Home > Il partito è diviso, ma un punto d’intesa è possibile

Il partito è diviso, ma un punto d’intesa è possibile

Publie le martedì 27 maggio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Il partito è diviso, ma un punto d’intesa è possibile

Con il prossimo congresso dovremo attrezzarci a un compito immenso

di Carlo Cartocci*

Questo avvio di congresso ha qualcosa di straniante, tutti i nostri/le nostre dirigenti hanno ripetuto con angoscioso stupore e in molte occasioni che il risultato del voto li ha colti di sorpresa. Cosa è successo al nostro popolo? Come mai non ci ha riconosciuti e non ci ha votato?

Io credo che le domande giuste da fare sarebbero invece: cosa ci è successo? Perché ci è successo? Come tornare riconoscibili?

Quando Gregor Samsa, modesto impiegato, si sveglia e si accorge di essersi trasformato in scarafaggio, la prima reazione che ha non è di preoccuparsi delle ragioni della metamorfosi, ma del modo in cui tornare, nonostante tutto, al proprio quotidiano: è in ritardo sul lavoro, ha impegni da sbrigare, ecc.

La mostruosità vera è tutta qui, in questa reazione.

Negli ultimi anni il partito ha subito una metamorfosi e oggi, risvegliandosi in un incubo, non trova di meglio che indugiare nella consuetudine del quotidiano: in scontri interni, in accuse reciproche, in rafforzamenti di cordate, in autocandidature eccentriche e salvifiche, in ipotesi verticistiche di costituenti e, infine, in una superproduzione di documenti congressuali, volti alla conta interna con annessi rischi di autodissoluzione.

Quello che sta succedendo in Italia in questi giorni è davanti ai nostri occhi e alle nostre coscienze; con modalità morbide e inesorabili si sta trasformando il paese e si sta educando il popolo a nuovi valori, primi fra tutti l’indifferenza, l’egoismo individualista e la furbizia che aggira le regole. Allo sdoganamento del fascismo è seguito immediatamente lo sdoganamento del razzismo, una nuova “ragionevolezza” spinge la maggioranza ad un condiscendente populismo e l’opposizione alla moderazione e alla non belligeranza.

Il regime che si vuole instaurare in Italia ha bisogno di cancellare la sinistra sociale dopo aver cancellato quella parlamentare e per questo si muove in più direzioni. Innanzi tutto usa le politiche sicuritarie, in modo propagandistico ma efficace, nella costruzione dell’immaginario collettivo: retate di “clandestini”, arresti di rom, nomina di commissari straordinari, tolleranza verso chi, “esasperato”, incendia misere baracche. Quasi tutti i media esultano: finalmente si fa qualcosa! Siamo tutti più sicuri! La guerra fra i poveri è cominciata e per ora il nemico è individuato nel clandestino che delinque e nello zingaro, anche se non delinque. Poi si vedrà. Il nemico potrà essere qualche altra minoranza di “diversi” o qualche categoria che protesta, poi potrebbero essere le donne che, chiedendo l’autodeterminazione, mettono in crisi i sacri Valori Familiari, e quella minoranza di intellettuali non allineati che rischiano di disturbare chi sta operando per il risanamento del paese.

Altro settore d’intervento per l’instaurazione del regime è quello del lavoro: basta con i contratti nazionali che contrastano con l’organizzazione federativa del paese, basta con le rigidità, detassiamo gli straordinari. Non è più sufficiente che i sindacati siano concertativi, vanno frammentati nell’interesse stesso dei lavoratori che potranno così scegliere fra diritti collettivi e interessi personali e locali. Il rilancio dell’economia passerà per le grandi opere, per il nucleare, per le politiche economiche che si intrecciano con quelle militari contro i terrorismi e per la democrazia. La stessa precarietà va reinterpretata come opportunità di muoversi nel nuovo sviluppo che avrà il paese. Questo è il panorama che ci si apre davanti e con questo dovremo misurarci.

Questo è quello che il partito-Gregor Sansa vede affacciandosi faticosamente dalla finestra.

Il compito che abbiamo è immenso, non si tratta solo di ricostruire un partito, si tratta di ricostruire il senso comune sconvolto, la logica, la coerenza, la solidarietà. Si tratta di combattere contro un immaginario collettivo imbarbarito che non è disponibile all’ascolto e al dibattito, ma allo sfogo individuale e all’invettiva. La parola ha perso peso, ora i fatti sono pietre Il governo fa questi fatti e compra consenso incoraggiando la guerra fra i poveri e colpendo gli ultimi: brutti, sporchi, cattivi, zingari e immigrati che minacciano la nostra sicurezza, il nostro territorio. Il popolo è invitato al circo mediatico: Panem et circenses .

Con il prossimo congresso dovremo dunque attrezzarci per il compito immenso che ci attende, non sarà facile farlo partendo da ben cinque documenti contrapposti che non hanno in comune neppure un preambolo condiviso che, a scorrerli tutti, avrebbe potuto essere concordato. Il partito è diviso, è vero, ma domenica scorsa, nella riunione del Coordinamento Europeo a Stoccarda, i compagni e le compagne che aderiscono a diversi documenti congressuali, hanno discusso, si sono scontrati anche con asprezza, ma, facendo riferimento alla loro comune realtà di emigrati e al loro essere comunisti, hanno trovato così numerosi punti di intesa da proporsi di preparare insieme un documento unitario sul partito all’estero da presentare all’attenzione e al voto del congresso. Mi auguro sia di buon auspicio e di esempio per tutto il partito.

*dipartimento nazionale Italiani nel mondo Prc