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Una identità e una linea politica che sappia "produrre" il Comunismo

Publie le domenica 15 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Una identità e una linea politica che sappia "produrre" il Comunismo

di Filippo Carraro, Segreteria regionale Emilia-Romagna, Federazione di Parma PRC

Questo congresso, come mai successo in passato, richiede da parte mia un profondo senso di responsabilità nel coinvolgimento diretto e nella richiesta di partecipazione delle compagne e compagni del nostro Partito, ad una scelta consapevole da operare nelle assise che si andranno a realizzare. La posta in palio è cruciale per chi, come me, crede che questo modello di società basato sullo sfruttamento di molti per garantire la ricchezza di pochi, debba essere superato, attraverso la trasformazione della società.

Il senso di smarrimento provato dalla consapevolezza che la nostra classe di riferimento, i nostri soggetti sociali, potessero percepirci come inutili o peggio di ostacolo alla loro tutela e crescita, e questo si evince chiaramente dal risultato elettorale dello scorso 13 e 14 aprile, ci pone nella condizione di indagare profondamente le ragione che ci hanno portato a questo distacco e come rendere il nostro strumento utile alla trasformazione di questa società. Rispetto a questo obiettivo, che non è da poco e credo ne siamo tutti consapevoli, abbiamo la necessità, imprescindibile, di avere uno strumento forte, un forte Partito.

Antonio Gramsci, nella “Città futura” scrisse che odiava gli indifferenti perché “L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti…”. Oggi più che mai in questo Congresso è necessario essere “partigiani” e per questo io parteggio per il rafforzamento, il radicamento, il rilancio del Partito della rifondazione comunista e appoggio l’unico documento che senza ambiguità, bizantinismi e con chiarezza pone questo come elemento centrale per la ripartenza della Rifondazione comunista, cioè il primo documento: “Rifondazione comunista in movimento”.

Il quadro politico nazionale ha determinato uno scenario dove, di fatto, ad oggi non è presente una opposizione nella società. La cogestione del potere politico, basata sulla concezione dell’alternanza dove di fatto le due opzioni politiche principali, PD e PDL, governano alternativamente senza significative differenziazioni. Il fatto che non vi siano forze della sinistra di alternativa che pongano all’attenzione del dibattito politico ed istituzionale temi di rilevanza sociale, produce uno sbilanciamento di attenzione sui temi che non sono rilevanti rispetto agli interessi delle classi deboli della società.

Lo avvertiamo con il continuo tam tam mediatico sul tema sicurezza che viene, pericolosamente, legato sempre al tema immigrazione, determinando pulsioni xenofobe e razziste che stanno operando una “fascistizzazione” della società; e il tema della sicurezza-immigrazione ormai non è più un “cavallo di battaglia” della destra ma fa breccia, e rischia di diventare senso comune, anche nel PD. L’esempio l’abbiamo visto a Parma, dove 21 Sindaci, di entrambi gli schieramenti, si sono apprestati a chiedere, attraverso il fantomatico “editto di Parma”, poteri speciali su sicurezza e immigrazione, questo nella città delle barricate antifasciste, Medaglia d’oro per la resistenza.

Il rilancio della funzione sociale del Partito, della sua utilità come strumento su cui costruire una reale opposizione politica e sociale al governo della destra è un elemento che non possiamo sottacere in un congresso che deve tenere conto della nostra nuova condizione di “extraparlamentari”. Questa nuova condizione, mai vissuta nella storia di un Partito comunista che abbia una visione di massa, ci pone più che mai la necessita del rafforzamento della nostra organizzazione e della nostra struttura; ci pone anche il tema del nostro agire comune nello stesso Partito.

Quello di cui abbiamo bisogno oggi non è un nuovo partito, o costituente di un nuovo partito, sia esso di sinistra o comunista, ma semmai rendere Rifondazione comunista, un bene comune a mio avviso, il luogo dove tutte e tutti possano agire sentendosi a casa propria, cosa che non è successa negli ultimi anni. A Venezia, lo scorso congresso, c’ero. Partecipai come delegato della mia Federazione, Parma, con l’entusiasmo della prima volta come delegato per poter dare anche io il mio modesto contributo alla crescita del mio Partito. Ebbene le parole rivoltemi dall’allora Segretario (dico rivoltemi perché le ho sentite anche indirizzate a me) che mi suggerivano di andarmene dal mio partito, dalla mia casa, qualora non condividessi un percorso, le ho vissute come un vero gesto di violenza, altro che teorizzazione della “nonviolenza”.

Il partito che immagino, e per il quale voglio continuare a spendermi, è esattamente l’opposto di quello di Venezia. Voglio un partito dove tutte e tutti possano confrontarsi liberamente, anche nelle differenze che esprimiamo, voglio un partito dove la gestione collegiale e unitaria sia una prassi da perseguire e non un fatto straordinario dato dall’emergenzialità, voglio un partito dove vi sia confronto di idee aperto, leale, democratico, rispettoso delle diversità, che sappia produrre idee nuove e proposte politiche per la società e sappia costruire una identità comune che sostanzia e rafforza la nostra azione: in una parola che sappia produrre Comunismo.