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Ricostruire, per non sbagliare di nuovo

Publie le sabato 28 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Ricostruire, per non sbagliare di nuovo

di Paolo Ferrero

Rossana Rossanda ha posto, a proposito del congresso di Rifondazione, delle questioni di fondo su cui vorrei qui ragionare. Mi pare evidente che la sconfitta sia stata determinata in larga parte dal fatto che la sinistra non è riuscita a condizionare il governo Prodi e la maggioranza dell’Unione. Non avendo portato a casa i risultati posti alla base del programma dell’Unione e della campagna elettorale del 2006, abbiamo perso due terzi degli elettori che evidentemente ci hanno ritenuti inutili.

La scelta della maggioranza dell’Unione di mediare su tutti i punti di fondo con i poteri forti e di riprodurre politiche di liberismo temperato, senza tener fede al programma, ha determinato la base materiale della vittoria delle destre e ha distrutto la sinistra.

L’errore lo abbiamo fatto lì - e me ne assumo completamente al responsabilità - perché a me pare che la nostra sconfitta nasce da un grave errore di valutazione dei rapporti di forza che ci ha posto in una condizione in cui una mediazione vera non c’è mai stata. Abbiamo pensato fosse possibile intervenire positivamente dal livello politico, del governo, per ottenere risultati che non eravamo in grado di perseguire nella società. Abbiamo sbagliato. Mi è chiaro che mille altri fattori hanno concorso all’esito ma questo è il punto determinante.

Da questa considerazione ne traggo una prima conclusione politica: la sinistra, prima di porsi il tema del governo del paese deve operare per modificare seriamente i complessivi rapporti di forza, sul piano sociale, culturale, politico, pena il ripercorrere esattamente il disastro appena consumato.

La seconda riguarda i rapporti con il Pd. Ritengo positiva l’iniziativa politica di D’Alema, che contrasta il bipartitismo veltroniano in nome di una visione più articolata del centrosinistra. Questa articolazione non va però confusa con una modifica dei contenuti programmatici del Pd medesimo. La prospettiva di D’Alema è quella di allearsi con una «sinistra di governo», cioè con una sinistra che moderi pesantemente la propria linea politica, mentre all’origine della sconfitta vi è proprio quel neoliberismo temperato, che ha deluso il popolo di sinistra e che D’Alema intende confermare integralmente.

Ma la sconfitta sociale, culturale e politica è nata ben prima della sconfitta elettorale e chiede una partenza su basi nuove. In un contesto dove pare spezzato ogni legame tra difesa degli interessi delle classi subalterne, democrazia e trasformazione sociale, occorre ridefinire non solo la linea politica ma ripensare il concetto stesso di politica, che non può continuare ad essere identificata con la rappresentanza. La crisi della politica rende infatti i percorsi conosciuti inefficaci al fine di ricostruire un’alternativa all’attuale barbarie capitalistica. In questo contesto tre mi paiono le emergenze.

In primo luogo, occorre costruire un’efficace opposizione al governo Berlusconi, sia sul piano delle questioni sociali che democratiche. Si tratta di un lavoro indispensabile, su cui siamo già in ritardo, e che non viene svolto dall’opposizione parlamentare che non fa semplicemente nulla. Tragicamente l’assenza di opposizione su questioni decisive come quella del contratto nazionale di lavoro si accompagna ad un minimalismo della Cgil che ci fa rimpiangere ogni giorno quella di cinque anni fa. La sinistra, a partire da chi ha organizzato la manifestazione del 20 ottobre scorso, non deve dividersi tra costituenti di sinistra e comuniste ma unirsi sul costruire l’opposizione, come dopo Genova, anche per evitare che l’intera dialettica del sistema politico sia giocata tra una destra populista che governa e il centro giustizialista di Di Pietro.

In secondo luogo, la pesantezza della sconfitta ci obbliga a ricostruire sui territori un intervento della sinistra che ne riqualifichi l’utilità sociale a livello di massa. In una società che si sente in pericolo, che guarda al futuro con crescente incertezza, che tende a difendersi attraverso la guerra tra poveri, occorre ricostruire un lavoro capillare di vertenzialità diffusa affiancata alla ricostruzione di legami sociali. Occorre ricostruire le basi materiali della sinistra perché o l’insicurezza sociale trova i percorsi per esprimersi in un conflitto del basso verso l’alto, contro lo sfruttamento e le disuguaglianze, oppure l’ideologia di destra della guerra tra i poveri diventa la forma stessa delle relazioni sociali.

Occorre ricostruire una connessione sentimentale con la nostra gente; recuperare il senso profondo di una politica di sinistra costruendo vertenzialità, mutualismo, legami comunitari democratici e solidali; per questo occorre costruire in tutti i territori case della sinistra che mettano in relazioni tutti coloro che si collocano nella variegata galassia della sinistra, a prescindere che si definiscano comunisti, socialisti, ambientalisti o come gli pare. Se non riparte dal basso la sinistra, dopo essere stata espulsa dal parlamento, lo sarà dalla società. Questo percorso è possibile solo in un quadro di progetto politico generale e nazionale, come dice Tronti, evitando però ogni fuga nell’autonomia del politico che è all’origine della sconfitta e che mi pare venga da Tronti - e da una parte di Rifondazione - riproposta.

E’ un lavoro che richiede una grande autonomia politica, culturale e simbolica dal Pd. E’ infatti evidente che il problema non si risolve nell’incalzare da sinistra il Pd ma nel costruire nella società le ragioni e i percorsi di un’alternativa. A tal fine, a me pare che Rifondazione comunista sia utile sia come soggetto politico organizzato che come progetto politico. Rc è il principale soggetto organizzato della sinistra e prima di tutto deve essere riorganizzato, non terremotato. E’ già stata in grado, negli scorsi anni, di costruire uno spazio politico di autonomia dalla sinistra moderata; questo deve essere ricostruito con tenacia, pena la condanna della sinistra ad essere una corrente esterna del Pd.

Per tale motivo considero sbagliata la proposta di una costituente di cui è totalmente indeterminato il grado di autonomia reale dal Pd e che Fava propone esplicitamente come funzionale a ricostruire il centrosinsitra.
In terzo luogo, senza la definizione di un universo simbolico forte, che evidenzi anche a quel livello la propria autonomia strategica, non vi è alcuna possibilità di ricostruire una sinistra anticapitalista. Il nodo del comunismo non può quindi essere derubricato a propensione culturale perché nella concreta realtà italiana è fattore necessario, anche se non sufficiente, nella costituzione dell’autonomia del progetto politico.

Visto che la prospettiva della Costituente di sinistra porterebbe inevitabilmente tra sei mesi a discutere delle liste alle europee, riproducendo il percorso fallimentare e politicista della Sinistra arcobaleno, mi pare più utile il percorso sopra descritto, che veda da subito il massimo di unità della sinistra impegnata nella costruzione dell’opposizione alle politiche del governo Berlusconi e nella ricostruzione delle ragioni sociali della sinistra.