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Anni di veleni. Serve un rilancio della "rifondazione comunista"

Publie le venerdì 4 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Anni di veleni. Serve un rilancio della "rifondazione comunista"

di Carlo Cirri

Cari compagni,

ancorché non richiesto, voglio anticipare per iscritto ciò che dirò, domani sera, al congresso del mio circolo di Pistoia, a proposito della ragione fondamentale della mia recentissima adesione al PRC, nella convinzione che ciò possa interessare anche ad altri.

Son questi tempi assai difficili, pieni di veleni e sospetti nel nostro partito, cosicché sento di dover fugare ogni equivoco, spiegando perché, ad un età ormai non più verde e dopo tanti anni di “ignavia politica”, mi sono fermamente convinto di chiedere l’iscrizione al PRC, per poter dire la mia al congresso, sostenendo e votando la mozione n.1.

Non voglio prenderla alla larga, ma voglio invece andare subito al cuore della questione. Dirò allora che, dopo aver letto tutte le mozioni, sono rimasto colpito dall’acume e dall’adeguatezza dell’analisi contenuta nella mozione congressuale n.1, sull’attuale momento storico, sui caratteri della trasformazione epocale che stiamo vivendo, infine sulle più profonde ragioni della sconfitta della sinistra e della crisi del sistema democratico nel nostro paese.

Orbene, ciò che soprattutto contraddistingue la posizione congressuale da me condivisa mi sembra, da una parte, l’individuazione dell’attuale fase, alla stregua dei diversi elementi economici, sociali ed ambientali che la determinano, dall’altra , la giusta collocazione (sul piano logico e temporale prima di tutto) delle prospettive e dei processi politici che ne conseguono.

Per contro, ciò che poco mi convince della mozione congressuale n.2, è proprio la pressochè totale posposizione (ma si potrebbe parlare di trascuranza) del primo dei due ordini di questioni sopra accennati rispetto al secondo, che invece fa premio su tutto, con semplificazioni qualche volta grossolane, che comportano il rischio di errori difficilmente rimediabili.

Io non credo che nessuno metta in discussione la necessità di alleanze strategiche leali (e finalmente!), fondate su contenuti programmatici condivisi, che possano misurarsi anche in competizioni elettorali, con le altre componenti della sinistra. Ciò che non condivido è che tutto questo possa trasmodare in una irrefrenabile ansia di palingenesi verso qualcosa di poco chiaro, ma che in realtà non è tanto nuovo e somiglia maledettamente ad una versione un po’ più di sinistra del PD.

A me, ovviamente, non preme il PRC in quanto tale, ma la sua esistenza in vita quale soggetto collettivo in grado di comprendere la realtà ed intervenirvi, cercando di cambiarla (democraticamente) in collaborazione con altri.

Ora, mi preme sottolineare che c’è una specifica ragione di fondo, che desta molta perplessità, in ordine al processo che dovrebbe condurre alla formazione di un nuovo partito unico della sinistra in tempi ravvicinati, passando, tra l’altro, attraverso la dissoluzione del PRC. Questa ragione è che, allo stato attuale, negli altri soggetti politici che compongono la sinistra e che dovrebbero essere i protagonisti di questa nuova fase costituente, non si scorge alcuna significativa traccia di consapevolezza della drammatica e convulsa fine dell’epoca storica apertasi con la vittoria sul nazifascismo, che aveva consentito la nascita dello stato democratico repubblicano come noi l’abbiamo conosciuto, sviluppato e difeso, nel suo modello costituzionale, nei suoi delicati equilibri istituzionali e politici, nel suo saldo fondamento sociale.

Ciò che vedo è una forse sincera, ma disordinata e superficiale idea di rivincita, secondo regole e schemi ormai battuti in breccia e che quasi non ci sono più, ma (ed è ciò che più conta) senza prima essersi posti il problema del blocco sociale che dovrebbe sostenere una simile strategia politica, che rischierebbe così di trasformarsi in un’avventura dagli esiti segnati.

Per concludere quindi, credo che la scelta di non liquidare il PRC, ma invece di rilanciarlo per farne il motore di tutta la sinistra, non sia un impennata estremistica, ma semmai rappresenti lo sforzo di dare una prospettiva politica alla vita democratica del paese, in coerenza con le nostre tradizioni migliori.