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PRC LODI, RIFORMARE IL PRC

Publie le mercoledì 11 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

PRC LODI, RIFORMARE IL PRC

La struttura nazionale del partito si è ammalata di centralismo. Si è occupata esclusivamente dei problemi riguardanti organismi di governo nazionale, di governo regionale e di governo metropolitano (riduzione del deficit pubblico, rientro dal debito, tesoretti, cunei fiscali, produttività di sistema) e dalla gestione delle relative mediazioni politiche. Problemi e mediazioni politiche che hanno assorbito tutta l’attenzione condannando all’irrilevanza la complessità delle locali contraddizioni sociali quotidiane (quelle dei bisogni sociali di lavoro, di servizi pubblici, ambientali, assistenziali, sociosanitari di livello locale) e dei multiformi contesti territoriali dove tali contraddizioni sono vissute (come quando le lotte territoriali di difesa ambientale e della salute, di tutela dei beni comuni sono state ridotte alla banalità della sindrome nimby, ecc.).

Ancora, la struttura nazionale si è occupata (in modo pessimo) delle problematiche territoriali solo quando queste sono diventate ineludibili perché riguardavano punti nodali del sistema in aree regionali o metropolitane (corridoi commerciali, strutturazione di eventi commerciali mondiali come l’expo, ecc.) e/o producevano lotte e conflitti di livello nazionale (notav, nodalmolin, ecc.).

Anche a livello regionale è prevalente la logica centralistica del nazionale. Così, il regionale non realizza nessuna analisi, nessun progetto politico, nessuna lotta contro l’azione neoliberista di disgregazione e di privatizzazione di ogni struttura pubblica. Di conseguenza le federazioni, che normalmente non sono in grado di intervenire sul contesto sovra provinciale, si ripiegano su se stesse e affrontano lo scontro con il neoliberismo in modo isolato e disorganico.

Alla fine il partito si riduce alla pratica di singoli circoli o di particolari aree di singole federazioni. Solo raramente qualche federazione non metropolitana riesce a integrare l’azione dei circoli in una qualche politica territoriale. Quando poi tale politica si scontra con problemi sovra provinciali (quindi tipicamente regionali) la federazione interessata sperimenta la massima frustrazione prodotta da un regionale che :

• si rifiuta di accantonare la proprio logica centralistica per affrontare tali problemi, giungendo fino al punto di ostacolare l’iniziativa federale

• si dimostra incompetente e non interessato ad organizzarsi per raccogliere i saperi particolari già prodotti localmente e a sviluppare nuove analisi e conoscenze

• si dimostra incapace di produrre anche solo il coordinamento di eventuali azioni sovra provinciali.
(le annose vicende riguardanti le lotte sull’acqua, sui servizi sociali, contro la devastazione ambientale, ecc. realizzate nel lodigiano lo dimostrano)

I problemi segnalati richiedono un’energico e sostanziale processo di autoriforma del Partito.

Pensiamo d’altra parte che questo processo possa cominciare e si possa sviluppare modificando le norme statutarie che lo ostacolano. In particolare è necessario:

1) cancellare la norma che prevede la costituzione dell’esecutivo nazionale (che è di fatto un doppione della direzione nazionale e che è stato lo strumento della micidiale centralizzazione antidemocratica del partito);

2) strutturare il lavoro politico secondo la logica partecipativa delle esperienze sudamericane (Ciapas, Porto Alegre, ecc.), stabilendo una connessione tra inchiesta, vertenza, lotta e procedendo alla valutazione dei risultati con l’introduzione dello strumento del bilancio sociale;

3) Spostare il peso politico e organizzativo dal centro ai territori prevedendo che:

• il novanta per cento del Comitato politico nazionale sia formato da rappresentanti territoriali equamente distribuiti tra tutte le regioni;

• per le federazioni oltre i duemila iscritti la componente territoriale del comitato politico federale non debba essere inferiore al 90%.

4) Dare alle strutture regionali un ruolo politico e congressuale reale prevedendo che

• Il congresso regionale sia convocato in corrispondenza del congresso nazionale e non tre mesi dopo;

• Il congresso regionale elegge il 25% del totale dei delegati della regione (ovviamente questo significa che i congressi di federazione eleggeranno il restante 75%).

5) Dare alle strutture regionali una funzione territoriale capace di supportare ed integrare regionalmente l’azione politica delle federazioni.
Il congresso del Circolo di Lodi propone che il congresso di federazione, in sede di proposta statutaria, elabori le esatte formulazioni di modifica dello statuto corrispondenti ai 5 punti sopra esposti e le sottoponga alla dovuta valutazione e votazione.