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Il Prc sceglie la "linea dura" Ferrero è il nuovo segretario

Publie le domenica 27 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Il Prc sceglie la "linea dura" Ferrero è il nuovo segretario
Vendola: la nostra battaglia va avanti

di Marco Filippetti

Paolo Ferrero è il nuovo segretario di Rifondazione Comunista: 142 dei 280 delegati del Comitato Politico Nazionale lo hanno eletto, per un soffio sopra il 50 per cento dei voti. Quando sul aplco di Chianciano è avvenuta la proclamazione, Nichi Vendola, lo sconfitto del congresso, era già ripartito per la Puglia. Non ha sentito, perciò, le prime parole del nuovo leader che apriva la segreteria ad una «gestione unitaria» per ricucire la frattura interna, che è stata troppo forte. Vendola non c’era, ma già nel pomeriggio di questa infuocata giornata a Chianciano aveva messo in guardia: «Escludo qualsiasi livello di compromissione nella gestione politica del partito». Insomma non se ne va dal Prc, ma non ci sta nemmeno a subire l’esito di questo congresso che ha spaccato Rifondazione.

Il partito ha scelto - con 342 voti contro 304 - la mozione 1. Il momento più atteso della giornata è stata proprio la presentazione del documento politico elaborato nella notte dalla commissione politica congressuale. In quel testo, infatti, c’è la linea politica che il partito dovrà tentare di perseguire nei prossimi anni. Giovanni Russo Spena dal palco comincia a leggere il documento che sancisce la vittoria delle mozioni di minoranza: «Il congresso considera chiusa e superata la fase caratterizzata dalla collaborazione organica con il Pd nella fallimentare esperienza di governo dell’Unione, della Sinistra Arcobaleno, e della sbagliata gestione maggioritaria del partito». Queste prime righe sembrano il “manifesto” della Rifondazione che verrà. O, come dirà Vendola più tardi, la «fine» del partito stesso. Basta alleanze con il Pd, dice Russo Spena «dobbiamo essere veramente alternativi al “veltronismo” e alle destre». Il secondo punto è un abiura dell’esperienza dell’Arcobaleno che vuol dire in altre parole un brusco stop al progetto di Nichi Vendola della “costituente della sinistra”. Il terzo punto è la messa al muro della gestione uscita dallo scorso congresso, quello di Venezia, che sanciva la svolta “governista” del partito allora diretto da Fausto Bertinotti. Insomma, nel giro di tre giorni si rinnega tutto quello che è stato fino all’altroieri. E a guidare la “rivoluzione” è Paolo Ferrero, ministro fino a quattro mesi fa nel governo Prodi e difensore della linea vincente a Venezia.

Il documento segna la «svolta a sinistra del Prc» e ribadisce con più forza «la critica alle politiche neo liberiste». Rispetto alla linea Bertinotti, egemone da quattro annia questa parte, si dà spazio all’alleanza con «la sinistra anticapitalista e comunista fuori dal partito» e si tenta il recupero «dell’importanza storica delle esperienze storiche comuniste». I “vendoliani”, dal canto loro, in linea con la svolta segnata da Bertinotti qualche anno fa, hanno sempre sostenuto di non ritornare alle «formule novecentesche» e di «aprirsi alla società civile» perché «il comunismo deve essere una tendenza culturale di una sinistra più ampia».

Unico trait d’union tra le due principali mozioni che si sono sfidate a congresso, la volontà di «ricominciare dall’esperienza di Genova e della commistione con i movimenti sociali, tentando di apprestarli sostanzialmente e non solo formalmente».

Subito dopo Russo Spena, che presentava il documento votato da tutte le mozioni di minoranza che però insieme arrivano solo al 52%, è la volta di Gennaro Migliore. L’ex capogruppo del Prc alla Camera presenta un documento alternativo elaborato interamente dalla seconda mozione, che da sola ha raccolto il 47% dei voti. Migliore esordisce dicendo con voce tuonante che «è la prima volta nella storia della democrazia che una maggioranza relativa in un’organizzazione viene messa in minoranza dalle altre minoranze coalizzate». Per Migliore il congresso «è stato un accordo contro Nichi Vendola, e non una proposta di un progetto alternativo. Le quattro mozioni di minoranza non hanno percorsi comuni – ricorda – anzi sono spesso contrastanti».

Nel momento delle dichiarazioni di voto sale sul palco il grande “sconfitto” , Nichi Vendola che inizia il suo intervento riconoscendo la sconfitta e denunciando «il clima pesante tra le mozioni, spesso con malignità personali». È sconfitto, ammette, ma non se ne va: «I compagni della mozione 2 – rilancia Vendola dal palco – non intendono abbandonare per un attimo, per un millimetro Rifondazione comunista. Staremo qua a costruire – prosegue - la nostra battaglia». Vendola dice chiaramente che ora inizia la sfida «per capovolgere una linea che non ha il fiato necessario per rifondare il partito nel campo largo delle sinistre». «Per anni – analizza Vendola – Rifondazione è stata guidata da una diarchia, non è mai stato un partito acquietato e ha vissuto in modo sempre febbricitante la propria ricerca di rifondazione, ma non è mai stato un guazzabuglio di mozioni di minoranza, un fardello di reazioni di pancia».

Questa volta, invece, è andata così: «Una mozione di minoranza - afferma il governatore pugliese - ha cercato in altre mozioni un’aggregazione informe, che porta alla guida del partito una maggioranza precaria, che ha come collante un’ambiguità e un equilibrismo semantico». Per Vendola, quindi, non c’è tempo da perdere: «Lancio un appello – annuncia - per una campagna di iscrizioni per arrivare a capovolgere la linea di maggioranza, e quanto prima faremo una manifestazione. Dalla sconfitta – conclude – noi ripartiamo convinti che c’è in essa un seme per il futuro».

Unita