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Dai ‘perché’ della sconfitta al rilancio della Rifondazione !

Publie le venerdì 13 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Dai ‘perché’ della sconfitta al rilancio della Rifondazione !

di Francesco Cirigliano

su redazione del 12/06/2008

Agire un Congresso, come quello che andremo a svolgere nella seconda metà di luglio, all’indomani di una debacle elettorale come quella che abbiamo subito alle scorse elezioni politiche, porta con sé – quasi naturalmente – un carico di preoccupazioni e di tensioni come quelle che stanno attraversando il partito. E questo non solo per la scomparsa, dalla massima istituzione assembleare del paese qual è il Parlamento nei suoi due rami, del partito stesso e dell’intera sinistra, ma anche e soprattutto per il modo in cui a questo risultato si è giunti.

Tra le diverse cause della ‘scoppola’ indagate – indagine oggi tutt’altro che esaustiva – vi è stata giustamente quella della partecipazione al governo Prodi ; per il come quella partecipazione fu decisa al Congresso di Venezia ; per l’analisi che vi era alla base ; per il come l’esperienza al governo è stata condotta.

Ritengo che dentro quel Congresso stia uno dei punti centrali di questo nostro dibattito, a cui si aggiunge un altro come : quello della campagna elettorale, della sua conduzione e delle scelte compiute. Ma parlando di Venezia bisogna tenere insieme necessariamente il merito di quel Congresso e il metodo inaugurato : quello di una cultura maggioritaria secondo la quale chi vince – anche di misura, come accadde per l’allora maggioranza ‘bertinottiana’– piglia tutto e, a testa bassa, continuare sulla propria strada… un metodo che ha manifestato tutta la violenza intrinseca nelle stesse conclusioni dell’allora segretario uscente e ricandidato Fausto Bertinotti che invitò, esplicitamente, una parte del partito, ad uscire dal partito stesso, indicando la porta. Tutto questo accadeva mentre si continuava a predicare la ‘favola’ del partito come comunità.

Il compagno Giordano, nel rassegnare le dimizzioni citava Brecth, chiedendo di essere gentili… però io chiederei con affetto : dov’eri quando ci veniva indicata la porta di uscita? Dov’eri quando venivamo tacciati di ‘stalinismo’ di ‘conservatorismo’ di ‘feticismo identitario’ e venivamo allontanati ed esclusi (altro che il doroteismo usato in modo specioso oggi da qualche intellettuale) da ogni processo gestionale di questo partito? Credo che non avrebbe diritto di invocare gentilezza chi gentile non è stato. Ma chi con gentilezza non è stato trattato, oggi può e vuole essere gentile, perché è anche attraverso la gentilezza che si rilancia quella comunità, in nome di un’alternativa di società e di una idea della trasformazione che, quasi venti anni fa, contro molti ci riproponemmo. E conseguentemente, mozione Acerbo, scriviamo chiaramente che ci impegnamo ad una gestione unitaria del partito.

De Palma scriveva qualche giorno fa che è difficile smilitarizzare il clima se non si smettono alcuni j’accuse come quelli, a titolo di puro esempio, sullo scioglimento del partito, e che suonano d’inganno. Ma io gli chiedo : si è detto o non si è detto, in campagna elettorale, che la stessa doveva diventare un atto costituente di un soggetto politico ‘unico’ (altra cosa rispetto al soggetto ‘plurale e unitario’ di cui avevamo discusso nella Conferenza di Carrara)? Si è detto o non si è detto, da parte di autorevoli dirigenti come lo stesso Fausto Bertinotti, che nel nuovo soggetto il comunismo sarebbe rimasto come tendenza culturale? E ancora, anche all’indomani della sconfitta, si è detto o non si è detto, da parte di un altrettanto autorevole dirigente come Franco Giordano, che il processo della costituente di un soggetto ‘unico’ era irreversibile e che esso andava avanti con chi ci sta? Un autorevole esponente della mozione che ha come primo firmatario Vendola ha ammesso o no che, se la Sinistra Arcobaleno avesse superato l’8%, lo scioglimento del Prc sarebbe stato all’ordine del giorno?

Certo, oggi quel documento che vede tra i suoi primi firmatari Vendola non scrive più per esteso che Rifondazione và sciolta. Ma quando si parla di ‘costituente’ non si prefigura – anche semanticamente – un superamento/scioglimento della Rifondazione? Quando si critica l’affermazione “Rifondazione rimane per l’oggi e per il domani” non si critica proprio la volontà a ‘non mettere in liquidazione’ questo patrimonio costruito con sacrificio e che si è configurato, spesso in solitudine nel panorama politico-partitico-istituzionale, come anomalia ai processi di globalizzazione neoliberista in atto? Nel ’98, quando rompemmo con il primo governo Prodi, non avanzavamo una proposta alternativa anche a quella avanzata dall’allora sinistra Ds, dal Pdci e dai Verdi, che chiamammo alternativa di società?

Oggi è dalla costruzione di quell’alternativa che dobbiamo ripartire. Costruirla sì a partire dalla unità, ma da una unità che venga tessuta nel percorso di costruzione di una opposizione politica e sociale al governo delle destre. È la società, con le sue pieghe e con le sue piaghe a rappresentare per noi il terreno su cui misurare l’unità… è davanti ai cancelli delle grandi fabbriche, nei cantieri edili, nelle vertenze territoriali, al fianco dei precari il luogo della costruzione dell’unità. E da lì, e dal rilancio della Rifondazione, che possiamo proclamare il nostro con chi ci sta !