, Attilio.

      maria antonietta montella