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Più forte il PRC per una nuova unità della sinistra

Publie le mercoledì 11 giugno 2008 par Open-Publishing
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Rifondazione: VII congresso

Più forte il PRC per una nuova unità della sinistra

di Diego La Sala Coordinamento Regionale Toscana G.C

Credo non sia retorico affermare che il VII Congresso del PRC segni un crocevia nel cammino del Partito e della sinistra, che escono sbriciolati da una sconfitta epocale, che affonda certo le sue radici in un clima politico e sociale che privilegia la risposta reazionaria alla crisi sociale del liberismo, ma che vede anche nostre profonde responsabilità. La drammaticità della fase impone a tutti noi uno scatto immediato, pena il rischio di scomparire per sempre. Questo momento cruciale ci costringe a riflettere nuovamente in modo serio e concreto sul futuro della rifondazione comunista.

In questo quadro ritengo che il documento “Rifondazione in Movimento” sia una base utile e condivisibile per impostare in modo corretto il nostro cammino: necessità della rigenerazione di un soggetto politico organizzato per i comunisti del XXI secolo e perseguimento dell’unità di azione a sinistra, partendo da ciò che di positivo abbiamo saputo fare in questi anni ma anche da una doverosa autocritica di ciò che non ha funzionato, a partire dall’esperienza di Governo che, dopo i gravi errori di valutazione di Venezia, ci ha bruscamente riportati alla cruda realtà dei nudi rapporti di forza tra le classi e dell’inesistenza di margini necessari a un seppur minimo cambio di rotta nelle politiche del centrosinistra, con l’effetto di rendere più amaro e drammatico il distacco, politico e simbolico, tra noi e i nostri referenti sociali; finendo con la Sinistra Arcobaleno, risposta sbagliata a una giusta esigenza.

Condivido il pensiero espresso da molti compagni in queste settimane: la natura della sconfitta avrebbe richiesto una discussione collettiva, coinvolgente, aperta. Un congresso unitario a tesi emendabili era possibile ed auspicabile, una risposta di responsabilità al corpo del Partito: in questa direzione hanno spinto i compagni di “Rifondazione in Movimento”. Qualcun altro ha preferito andare alla conta, imponendo mozioni separate e tentando di spostare l’attenzione dalla dialettica politica al plebiscito sul segretario. E’ chiaro a tutti di chi siano le responsabilità gravi di questa scelta. Nei territori si ha l’impressione di un’occasione persa, soprattutto dopo anni nei quali la partecipazione e la democrazia nel Partito sono state spesso sacrificate sull’altare di leadership carismatiche e mediatiche, sui cui risultati oggi ci troviamo amaramente a riflettere.

Questione comunista e questione della sinistra si intrecciano in questo congresso. L’esperienza di questi anni ci mostra come lo svuotamento e l’indebolimento del nostro Partito siano stati il modo più efficace per spegnere ogni progetto di unità a sinistra. La sconfitta alle elezioni fotografa l’evaporazione letterale di un insediamento politico e sociale costruito pazientemente e faticosamente in questi lunghi anni, attraverso le forme tradizionali e quelle più innovative del fare politica e del consolidare relazioni; si è prodotto un distacco tra Partito e società, in corrispondenza del venire meno del senso più vero e profondo del processo della rifondazione comunista, annunciato infine dall’auspicio di una sua retrocessione a mera “tendenza culturale”.

La vocazione unitaria dei comunisti nei confronti della sinistra non è solamente condivisa hic et nunc: essa è fondativa della nostra stessa identità, i comunisti ne sono stati sempre il perno. La questione sta piuttosto nella concezione (quindi nelle modalità) di tale intento. La Conferenza di Carrara aveva stabilito un equilibrio avanzato tra il rilancio della centralità della rifondazione comunista e il percorso di unità di azione a sinistra: ne è stata fatta carta straccia e si è voluto ridurre un obiettivo strategico così importante a pretesto per la liquidazione definitiva di un soggetto comunista in Italia.

La furia “oltrista” dell’unità dall’alto ha finito per travolgere e spazzare via anche ciò che di positivo era stato costruito e sperimentato dal basso in questi anni, da Genova in poi. Ha by-passato il confronto con le specificità delle realtà dei territori e ha eluso anche la questione centrale della collocazione europea di un soggetto alternativo, la quale invece assume un profilo preminente: nel quadro del definitivo accantonamento di tentazioni liquidazioniste di Rifondazione, è necessario riprendere una riflessione unitaria e condivisa sulla Sinistra Europea che superi criticità e limiti segnalati da molti di noi e rilanci il progetto di una soggettività alternativa di classe nel continente.

In molti auspichiamo che su queste basi sia possibile una nuova riflessione collettiva sui caratteri e le forme di un’identità e di una prassi dei comunisti all’altezza dei compiti dell’oggi, investendo la nostra storia, la nostra cultura e i nostri strumenti nel rilancio della sfida per l’alternativa di società. Cominciando dal rafforzamento del nostro Partito, della sua tenuta unitaria e del suo radicamento sui territori, impostando una nuova pratica di unità a sinistra e ponendoci come unica, vera alternativa al populismo fascistoide delle destre.

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