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Abbiamo bisogno di tutte le nostre energie per lavorare

Publie le giovedì 26 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Abbiamo bisogno di tutte le nostre energie per lavorare

di Haidi Gaggio Giuliani

Le parole, si sa, per lo più vengono da molto lontano; hanno un loro significato preciso che a volte può assumere sfumature diverse. La parola “libertà”, ad esempio, ha sempre avuto un suono bellissimo; da qualche anno, tuttavia, forse per l’abuso che ne viene fatto, mi sembra decisamente sciupata, perfino minacciosa. Sento dire “libertà” e invece di pensare a donne e uomini che vivono pienamente la loro esistenza mi vengono in mente pensieri cupi: libertà di sfruttare, esseri umani e ambiente; libertà di accumulare ricchezze a scapito di chi non possiede nulla; libertà di scacciare la gente che non riconosco dalla “mia” casa, dal “mio” paese… Libertà, povera parola, sei diventata brutta.

Un’altra parola, che a me era sempre sembrata inoffensiva, da qualche tempo viene usata con un’ accezione negativa: “identità”. Il Piccolo Larousse dice che si tratta dell’insieme di qualità che fanno sì che una persona sia quello che è e non qualche altro. In fin dei conti io sono io per la mia storia, per quello che penso e per come mi comporto; chi mi conosce mi accetta, più o meno, proprio in base alla mia identità. Questo non mi impedisce di interagire con le altre persone, al contrario: più è coerente la mia storia, più i miei comportamenti corrispondono alle mie parole, maggiormente la mia identità viene riconosciuta e accettata. Interagendo posso modificare alcuni miei giudizi, migliorare, o peggiorare, alcuni comportamenti ma non cambierò per questo la mia identità. Solo se ho coscienza della mia identità, perché sono quello che sono e non altro, saprò valutare e rispettare l’identità di altre persone.

Penso sia sano e normale che anche un partito abbia una propria identità. Eppure leggo e sento parlare di “nicchie di identità”, di “chiusura identitaria”, simbolistica, settaria… Perfino di “ghetto”. Non comprendo. Come moltissime persone riconoscono, il crollo dei consensi, non solo elettorali, del Prc ha danneggiato l’intera sinistra: per ricostruire una coscienza di sinistra occorre rafforzare la nostra identità anziché umiliarla (sì, tanti compagne e compagni della base del partito si sentono proprio così: umiliati). Gli uomini e le donne devono sapere con chiarezza chi siamo, e chi sono loro, per ritrovare la fiducia e la volontà di realizzare dei progetti comuni.

Non credo che in questi anni si sia deteriorato tanto il rapporto con i movimenti e gli altri partiti della sinistra a livello orizzontale, di base, quanto quello tra la base e i vertici del partito, o in molti casi tra la base e i suoi rappresentanti istituzionali. Allora il problema, io credo, non è quello di “superare” il partito quanto quello di rivedere la sua democrazia interna, gli strumenti che possono permettere una vera comunicazione, non solo dal centro alla periferia (per non dire dall’alto verso il basso) ma soprattutto nel senso contrario e circolare. Si tratta, io credo, di riorganizzare le informazioni e comunicare meglio e di più; di mettere in rete i conflitti sociali, e i risultati dove e come si raggiungono; di non lasciare inascoltate ed isolate tante esperienze importanti di giovani, di donne, di cittadini. Una comunicazione a senso unico, a lungo andare, rende sordi.

Mi domando: serve inventarsi nuovi partiti se non sappiamo far vivere e far crescere nel modo migliore gli strumenti che abbiamo? Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che non ho le carte in regola per parlare di partito, che non ne so niente e non ho neppure una tessera: è vero, ho sempre riconosciuto di essere una persona di movimento. Ho vissuto la stagione che ha visto fiorire i Forum Sociali, quando Rifondazione partecipava con coerenza e convinzione. Poi l’attenzione è stata rivolta maggiormente alle istituzioni, è venuta a mancare in molti casi la presenza attiva dei compagni e delle compagne, la bilancia non ha più ritrovato il suo equilibrio e il piatto dei Forum Sociali, dove si praticava l’unità della sinistra, si è svuotato. Nel viaggio verso il governo, alcuni movimenti si sono visti usare come un tram e si sono sentiti traditi.

Oggi, in presenza di una società che scopriamo ogni giorno più triste, più egoista, che usa il denaro come unico metro di giudizio, sembra che non ci siano le forze per contrastare questa deriva reazionaria; e Rifondazione balbetta, lacerata al suo interno da una contrapposizione inutile e dannosa, che ha provocato un clima di rancori e sospetti, e rischia di disperdere il proprio patrimonio. Se vogliamo davvero ricominciare un percorso a sinistra, proprio perché sono convinta che sia giusto e necessario fare unità, proprio perché abbiamo imparato che l’unità nasce dalla pratica quotidiana dell’agire concreto, affrontando insieme i problemi là dove si presentano, costruendo reti, partendo da contenuti precisi e non da campagne pubblicitarie; ebbene, oggi penso che sia essenziale una Rifondazione con gambe forti per camminare, orecchie per ascoltare e un cuore grande. Ma quest’ultimo, ne sono sicura, non manca. Abbiamo bisogno di tutte le nostre energie per lavorare. Non sprechiamole.