Sognavamo cavalli selvaggi
![]() de Luca Visentini via FR ![]() Sono cento racconti brevi o brevissimi che nell’insieme ricostruiscono, in un’unica vicenda, la Milano dal 1968 al 1977 di un ragazzo della nuova sinistra. Un compagno di base, non un dirigente, né un pentito. Non si parla di analisi politiche o dispute ideologiche, ma di amore, amicizie, famiglia, lotte e scontri concreti.
Si legge un “clima”, un’umanità. Sono storie anche vere ma che trascendono, con la scrittura, l’autoreferenzialità. (...)
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PRC/ COMUNISTI A CONGRESSO: DIVISI ANCHE SUL COMUNISMO
di : Chianciano domenica 27 luglio 2008 - 23h30 ![]() PRC/ COMUNISTI A CONGRESSO: DIVISI ANCHE SUL COMUNISMO Ferrero: non è ingombro.Migliore: non può essere solo un simbolo Chianciano (Si), 27 lug. (Apcom) - Forse solo in Italia può accadere che al congresso di un partito comunista siano i simboli del comunismo e del movimento operaio a dividere i delegati: è accaduto a Chianciano, dove forse per la prima volta Bella ciao è diventato un corpo contundente, cantato da alcuni a segnare una differenza. Così, tra i ’compagni’, è sceso il gelo anche musicale, dopo le polemiche sul tesseramento, sui conservatori e gli innovatori, sulla regressione culturale e sui gruppi dirigenti "che hanno sempre ragione". Forse ha cominciato Paolo Ferrero, con il suo intervento nel quale ha citato "la questione comunista", ed ha bacchettato chi vede i simboli come un "fardello, un ingombro": quando ha concluso il suo intervento i suoi sostenitori, nel silenzio ostile dei delegato fedeli a Nichi Vendola hanno intonato prima Bella ciao e poi Bandiera rossa, mentre uno stupefatto Gennaro Migliore dal palco ricordava che "certi canti appartengono a tutti noi e non solo a una parte". Ma Paolo Ferrero si difende dall’accusa di aver diviso il partito con i canti: "In un congresso molto diviso è speciosa una polemica sui festeggiamenti, che non hanno riguardato solo me". Quanto alla scelta di aver rispolverato la ’questione comunista’, Ferrero la spiega così: "C’è stata nell’ultimo periodo una tendenza a considerare il comunismo un fardello del passato di cui liberarsi. Penso sia sbagliato. Non è possibile mantenere una autonomia forte dal pensiero unico del neoliberismo senza un universo simbolico". Non piace, a Ferrero, nemmeno l’accusa di essere sorretto da un’accozzaglia di gruppetti veterocomunisti: "Non so che dire. E’ semplicemente falso, è una caricatura. Due dei quattro esponenti principali di questa nuova maggioranza erano nel gruppo dirigente bertinottiano precedente". I simboli comunque sono importanti, e molta parte del congresso è stata giocata sull’accusa dei ferreriani ai vendoliani di voler sciogliere il partito nella costituente della sinistra: di qui la richiesta, dopo qualche incertezza iniziale (ad aprile) condivisa da tutti, di presentare alle elezioni il simbolo di Rifondazione, fuori da cartelli o accordi genericamente di sinistra. Il non detto, a volte più forte di quello che si dice apertamente, è sembrato: Vendola e i suoi non sono più comunisti, per questo vogliono sciogliere il partito. Certo, mettere in gioco addirittura il comunismo e i suoi simboli è stata una mossa pesante in un congresso così teso, ma la domanda, diceva qualcuno, sorge spontanea. Cosa vuol dire? Di quale comunismo si tratta? "Forzare sul dato simbolico - accusa Gennaro Migliore, autorevole esponente dell’area Vendola - nasconde un deficit di elaborazione politica. La questione comunista è una ricerca, non può essere un simbolo e basta. Ed è intollerabile usare quei canti contro qualcuno". Ancora più dura la posizione di Titti De Simone, ex parlamentare e dirigente ’eretica’, come si definisce lei stessa: "A me non interessa il feticismo comunista, e i canti usati come clava contro qualcuno appartengono anche a me. Come mi appartiene la falce e martello, ma anche la bandiera ’rainbow’ del movimento Glbtq (l’associazionismo omosessuale, ndr) e del movimento pacifista". Per lei il comunismo "non può essere una nicchia ideologica o un bene museale ma una ricerca, una innovazione politico-culturale, basata sulla multicentralità dei conflitti". Leonardo Masella, che appartiene all’area comunista forse più ortodossa del Prc, quella dell’Ernesto, non ha dubbi: "Ci si divide sui simboli perché c’è una parte che non vuole essere più comunista, al punto che vuole fare un partito con Sinistra democratica che fa parte del partito del socialismo europeo".
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venerdì 1 - 14h57
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giovedì 31 - 14h10
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