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La politica attiva della volontà e non del semplice rito

Publie le domenica 15 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

La politica attiva della volontà e non del semplice rito

di Peter Behrens

su redazione del 14/06/2008

Ritengo che il dibattito congressuale parta da alcuni dati poco chiari.
Come prima cosa penso che sia da chiarire il discorso "governisiti" e "antigovernisti", che sembra dividere tanto il partito. Ogni partito politico ritiene di avere delle idee e delle soluzioni per governare, ovvero dirigere, dare regole, indirizzare la società nella quale opera. Anche noi, quale sia la soluzione prevalente al nostro interno, desideriamo "governare", quindi come è posto è un falso problema. Siamo tutti "governisti", il problema vero è: a quale prezzo siamo disposti a governare?

Forse chi diceva, al precedente congresso, prima di dire si ad una partecipazione di RC alla compagine governativa vediamo di mettere dei "paletti" aveva individuato la necessità di determinare dei limiti oltre i quali l’accordo non sarebbe stato valido. Sarebbe stato meglio chiarire, come alcuni volevano, le cose allora. Non si è voluto fare, sperando in una vittoria forte (che non c’è stata) e in una "permeabilità" ai movimenti, che, vista la vittoria "labile", non poteva esserci. È senza dubbio questa la "scommessa persa" di cui alcuni parlano. Oggi non si può tornare indietro, ed il risultato è davanti a tutti noi. Però alcune cose, a parte piangere tutti, "governisti" o "non governisti" sulla cancellazione dei comunisti o della sinistra dalle istituzioni (come se regioni, provincia, comuni ecc. non fossero istituzioni) mi sembrano non comprese e non trattate nei documenti congressuali.

Una delle prime osservazioni è che il ceto medio, sempre più proletarizzato, non ha accettato di esserlo e, soprattutto, non trova nel proletariato e nelle organizzazioni che cercano di difenderne gli interessi il riferimento politico e, nello stesso tempo, il proletariato urbano, sentendosi più vicino al ceto medio che a "chi non ha altro che le proprie catene da perdere" (magari ha la casa col mutuo da pagare, i figli da far studiare, le rate dell’auto ecc.), non riconosce le lotte che noi proponiamo, e quindi la nostra necessità politica. Ma questo succede soprattutto perché ci dedichiamo più a diritti (giustissimi) di piccole parti del proletariato (ma anche di settori borghesi) che ai diritti collettivi e "comprensibili", quali lo stipendio, il contrasto del massacro dei diritti nelle aziende, dell’assalto al potere d’acquisto ecc. I diritti lbtq saranno anche importanti, ma il salario è di tutti, omo o etero, il diritto alla casa pure ecc., forse essere "egualitari", cioè pretendere che non vi siano nella società "animali più uguali degli altri", e combattere quindi per diritti fruibili da tutti sarebbe più corretto e sarebbe più comprensibile e quindi bene accolto.

D’altra parte i "miserabili" (precari, marginali, para-subordinati ecc.) preferiscono racimolare poche certezze "escludenti" rispetto ad altri come loro, scegliendo la via razzista, neonazista e leghista, contro i "negher" o gli immigrati vari o gli altri precari e disoccupati, visti come concorrenti alle briciole che i borghesi lasciano mangiare, briciole sempre più misere e limitate, soprattutto sempre meno sicure.

Ma ancora, il continuare a ripetere che il PD e le sue posizioni, che non difendo minimamente, siano sorti solo per "ucciderci"? Per favore, non siano poi così fondamentali. Anche fossimo riusciti, tra camera e senato, ad avere 20-30 eletti, cosa sarebbe cambiato (al di la di un non indifferente ruolo di prestigio, visibilità mediatica ed economico, intendo)? Avremmo potuto, a parte sapere quello che succede, veramente influire sui destini del paese? Certo non sarebbe ininfluente avere una rappresentanza, per molti motivi, ma dire che questa sarebbe stata essenziale è altro. Vuol dire nascondersi dietro un dito. Il sistema bipolare non è sorto, quanto meno non solo, per cancellare la sinistra. Il sistema globalizzato del potere economico vuole avere governi certi, di lunga durata, decisionisti, capaci di imporre le loro volontà con le buone o con le cattive, senza contestazioni o con le contestazioni randellate e ridotte a "terrorismo". Perché il capitale, la confindustria o chi per essa, vuole sapere se investire, come investire, cosa fare chiaramente, con almeno 5 anni di respiro, se possibile con scelte che i futuri governi non potranno modificare. È questa la vera americanizzazione del sistema politico italiano. Se non ce ne rendiamo conto sarà difficile trovare i "nuovi" modi di essere comunisti (o anche altro) per il futuro.

La democrazia in tutto questo contesto, che il capitale ci ha preparato da lungo tempo, non deve proprio esistere. Tutto si decide con l’intervento delle lobbies, come negli USA, tutto viene mosso da alcune parole del lucacordero o della emmamarcegaglia di turno, poi tanto i politici di estrema destra (come il governo attuale) o di destra (come l’attuale governo ombra) si adegueranno.

Capire che è questo lo spirito che muove questa gente, che la semplificazione politica a questo serve forse non ci farà vincere, ma certo ci potrebbe dare almeno degli strumenti per partecipare non solo come inutili comparse (accettando il detto olimpico) alla competizione politica.

Da ultimo, ma non meno importante, i tentativi per essere qualcosa di più significativo di quel misero 4,5% a cui è oggi ridotta la sinistra che tale si dichiara, questa tra le varie forze presenti alle elezioni è la somma complessiva (gli astenuti sono in gran parte probabilmente ex votanti a sinistra, ma che non hanno sentito alcuna necessità di dichiararsi di sinistra, quindi possono essere terreno di "riconquista" per politiche serie, non base valida ed assodata) devono partire prima di tutto da un chiarimento dell’agire politico.

Dopo si potranno fare accordi, contando sul tempo lungo che purtroppo l’attuale governo avrà. Abbiamo tempo per lavorare, per cercare di essere e di raggiungere quei compagni che questa volta hanno deciso di non esprimersi come sinistra. Ma anche per cercare di riavvicinare o di avvicinare altri, sia singoli che di altri gruppi.

Possiamo cercare di fare esistere la sinistra, cercando di lavorare assieme (assieme, non "insieme") con gli altri delle diverse "sinistre", cercando ovviamente prima di tutto di lavorare assieme a chi ci è più vicino per idee e pratiche. Se poi necessità elettorali o altro lo richiederà sapremo spiegare ai nostri iscritti (prima ancora che ai nostri elettori) il perché siano importanti o necessarie le unioni con altri. Perché se gli iscritti non sono convinti delle linee politiche scelte (anche perché scelte dai soli vertici) le campagne elettorali sono senza nerbo, prive di mordente, fatte perché "il rito lo vuole", non perché noi le vogliamo.

Questa penso sia la più grande lezione da imparare dal recente passato