Home > Valorizzare il saper fare, tra autonomia e vocazione unitaria

Valorizzare il saper fare, tra autonomia e vocazione unitaria

Publie le giovedì 19 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Valorizzare il saper fare, tra autonomia e vocazione unitaria

di Aurelio Crippa, comitato politico nazionale

Il popolo delle sinistre, senza possibilità d’appello, ha bocciato il progetto de La Sinistra l’Arcobaleno, partito unico della sinistra, con una presenza comunista relegata a tendenza culturale (dire, ancor oggi, che nessuno pensava/voleva lo scioglimento del Prc è ipocrisia).

Parla, la disfatta elettorale, storica, anche di un’avversione forte al leaderismo, alla personalizzazione, per un "far politica" con democrazia e partecipazione solo conclamate, basata su suggestioni immaginifiche, sulla liquidazione della nostra storia ed identità (non tutta la nostra storia va assolta, ma tanto meno va buttata via, estirpandone le radici; i giudizi vanno storicizzati).

Per "risalire" non c’è bisogno di alcuna ricerca autoassolutoria, di nuovi miti, condottieri, soprattutto se hanno dimostrato di non saper leggere la realtà.

Ci vuole modestia ed umiltà, reciproco ascolto, riattivare vita democratica e partecipazione, "rifondare" la discussione a tutti i livelli, mortificata da una concezione oligarchica del modo di far politica ed essere organizzazione.

Il ritorno alla politica (polis): il nostro "essere" coniugato con i bisogni del mondo del lavoro, delle nuove generazioni, del Paese reale (salari e pensioni, dimenticati, tornino al centro dell’iniziativa).

Va intrapresa una controffensiva culturale contro il disegno delle destre e non solo, di decretare il trionfo dell’ideologia liberista, per cui il capitalismo è l’approdo della storia e far apparire, il metterlo in discussione, non credibile, non praticabile, persino non desiderabile.

La condizione: "valorizzare il saper fare" che c’è nel Partito e nella sinistra, non altro.

Non ho apprezzato l’autocandidatura, appresa dalla stampa, di Nichi Vendola a segretario: concezione leaderistica, personalistica, del far politica, volontà per un congresso/referendum sulla/sul segretaria/o.

Si è ridotto così il congresso a contesa, campagna elettorale "for segretario" all’americana, con grande dispendio di risorse economiche e per la prima volta la presenza di una "claque" esterna al Partito, comprensiva di mass media, giornali, interessati ed impegnati ad "interferire" per far vincere.

E sull’onda di questa "innovazione" non mancano le degenerazioni (esempio, il tesseramento) che nulla hanno a che spartire con l’etica e la morale comunista.

E’ questo il prezzo da pagare, per il venir meno della nostra identità comunista?

Il dichiarato, di tutte/i, «occorre ripartire dal Prc» ha verificato «per un fare ed un obiettivo» diverso, tanto da volerlo esplicitare in più documenti.
Ridotta la "certezza di ieri" (La Sinistra, l’Arcobaleno) a cosa da cui avere «netta discontinuità» i suoi sostenitori propongono la "certezza dell’oggi" (costituente della sinistra) alla quale (come Prc) «dobbiamo saper avviare libere cessioni di sovranità per determinare orientamenti e decisioni e a partire da qui sperimentare l’unità e la condivisione dei compiti, aprendovi gli stessi processi di formazione di nuovi gruppi dirigenti».

Oggi, come ieri, con lo stesso ardire di saper leggere la realtà, guardare avanti, innovare, bla, bla, bla.

Cambiare si può e si deve, ma se il presupposto è disfarsi del "ferro vecchio" (il Prc) per dar vita ad un indistinto «nuovo soggetto unico della sinistra» a questo hanno già risposto No il nostro popolo, quello delle sinistre, il Paese (se non è zuppa è pan bagnato).

La presenza, per l’oggi e per il domani, di un partito comunista di massa (Prc), con l’ambizione di rifondare un pensiero ed una pratica comunista (così come è stato negli anni ’90) è una necessità al tempo stesso democratica e rivoluzionaria, punto fermo della battaglia anticapitalistica, della resistenza al pensiero unico, capace di dar vita ad un tessuto forte di relazioni, fra i soggetti aggrediti dal populismo delle destre, dalla globalizzazione.

Rifondazione Comunista, termini che non vanno disgiunti, sorretta nel suo agire da una innovazione qualitativa, non sinonimo di "nuovismo", ispirata da un disaggregare/aggregare tanto il vecchio quanto il nuovo.

Con la messa al bando delle correnti, volute e contro le quali mi batto da sempre, il riaffermarsi di un pluralismo corretto che prevede la possibilità di organizzarsi su singole questioni, scelte, nel comporsi di maggioranze o minoranze, che decadono all’assunzione delle decisioni, per riproporsi anche con composizione in seguito.

Con i circoli non terminali di un apparato oligarchico, ma luoghi per realizzare una forma più alta della politica, non separata dai contenuti, dalla partecipazione democratica e non delegata.

Sedi del «saper fare».

Impegnato a dar «corpo» ad un «terreno unitario a sinistra» con un’autonomia della sinistra rispetto ai caratteri ed alle compatibilità del sistema, con un ruolo prioritario nella società, che non si esaurisca in termini di presenza nelle istituzioni democratiche.

Capace, con altri, di costruire una «unità d’azione», per un grande ed unitario movimento di massa, per una forte opposizione, politica e sociale, culturale, al governo delle destre, per «l’alternativa di società».

Questo nel documento 1 Rifondazione Comunista in Movimento. Rilanciare il Partito, costruire l’unità a sinistra di cui sono firmatario.

Nessuna contraddizione fra un’orgogliosa rivendicazione di autonomia e la vocazione unitaria (sta nel dna delle/dei comuniste/i, nella loro consapevolezza di non essere autosufficienti, di non voler "vivere" ed "agire" in un fortilizio).

Dice il Manifesto del Partito Comunista del 1848: «I comunisti finalmente lavorano all’unione e all’intesa dei Partiti democratici d’ogni Paese» .