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Le alchimie che ci allontanano dalla nostra gente

Publie le martedì 1 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Le alchimie che ci allontanano dalla nostra gente

di Federica Pitoni

E’ difficile intervenire in un dibattito che troppo spesso ultimamente è sembrato “impazzito”, perso nelle reciproche – anche se giustificate – polemiche su questioni di ordine interno, di tesseramento, di procedure congressuali contestate, a volte calpestate, piegate a logiche di mozione.

E’ difficile farlo soprattutto quando poi si alzano gli occhi dal quadro interno del partito e ci si rende conto che “fuori”, che intorno a noi, sta accadendo di tutto e che questo partito, ma non solo questo partito, la sinistra tutta è persa dietro le beghe congressuali: è infatti stagione di congressi e di assemblee nazionali per tutti i partiti di quel che è stata la Sinistra Arcobaleno.

E’ difficile farlo, dicevo, ma non credo sia eludibile il clima di scontro che si vive dentro questo partito; non credo si possa prescindere dal “problema tesseramento”, chiamiamolo così per ora.

E allora proviamo ad affrontare il mostro. Cosa è accaduto e sta accadendo? E’ accaduto che in molti, troppi circoli ci si è trovati di fronte ad incredibili aumenti di iscrizioni. E’ accaduto che, dai racconti di troppe compagne e troppi compagni ciò è emerso, si sono visti circoli quasi vuoti durante il dibattito e tutte le fasi congressuali “riempirsi” improvvisamente di persone, sconosciute ai più, al momento delle votazioni. Si sono viste persone venire a votare mostrando i documenti (intendo dire la carte d’identità), chiedere cosa dovevano votare, ammettere di non conoscere regole e prassi di un congresso. E questo è accaduto in molti, troppi circoli. Da qui infinite e giustificate contestazioni. Da qui però anche un rimbalzo di accuse e polemiche che è finito sulla stampa nazionale, che ovviamente non si occupa mai di noi e delle nostre proposte politiche, ma di fronte allo “scontro fratricida” si fionda.

Bene, l’ho detto, la parola che rende questo clima l’ho detta: scontro fratricida. E vorrei che su questo provassimo tutte e tutti a riflettere. Io mi sento ferita, ferita perché questa “guerra” la sto combattendo – la stiamo combattendo – con chi per me - per noi - è fratello e sorella, no di più è compagna e compagno nelle idee in un partito in cui credo e tengo molto.

In un partito che davvero penso abbia smarrito la propria strada da diversi anni ormai, ma che davvero credo non abbia esaurito la sua funzione. In un partito di cui questo Paese ha incredibilmente bisogno: per le idee di cui siamo portatori – e se non noi chi?; per le battaglie che abbiamo combattuto e di cui ci siamo fatti con altre e altri portatori e che sono lì, davanti ai nostri occhi, non hanno perso né di importanza, né di valenza politica e sociale; per tutte le cose, urgenti ormai, che il nostro popolo ci chiede. E, badate, non ci chiedono di morire. Non ci chiedono di suicidarci. Non ci chiedono di scomparire. Perché se non ci hanno riconosciuto e creduto nelle urne è per nostra responsabilità, ma non ci hanno chiesto di scomparire.

Ci hanno con forza, con disperazione, chiesto di cambiare, di tornare ad essere partito sociale, di tornare nelle lotte con decisione, senza tatticismi. Ci hanno chiesto di essere con loro.

Ci hanno chiesto di essere con loro e noi rispondiamo così? No, compagne e compagni, no, così non andiamo da nessuna parte. Così è il suicidio, la morte lenta, per consunzione di tutto quello che avevamo costruito. Vogliamo questo? Beh, se qualcuno vuole questo, lo dica. Lo dica esplicitamente. Dica esplicitamente che nella ricerca di una non ben definita unità a sinistra quello che si sta portando avanti è la distruzione di Rifondazione Comunista. Si dica esplicitamente: vogliamo fare una grande sinistra e pensiamo che Rifondazione sia un ostacolo a ciò. Si dica.

Altrimenti si taccia. Ora e sempre. Si taccia e si torni alle regole. Si taccia sulla stampa soprattutto, in quell’uso suicida, appunto, che ne è stato fatto finora. E questo lo dico a chiunque abbia alzano il tono dello scontro surrettiziamente sulla stampa. Sia chiaro a tutte e a tutti che questo distrugge Rifondazione Comunista. Sia chiaro a tutte e a tutti.

Ma, tra noi diciamoci anche le cose come stanno. E allora vi chiedo: laddove in un circolo si vede aumentare oltre ogni misura il numero degli iscritti alla vigilia di un congresso; laddove questi strani iscritti dimostrino e poco interesse per il congresso e poca conoscenza di questo partito e laddove questi nuovi iscritti sono presenti poi solamente all’atto del voto, è legittimo pensare che di truppe cammellate si tratti? E’ legittimo? Se mi dite: no, non lo è, beh, allora avete ragione a sostenere che queste iscrizioni sono normali. E allora male ha fatto chi non ha incentivato, diciamo così, il tesseramento. Io credo, invece, che di squallide manovre si sia trattato. So bene, poi, che non è neanche la prima volta che ciò avviene. Mi chiedo, però, nella mia evidente ingenua visione delle politica, che partito si vuole costruire con queste premesse?

Sullo “scandalo” poi dei nuovi tesserati “interrogati”, mi chiedo che segretari di circolo abbiamo. Sono stata segretaria di un circolo, molti anni fa. So che cosa vuol dire. So anche come io, ma direi tutti, ci siamo sempre regolati sulle nuove iscrizioni: quando qualcuno si avvicinava a noi e chiedeva l’iscrizione, se si trattava di persona sconosciuta a tutto il circolo, bene, la prassi normale non era quella di fare subito la tessera, ma di invitare la persona a frequentare il circolo e poi vedere se ancora manteneva l’idea di iscriversi, fatto salvo il parere favorevole del direttivo del circolo.

E’ forse questa una norma ormai desueta? E’ forse questo stalinismo? O non piuttosto una logica norma di tutela e trasparenza. Mi sbaglio? Quindi la polemica che è stata accesa sugli interrogatori ai nuovi iscritti, la rispedisco al mittente: magari fosse stata prassi seguire una maggiore prudenza. Non ci troveremmo ora qui a discutere di questo.
C’è chi dice, molte compagne e molti compagni lo hanno detto, che forse dobbiamo annullare tutto.

Che così è un congresso truccato. Io non so se questo congresso sia truccato. Certo, i tentativi ci sono stati. Confido nel lavoro delle commissioni congressuali di federazione e nazionale per dirimere al meglio le questioni. Penso, però, che annullare tutto, questo sì che sarebbe un grave danno. Per il partito e per il Paese. Per il partito perché penso che non ci si possa fermare, aspettare, poi magari fare un altro congresso (e poi con quali regole? Con quali garanzie?) mentre tutto intorno a noi ci dice della necessità di un ritorno alla politica attiva, sul territorio. Un danno quindi, come dicevo, per il Paese, appunto, perché se noi resteremo fermi, abdicando al nostro ruolo di propulsore di iniziativa, il danno che faremo sarà veramente grande.

E’ sconvolgente leggere quanto sta accadendo da quando le urne ci hanno consegnato un Paese privo della rappresentanza parlamentare della sinistra, privo, quindi, nei fatti, di una vera opposizione. E’ sconvolgente leggere quanto accade, soprattutto perché questo governo sta dimostrando quanto è possibile e facile far passare cose che in un passato anche recente avremmo definito “aberranti”.

Ci deve far riflettere tutto questo. Quanto è cambiato il Paese in questi ultimi anni? E quanta responsabilità abbiamo in questo profondo cambiamento, che prima ancora che essere politico è culturale. Come abbiamo potuto disperdere tutto il patrimonio di lotte, di impegno, di consapevolezza che avevamo? Era davvero tutto così effimero? E la nostra capacità di “vigilanza”, chiamiamola così, su quanto accadeva dove era finita in questi ultimi anni?

Non possiamo, quindi, continuare a stare nel chiuso delle nostre stanze. Dobbiamo attrezzarci in un lavoro di ricostruzione che temo sia molto più grande di quanto possiamo immaginare. Ma che diviene necessaria premessa per ogni lotta che poi intraprenderemo. Non possiamo permetterci l’estemporaneità. Ora è necessario pensare e riflettere bene su quale ruolo deve svolgere questo partito in una società che si dimostra profondamente ferita, fragile, ma anche lontana dal porsi problemi di natura etica e sociale.

Io penso che se torneremo ad un lavoro capillare di “contatto”, se torneremo a parlare tra noi e con la nostra gente, allora questa ricostruzione sarà possibile.

Se, invece, continueremo a chiuderci in ristrette stanze nella autoreferenzialità che è stata tipica di questi ultimi due anni per tutta la sinistra e ha portato al fallimento della Sinistra Arcobaleno, se continueremo con le alchimie politiche che non danno risposte e certo non vengono capite, allora davvero avremo perso.