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Le nostre risposte alla crisi in Medioriente

Publie le venerdì 2 gennaio 2009 par Open-Publishing
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Le nostre risposte alla crisi in Medioriente

di Giuseppe Quaranta, segreteria PRC-SE federazione di Bologna

Le drammatiche notizie che ci giungono in queste ore da Gaza, oltre a provocare in noi militanti di sinistra indignazione, preoccupazione, angoscia e rabbia, ci portano spesso degli interrogativi, dalle risposte non sempre facili.

E la domanda non è “ di chi è la colpa ? “, qui c’è poco da discutere. Le responsabilità, non solo in quest’ultima carneficina sono chiare, palesi. Israele e le sue politiche hanno responsabilità inequivocabili. Come tante responsabilità hanno tutti gli Stati dell’occidente che nei decenni hanno appoggiato, avallato, spinto o semplicemente non contrastato le politiche di occupazione violenta di Israele. Per non parlare della sistematica violazione delle risoluzioni dell’Onu da parte di Israele nel silenzio delle stesse Nazioni Unite.

L’impossibilità dell’equidistanza tra Israele e Palestina, cioè quindi tra oppressore feroce e oppresso è ( o meglio dovrebbe essere ) quindi patrimonio e punto fondante per una sinistra coerente, ma la domanda dalla risposta più difficile rimane quella sul rapporto del movimento internazionale di solidarietà con la Palestina nei confronti di Hamas. Ovviamente, partendo da una considerazione fondamentale e cioè che ogni popolo ha il diritto di scegliersi il proprio governo. Quindi, nei considerare la questione palestinese oggi, non possiamo non legittimare il governo che i palestinesi stessi si sono dati nelle ultime elezioni.

E la domanda non è neanche quella di chiedersi se sia giusto per un popolo oppresso e sotto occupazione armata resistere nei modi che ritiene opportuni, fa anche questo parte del suo diritto.
La vera domanda è se in Hamas e quindi nel fondamentalismo islamico si possa trovare la soluzione alla drammatica situazione del popolo palestinese.

La mole di fuoco piombata su Gaza non ha giustificazione, ciò che sta emergendo da settori della destra italiana ad esempio, per giustificare questa nuova guerra da parte di Israele è a dir poco agghiacciante. E’ quanto mai urgente una forte mobilitazione contro queste violenze inaudite, contro questi attacchi dalla ferocia difficilmente eguagliabile. La nostra solidarietà al popolo palestinese deve arrivare in maniera chiara e forte. Ma questa solidarietà, deve essere innanzitutto indirizzata nei confronti del popolo palestinese.

In un ottica di campi contrapposti – imperialismo Usa-Israele e stati che oggettivamente assumono una funzione antimperialista – viene spontaneo ad alcuni settori della sinistra di “ schierarsi “, nello scacchiere mediorientale con Hamas, con Hezbollah in Libano, con la variegata resistenza irachena ecc. Ma sarebbe sbagliato, semplificare e schematizzare. Si può da comunisti ad esempio, appoggiare acriticamente Hezbollah sapendo che ha decimato il partito comunista libanese ? Si può appoggiare contemporaneamente la resistenza baathista e laica irachena in parte legata alla figura di Saddam Hussein e contemporaneamente appoggiare l’Iran di Ahmadinejad ? Con troppa faciloneria, si rischia di giocare, dai salotti di casa nostra ad un macabro Risiko, dove il nemico del mio nemico è sempre e comunque mio amico.

La situazione è purtroppo, tanto più complessa e tanto più drammatica. Tanto più che non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio processo rivoluzionario come è in atto in America Latina, dove è molto più facile individuare l’interlocutore.

E’ evidente, che le difficoltà ( dovute ad elementi però non solo soggettivi ) di una sinistra laica, progressista e radicata nel mondo arabo abbiano favorito da un lato Israele e le sue pulsioni più violente e feroci, dall’altro le organizzazioni fondamentaliste islamiche : non è un caso, che questi aspetti si sono spesso intrecciati.

Dal finire degli anni settanta, con una forte escalation negli anni ottanta, le varie organizzazioni islamiste a vario livello, furono finanziate dai governi e dalle autorità militari israeliane*, in funzione anti-Fatah proprio per bloccare il processo che avrebbe potuto portare se non alla creazione di uno stato palestinese almeno a condizioni migliori di quelle attuali per i palestinesi.

In quel periodo, mentre l’offensiva nei confronti di Fatah si faceva durissima e la corruzione di quest’ultima raggiungeva livelli inaccettabili, fiorivano le strutture legate al mondo islamista ( nella sola Gaza nel 1992 le moschee diventano oltre 600 ). I contributi economici che Hamas riceveva in vario modo ( più o meno direttamente dal governo israeliano, nonché dai contributi dell’allora parte più agiata dei palestinesi che versava regolarmente quote all’organizzazione musulmana ), si sono trasformati in welfare diffuso : ospedali, scuole e tutto quello che concretamente conduce ad un reale radicamento tra il popolo.

La caduta del muro, il crollo dell’Urss di certo non aiutarono le organizzazioni ed i partiti progressisti e laici, in qualche modo legati al movimento comunista e progressista internazionale, avallando ancor di più la tesi che la “ prospettiva islamica “ era l’unica percorribile per il martoriato popolo palestinese.

Il rafforzamento di Hamas ( dalla storia sempre molto contraddittoria : nel ’91 ad esempio, l’organizzazione islamica fu molto timida nel condannare la prima guerra del Golfo, cosa che fecero senza esitazione sia Fatah che Arafat), ebbe come conseguenza il rafforzamento di una destra ancora più feroce in Israele, che è riuscita ormai a permeare anche settori più moderati della politica e della cultura israeliana.

Da quel momento, i rispettivi rafforzamenti si “ tengono “ : più violenza da parte di Israele, più si rafforza Hamas e se questa cresce, cresce ancor di più la violenza israeliana.

Hamas, oggettivamente finisce per essere “strumento” del governo israeliano. Non si può non vedere questo drammatico aspetto. In questi tristissimi giorni, questo “ indiretto ” legame tra Hamas e Israele è molto evidente.

Ora più che mai la guerra appare come uno strumento che favorisce le posizioni più violente, fasciste ( per dirla come Mohammed Nafa’h, segretario del partito comunista israeliano ) della destra e di quasi tutto il mondo politico israeliano : il dramma è che si sta facendo una vera e propria campagna elettorale massacrando centinaia di persone nel silenzio, quando non nell’appoggio della comunità internazionale

Oggi però, davanti un tale massacro le organizzazioni e i partiti attivi nella resistenza a questa ennesima e vile aggressione devono giustamente collaborare, non possono fare altro : le spaccature sarebbero dannose per tutti. Fa benissimo quindi il FPLP ( Fronte Popolare per la liberazione della Palestina ) a farsi promotore in questi giorni di manifestazioni e raduni unitari**, facendo da “ cerniera “ tra Fatah e Hamas. Ma fa altrettanto bene nel cercare di risollevarsi, nel cercare di creare le condizioni affinchè rinasca una sinistra laica e progressista.

Il nostro compito ora deve consistere nel condannare il genocidio in atto a Gaza, condannare quei comportamenti che da anni provocano nei palestinesi inaccettabili sofferenze. Oggi, come ieri e come domani, è necessario stare al fianco del popolo palestinese, della sua eroica resistenza, della sua causa, impegnandoci, indignandoci, mobilitandoci.
Ma sapendo che difficilmente, senza la rinascita in Palestina di una sinistra forte, maggioritaria , realmente progressista e quindi laica si potrà a breve trovare una vera soluzione alla “questione palestinese “.

note:

*vedi “ Una guerra empia “ e “ L’Alleanza contro Babilionia “ (Eleuthera ed.) di John K. Cooley ;

“ Koteret Rashit (ottobre 1987 ) settimanale israeliano

** intervista a Khalida Jarrar deputata del FPLP al consiglio legislativo da Il Manifesto del 31/12/08 ;

Per un quadro completo della questione palestinese e della storia della sinistra in Palestina “ PALESTINA 1881-2006. di Fabio De Leonardis (Ed. La città del Sole) “

Messaggi

  • Con che coraggio date ragione a dei terroristi che predicano solo la guerra persone che mandano i propri figli a farsi esplodere?
    Ogni stato civile, trova sempre un dialogo, seppur nella guerra un popolo punta la propria strada in mezzo ad un conflitto nel tempo verso la pace, ma le loro idee da fanatici sono tutte orientate verso carneficine distruzione e morte...e voi avete coraggio di scrivere degli articoli che li difendono? forse avranno colpa anche gli israeliani, ma non credo che a questo tempo a questa epoca si debba sempre parlare di guerra...se questo conflitto serve a trovare la pace allora ben venga...ma non parlatemi di negoziare con chi predica solo la morte e la distruzione totale di un popolo...

  • È tardi. Sono stanco a seguire le notizie che per oltre il 90 per cento sono di giustificazione ideologica della mattanza. Proprio in questo contesto io non credo che noi abbiamo il diritto di giudicare Hamas e la sua politica. A noi è sufficiente valutare la legittimità della resistenza di hamas e la illegittimità di Israele fin dalla sua fondazione, e prima ancora. Mi sembra evidente la prassi non solo di sterminare o mettere in ginocchio i popoli, ma anche di decidere quali governi possono avere. In un celebre discorso Vittorio Emanuele Orlando parlo di “cupidigia di servilismo” a proposito dei nostri governanti che andarono a firmare il trattato di pace. Da allora il servilismo è diventata la pratica costante della nostra classe politica, generalmente corrotta. Non credo che da parte della sinistra e di altri la liturgia dell’antifascismo e dell’antinazismo sia stata saggia politica. La delegittimazione del proprio passato storico si traduce nella delegittimazione del proprio presente. Il modello Europa, cioè come l’Europa è stata messa in ginocchio dagli Usa e come è stata rieducata, vuole chiaramente essere un modello da applicare in Medio Oriente. Da una parte ci si avvale di classe politiche corrotte: lo sha, gli emirati arabi, Abu Mazen, oppure di regimi fantocci imposti con la guerra e l’occupazione permanente (i SOFA). La cultura islamica sembra però refrattaria nel suo complesso al modello occidentale. Credo che se loro resisteranno, potranno liberare anche noi da un servaggio che ormai sta diventando la nostra seconda natura.