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Un destino cinico e barbaro (n.d.r. avere vendola segretario)

Publie le lunedì 2 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Un destino cinico e barbaro

di Cesare Allara*

Le vittorie trovano moltitudini di persone pronte ad adottarle, mentre le sconfitte restano sempre orfane. Non si sottraggono a questa regola le reazioni post-elettorali e i dibattiti pre-congressuali della fu sinistra parlamentare, ma non solo di quella.

A Ballarò di qualche settimana fa, il boss della CGIL Guglielmo Epifani illustrava la misera condizione dei salari dei lavoratori italiani ormai ultimi nella classifica europea, come se egli non fosse complice di governi e Confindustria nelle rapine delle pensioni e del TFR dei lavoratori, e come se i sindacati di regime CGILCISLUILUGL fossero totalmente estranei al peggioramento delle condizioni di vita di pensionati e lavoratori.

Martedì 13 maggio scorso all’Hiroshima mon amour di fronte ad un pubblico composto da circa 200 persone prevalentemente dell’area di Sinistra Democratica, da funzionari di partiti vari, consiglieri comunali, provinciali e regionali preoccupati per il futuro del loro posto di lavoro e un buon numero di curiosi come il sottoscritto, alcuni fra i maggiori sponsor intellettuali dell’operazione Sinistra Arcobaleno hanno espresso la loro opinione sul futuro della sinistra italiana. Nessuno, leggasi neanche uno di questi intellettuali, ha rivendicato la paternità di tale disastrosa scelta.

Tutti hanno preferito srotolare il solito rosario del voto utile, del rapace Veltroni, del populismo della Lega che ha buon gioco sulla questione sicurezza, dello scarso radicamento nel sociale ovviamente non degli intellettuali promotori ma dei politici della sinistra. La misura della percezione dei cambiamenti nella società da parte degli intellettuali, era ben testimoniata da uno sconcertato Marco Revelli che più volte ha ripetuto che si è rotto qualcosa e che oggi i garantiti votano a sinistra e i non garantiti a destra. Siccome nessuno ha messo in dubbio la validità delle scelte di fondo, mentre ascoltavo i vari interventi mi venivano in mente il destino cinico e baro di Saragat e la famosa scritta sul cippo che ricorda la sconfitta di El Alamein: mancò la fortuna non il coraggio.

Stessa spiaggia stesso mare venerdì 23 maggio alla Galleria d’Arte Moderna per l’incontro con Nichi Vendola venuto a serrare le fila dei suoi fans in vista della battaglia congressuale di fine luglio. Mancavano gli intellettuali di riferimento ormai rientrati senza pagare dazio con disinvoltura nella cosiddetta società civile, ma in compenso era presente al gran completo la corrente del dimissionario segretario provinciale del PRC Gianni Favaro. Apro una parentesi, consigli per gli acquisti, solo tredici righe, non cambiate canale.

Da esperto in materia di scommesse, suggerisco molta prudenza ad allibratori e ad interessati scommettitori sulle quotazioni del vincitore del prossimo congresso del PRC. Certo, con i rapporti di forza attuali che sono però ancora il frutto del precedente congresso, l’inedita ed eterogenea alleanza Ferrero-Grassi ha la meglio nel Comitato Politico Nazionale sul nuovo portavoce di Bertinotti, Nichi Vendola.

Ma il fatto che Favaro, con la sua innata capacità di posizionarsi tendenzialmente sempre con la maggioranza, si sia schierato con Vendola m’induce ad assegnare momentaneamente ai due concorrenti alla corsa per la poltrona di segretario del PRC perlomeno le identiche chances di vittoria. Per quotazioni e pronostici più precisi sarà opportuno non tanto leggersi i documenti congressuali peraltro identici (come Berlusconi e Veltroni, i due si sono accusati d’aver copiato), ma seguire attentamente le vicende del tesseramento in tutti i suoi ormai abituali e folkloristici aspetti come la dilatazione abnorme delle tessere e il cammellaggio delle truppe per un congresso che prevede il diritto di voto per chiunque si iscriva entro dieci giorni dal suo inizio. Chiusa parentesi.

Come nel decennio successivo allo scioglimento del PCI i dirigenti del PDS citavano con scaltrezza Berlinguer per mascherare il cambio di pelle e per strappare lo scontato applauso dei militanti di base, così Vendola nel suo intervento ha citato più volte la parola comunismo pur facendo parte di quella corrente bertinottiana che più velocemente di Ferrero e G. vuole arrivare all’affossamento del PRC.

Per evitare di fare anche solo un minimo accenno di autocritica, Vendola parte da Gramsci, l’uomo più sconfitto del 900 che dopo la vittoria del fascismo non chiede la resa dei conti, per giungere ad affermare che oggi come allora non bisogna cercare i traditori, ma occorre capire assieme le cause della sconfitta.

Secondo Vendola la prima causa della sconfitta è da ricercare nell’affrettata alleanza di governo col centrosinistra. Purtroppo, all’epoca il popolo di sinistra premeva: battete le destre, andate al governo e cambiate la politica ci dicevano, ma contemporaneamente non dovete mai rompere l’alleanza…e noi siamo rimasti schiacciati.

Poi il linguaggio e il radicamento territoriale: Il nostro linguaggio era incomprensibile, quello della Lega capibile...sul territorio il precario e il pensionato hanno trovato la Lega e vi si sono identificati perché Borghezio, Caldaroli” hanno il mio stesso linguaggio”.

L’affermazione la sconfitta viene da lontano, che ha fatto per un momento sperare alcuni compagni accanto a me che finalmente si volesse storicizzare la sconfitta, è stata più che altro una frase di circostanza. Approfondire l’argomento avrebbe comportato la disamina dei contenuti e delle responsabilità delle classi dirigenti della sinistra, e perciò l’ebbrezza è durata solo un attimo.

Il clou dell’impudenza si è avuto quando Vendola ha ridicolizzato la scelta del nuovo simbolo elettorale definito vecchio cimelio ed in particolare la stupidità dell’articolo che precede la parola Arcobaleno: la Sinistra l’Arcobaleno.

Al termine del comizio, alcuni compagni si domandavano dove fosse Vendola quando il PRC decideva di andare al governo, di votare disciplinatamente tutti i provvedimenti antipopolari del governo Prodi e di scegliere il simbolo dell’Arcobaleno.

Ho la certezza che moriremo veltrusconiani.

* ex operaio Fiat, figura storica del movimento operaio torinese