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Non è un deserto, ma una metropoli affollata

Publie le martedì 1 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Non è un deserto, ma una metropoli affollata

di Bianca Bracci Torsi, * Direzione nazionale PRC

L’immagine che ho sentito evocare da diversi compagni e compagne di un deserto nel quale ci troviamo a camminare mi stupisce e mi preoccupa.
Se dobbiamo proprio usare una metafora, quella più vicina alla realtà mi sembra, al contrario, una metropoli affollata con le sue miserie e le sue follie, nella quale la rozza tracotanza dei vincitori si mischia alla rabbia e alla sconforto della nostra gente che abbiamo deluso.

Questo stato di cose si preparava da tempo e lanciava segnali ben visibili, come abbiamo potuto ignorarli?

La risposta così larga e convinta ai referendum per il ripristino della scala mobile, per l’ampliamento dell’art.18, per la difesa della Costituzione, alla mobilitazione contro la precarietà e contro la guerra, fino all’altolà dato al governo dal corteo rosso di bandiere del 20 ottobre scorso, parlavano ancora di fiducia, di voglia di lottare per cambiare un mondo di ingiustizia, sfruttamento, privilegio, che non può e non deve essere "la fine della storia".

Abbiamo perso quelle sfide e poi uno degli spazi nei quali da sempre i comunisti e la sinistra hanno condotto, più o meno bene, le proprie battaglie.

Uno spazio, il Parlamento, ci restano tutti gli altri: le piazze, le fabbriche, i quartieri, i paesi, le scuole, con quegli uomini e quelle donne scoraggiati/e e rabbiosi/e, conquistati dalle promesse di Berlusconi, convinti dal ritorno alle piccole patrie e dall’identificare il nemico in ogni "diverso" rispetto ad una "normalità" dettata dagli interessi del capitalismo ed incarnata dalla destra post fascista e leghista.

Ma il cambiamento di senso, la svolta a destra che coinvolge così larga parte degli strati popolari, dei giovani e della stessa classe operaia, non è un fenomeno naturale imprevedibile ed inarrestabile, ma il frutto del lavoro della destra che ha potuto occupare il vuoto lasciato dalla sinistra riprendendo, ammodernandoli, le idee ed i metodi sperimentati dagli anni ’30 del secolo passato, risvegliando vecchie pulsioni razziste e campanilistiche, facendo leva sull’individualismo e sul familismo che da sempre costituiscono la più immediata reazione ad uno stato di crisi, riproponendo la sua ideologia mentre certa sinistra decretava la fine delle ideologie.

La situazione è grave, anzi gravissima, ma sarebbe sbagliato equipararla ad un lutto, su cui piangere o consolarsi attribuendosi qualche errore marginale senza intaccare una linea politica la cui scelta fondante sarebbe l’innovazione senza aggettivi e senza verifiche e il compito più immediato la riproposizione della Sinistra,l’Arcobaleno, fallimentare e fallita, nata morta non per la fretta imposta dal voto, ma per l’estrema eterogeneità delle sue componenti che si era pensato di superare oscurando le identità in un programma "senza anima" che di fatto proponeva una svolta moderata.

Riproporla oggi, anzi sollecitarne l’attuazione alla ricerca di una "nuova e più bella identità rispetto a quella di partenza" come recita la mozione Vendola, porterebbe ad una sconfitta non solo elettorale, ma ideale e politica davvero senza rivincita possibile almeno per molti anni.
In un paese dove dettano legge la Confindustria ed il Vaticano, con il consenso più o meno esplicito dei maggiori partiti di governo e di opposizione non possiamo continuare a gingillarci con "avventure", "scommesse" e "viaggi" dall’arrivo ignoto pagando per tutto questo il prezzo dell’annullare la Rifondazione Comunista in un indistinto coagulo di "tendenze culturali" proprio quando è più attuale che mai la necessità di una forza comunista che "dall’interno di un movimento reale può conoscere e trasformare lo stato di cose esistente".

"Partito esci dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada", abbiamo scritto citando Majakovskij all’inizio della mozione numero uno e credo che da qui bisogna partire dimenticando le esternazioni di leader più o meno carismatici, le decisioni assunte in ristretti tavoli di "ceto politico".

I ragazzi disposti ad una amicizia paritaria e solidale ci sono, difendono gli spazi conquistati, si ribellano alla Mafia e alla cultura mafiosa, orgogliosamente si dichiarano antifascisti sfidando le aggressioni delle nuova camice nere, chiedono una scuola aperta a tutti i saperi, una democrazia partecipata.

E ci sono ragazzi un po’ più grandi che lottano per un posto di lavoro e per un sindacato che li ascolti e li difenda, e ragazze che rivendicano la libertà del proprio corpo e dei propri sentimenti e ragazzi e ragazze che vogliono decidere se sulle loro terre si devono costruire basi Nato e discariche o case, scuole, parchi.

E’ questa la sinistra con la quale fare opposizione al governo di centro destra e preparare un dopo che sia il contrario del prima, un altro mondo, appunto, possibile.

Con la gente giusta facendo le cose giuste, nei posti giusti.
Nelle strade, nelle fabbriche, nei centri sociali, nelle scuole, dove non c’è bisogno di costituenti e di abiure.

su Liberazione del 01/07/2008