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Davvero si può andare avanti così?

Publie le domenica 29 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Davvero si può andare avanti così?

di Nicola Vetrano *

su Liberazione del 29/06/2008

Il congresso a Castellammare nel racconto del presidente della Garanzia della Campania

Davvero non andiamo bene, compagni. Nel difficile momento che stiamo attraversando, un colpo molto forte alla trasparente e libera vita politica interna del nostro Partito mi sembra sia stato inferto, nella federazione di Napoli, dal congresso del circolo di Castellammare di Stabia. Il congresso è iniziato giovedì pomeriggio, il 19 giugno, in pubblica seduta, nel Palazzetto del Mare della importante città operaia e marinara, un palazzetto mal costruito, dunque caldissimo, perché esposto al sole fino al tramonto. Stavamo dunque in un luogo che segnava emblematicamente il rapporto tra natura, storia - Stabiae fu la terza città distrutta dal’eruzione "pompeiana" del Vesuvio nel 79 d.C. - e lavoro operaio, rapporto che ha caratterizzato lungamente questa città, che chiude la linea di costa industriale della provincia di Napoli verso la Penisola Sorrentina, una terra bellissima ed al contempo devastata dall’inquinamento del fiume Sarno e da una camorra spietata ed affarista.

Questa città elegante e liberty è stata, sin dalla fondazione del movimento socialista italiano, una delle roccaforti del movimento operaio campano, e ancora oggi si ricorda quando Mussolini fu fischiato durante un comizio, negli anni dell’Impero. Il nostro congresso, mi duole dirlo, non è stato affatto all’altezza di questa storia. Nella prima giornata vi hanno partecipato non più di una ventina iscritti, più i presentatori delle mozioni. In compenso c’erano numerosi esponenti esterni, dell’Amministrazione e di altre forze politiche. Di per sé, ovviamente, questo è un bene. Solo che non mi è sembrata esserci la distanza e il rispetto dovuto verso le questioni interne al Prc. Al sindaco di Castellammare, Salvatore Vozza, già deputato del Pci e del Pds, e attualmente militante di Sd, veniva data la parola inopinatamente per aprire, lui, i lavori del Congresso, anche prima del segretario uscente, quasi a sottolineare una familiarità, se non una vera e propria "internità", al nostro dibattito. Quando lasciava la sala, rivolgendosi al sottoscritto, forse memore della comune decennale militanza nel vecchio Pci, mi diceva: «Io ti conosco, fai il bravo con questi compagni».

Avrei voluto senz’altro accontentarlo. Ma c’è un limite a tutto quello che si può accettare. Il congresso, infatti, nei suoi momenti decisivi, mi ha lasciato francamente allibito. Nella seconda giornata, tenutasi il 23 giugno in piazza Ferrovia, nei locali del circolo, erano presenti al dibattito, durato dalle 18 alle 19, circa 25 iscritte/i. Ma, alle 18.45, una massa di persone si accalcava nell’antisala del circolo, sito a piano terra di uno storico palazzo, in forma di villetta vesuviana. Molte di queste persone cominciavano a sbuffare per il caldo e premevano per votare. Alcune signore, entrando nella sala del circolo, gridavano ad alta voce: «io nun saccio nemmeno a chi aggia vutà». (io non so nemmeno chi debbo votare).

Il presidente dell’assemblea giustificava tali ripetute smemoratezze con la frase: «C’è stanchezza da caldo, le persone perdono lucidità in contesti del genere!». Alle 19, dunque, questa massa di persone, alcune trascinando con loro i bambini che li accompagnavano, e che erano giustamente stanchi di stare in un ambiente divenuto angusto, oltre che fumoso ed affollato, arrivava di fatto al tavolo della Presidenza ed alcuni di loro cominciavano a declinare le loro generalità, accalcandosi l’uno sull’altro, impedendo ai rappresentanti delle mozioni 3 e 4 di effettuare la loro replica ed ancor più eliminando la possibilità per la compagna garante, ormai divenuta presidente di un seggio elettorale affollato, di concludere i lavori, secondo quanto recita il nostro regolamento. La votazione non è stata, perciò, per appello nominale, ma come nell’antico senato romano, per autoproposizione al voto, con in mano carta d’identità o tessera del partito, da parte di una folla di persone,che si accalcavano al tavolo della presidenza, chi proponendosi alla garante, chi al sottoscritto.

E’ stata un’ora e trenta di caotiche votazioni, con votanti che si davano del voi e davano del voi alla Presidenza, che chiedevano il permesso di andare dopo il voto, che spesso risultavano indecisi sulla mozione da votare, ma risolvevano la loro difficoltà sollecitati da qualcuno, dicendo la parola-chiave: Vendola. Tutto nella confusione di liste elettorali con nominativi indicati in maniera non alfabetica.

Questo fatto ha impedito anche un controllo puntuale su molti votanti! Alla fine del conteggio, 137 voti risultavano attribuiti alla mozione 2. Altri 7 voti venivano contestati, dal sottoscritto e dal compagno Biagio di Rocco, consigliere comunale e rappresentante locale della mozione 1, poiché i nomi dei votanti non risultavano presenti né nell’elenco affisso al muro del circolo, né in quello, del tutto incompleto e disordinato, fornito dalla commissione provinciale. Vale appena il caso di ricordare che nei giorni precedenti, il compagno Di Rocco, che sostiene la mozione 1, non aveva avuto la possibilità di prendere visione degli iscritti, pur avendolo chiesto ripetutamente al segretario.

Con quale animo ho lasciato Castellammare, è facile intuire. Nella mia mente s’è fatta strada un’altra idea della città, purtroppo, che pure risponde al vero, dal momento che Castellammare fu pure la città della famiglia Gava…

Quei votanti si comportavano come in un seggio elettorale istituzionale, e nessuno di loro rimaneva per conoscere la proclamazione dei risultati, che si è svolta davanti ad appena 10 compagne/i…

Si è determinata una situazione di confusione tra i pochissimi compagni presenti e la stessa compagna garante ha dovuto con sconforto prendere atto della situazione, per cui non si è passato all’elezioni degli organismi dirigenti neanche tra i pochissimi compagni presenti in quel momento (anche se poi, incredibilmente, nei giorni successivi si è detto, mentendo, che il direttivo era stato eletto).

Che dire? Che non di "falangi macedoni" di votanti abbiamo bisogno, ma di un libero, unitario, consapevole confronto politico nel nostro congresso. E chiedo al mio vecchio amico Nichi Vendola se questi voti plebiscitari ad una sola mozione - la sua - non gli ricordino le situazioni bulgare o sovietiche, che lui ebbe il coraggio di contestare nel palazzo dei congressi di Mosca, quando rivendicava, giustamente, il diritto al libero pensiero, alla felicità, al bisogno di comunismo?

E poi: vincere così, non gli ricorda forse la vittoria di quel re dell’Epiro che straripò proprio nelle sue terre, vincendo battaglie sanguinose, ma i cui morti e feriti retroagirono sulla sua vittoria, fino a trasformarla in una sostanziale sconfitta di fronte alla storia?

* presidente del Collegio Regionale di Garanzia della Campania