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Palestina: ritorno alla barbarie

Publie le sabato 3 aprile 2004 par Open-Publishing

Dazibao


Ran HaCohen e’ nato in Olanda e cresciuto in Israele. Insegna Letterature
Comparate all’Università di Tel Aviv ed e’ critico letterario per il quotidiano
Yedioth Ahronot. Scrive occasionalmente per Antiwar (NdR)


di Ran Ha Cohen

Dopo il trauma della Seconda Guerra Mondiale, la comunità internazionale si impegnò ad
attenersi a determinati standard morali nel tracciare le linee guida della legalità internazionale. La
Convenzione di Ginevra relativa alla Protezione dei Civili in Tempo di Guerra
del
1950, stabilisce che "le persone che non prendono parte attiva alle ostilità,
inclusi i membri delle forze armate che abbiano deposto le armi e coloro che
sono hors de combat a causa di malattia, ferite, detenzione o per altre cause,
saranno, in tutte le circostanze, trattati con umanità" (articolo 3). Tale principio
deriva semplicemente dall’idea che lo scopo di una guerra non e’ l’annichilimento
ma la messa fuori uso delle forze armate nemiche.

Inoltre, gli articoli 47-78 della Convenzione proteggono le persone che "si trovino,
in caso di conflitto o di occupazione, nelle mani di una delle parti in conflitto
o di una potenza occupante di cui essi non sono cittadini", e definisce i diritti
di tali "persone protette". Ancora una volta l’idea e’ che l’umanità debba proteggere
le persone che siano alla mercé di una forza d’occupazione, poiché la sconfitta
(del loro esercito) non fa loro perdere i diritti umani; e che questa idea, come
dimostrò all’epoca l’occupazione nazista, non e’ sempre chiara alle forze occupanti,
per cui dovette essere avvalorata da una Convenzione internazionale.

Dunque:
"La Potenza Occupante permetterà ai ministri della religione di dare assistenza
spirituale ai membri della loro comunità religiosa" (Articolo 58)

"Nessuna sentenza sarà pronunciata dalle corti di competenza della Potenza Occupante
se non dopo un regolare processo" (articolo 71)

"Ciascun condannato avrà il diritto di appello garantito dalle leggi applicate
dal tribunale" (Articolo 73)

"In nessun caso un condannato a morte sarà privato del diritto a chiedere una
grazia o la commutazione della pena. Nessuna sentenza di morte sarà eseguita
prima del termine di un periodo minimo di sei mesi" etc etc ... (Articolo 75)

Oltre a ciò, la Convenzione pone clausole speciali per "le persone protette che
abbiano commesso offese miranti a colpire esclusivamente la potenza Occupante" (Articolo
68). Ciò riflette un principio ancora più antico dell’illuminata legislazione
internazionale, che riconosce il diritto dei popoli occupati ad usare la forza
contro gli occupanti. Tale determinazione, basata sui principi della Convenzione
Internazionale dell’Aja del 1907
e confermata dal Tribunale
di Norimberga
, fu essenziale per prevenire l’accusa di "terrorismo" fatta
dai nazisti alle forze della resistenza che operavano segretamente nei territori
occupati dai tedeschi: sebbene i civili disarmati non dovrebbero mai essere colpiti,
la resistenza all’occupazione, inclusa la resistenza violenta, e’ legittima.
Ciò implica anche l’idea che la forza dell’occupante non gli garantisce la ragione,
e che ogni essere umano ha il diritto di lottare per la sua libertà politica.

ASSASSINIO POLITICO

Leggendo gli articoli 47-78 della Convenzione di Ginevra, e’ difficile trovare
un solo articolo che non sia stato violato da Israele come potenza occupante.
L’articolo 49, ad esempio - "La Potenza Occupante non deporterà o trasferirà parte
della sua popolazione civile nel territorio che occupa" implica l’illegalità degli
insediamenti colonici israeliani. Tuttavia, l’assassinio di sheikh Yassin riflette
un nuovo livello di barbarie raggiunto da Israele.

L’assassinio di Yassin e’ un crimine a differenti livelli. Uccidere una persona
disarmata e’ un crimine. Uccidere una persona anziana ed indifesa su una sedia
a rotelle e’ un crimine spregevole. Ma l’assassinio di Yassin (ucciso insieme
ad altri otto palestinesi innocenti) non e’ solo l’assassinio di un vecchio sulla
sedia a rotelle. Tali crimini di guerra, commessi dall’occupante contro le persone
occupate "protette" - l’assassinio casuale di vecchi, bambini, donne, invalidi,
disabili mentali e tutti i generi di civili "protetti" disarmati, innocenti,
indifesi ed inoffensivi - sono il pane quotidiano dei palestinesi da anni. Ma
l’assassinio di Yassin, l’assassinio di un leader politico e religioso, e’ un
crimine di un genere molto speciale.

L’assassinio e’ chiaramente proibito dall’Articolo 23b dei Regolamenti dell’Aja
del 1907. Persino la politica americana mette al bando gli assassini politici.
Un leader politico o religioso (almeno il leader di un movimento spontaneo, come
era Yassin) rappresenta direttamente i suoi sostenitori, e l’entità politica
o religiosa di cui fa parte. Viene scelto non come individuo, ma come simbolo
e rappresentante delle sue masse, siano esse composte da sostenitori politici,
fedeli religiosi o, come nel caso di Yassin, da entrambi. Yassin e’ stato colpito
in quanto simbolo della religione, della cultura, della società e delle istituzioni
del popolo palestinese. Bisogna ricordare qui che Hamas non e’ solo un’organizzazione
militare o terrorista, come gli USA ed Israele vogliono farci credere, né e’
solo un partito politico; Hamas gestisce un’intera rete di scuole, cliniche ed
assistenza sociale in una comunità impoverita fino al punto dell’inedia da decenni
di sfruttamento e strangolamento. La questione non e’ se ci piacciano o meno
le convinzioni religiose di Yassin; né il fatto che sia stato lo stesso Israele
a favorire la crescita del movimento Hamas durante gli anni ’80, nella speranza
di indebolire l’OLP di Arafat. Il punto cruciale della questione e’ quello che
il sociologo politico israeliano Lev Grinberg ha definito "un genocidio simbolico":
poiché il mondo non permetterà l’annichilimento fisico totale, sta avendo luogo
un annichilimento simbolico". Il messaggio di quest’atrocità e’ il seguente:
la guerra di Israele non punta a mettere fuori uso le forze armate nemiche, ma
all’annichilimento, almeno in maniera simbolica.

Yassin era un leader religioso, senza essere un asceta. Aveva resistito all’occupazione,
che era un suo diritto fondamentale. D’altra parte, aveva supportato il cessate
il fuoco e, solo poche settimane fa, aveva offerto ad Israele di tenere fuori
i civili dalla spirale di violenza, un’offerta rifiutata dal governo Sharon.
Può aver istigato alla violenza, può essere stato responsabile degli attacchi
in Israele: ma se questo era il caso, avrebbe potuto e dovuto essere processato.
Si e’ innocenti fino a che un tribunale non stabilisca altrimenti. Uccidere una
persona senza processo - non una persona con in mano una bomba, non una persona
armata durante un combattimento - e’ terrorismo, e’ barbarie.

Israele aveva arrestato Yassin, in passato; questa volta non ha neppure tentato
di farlo. Forse perché non vi erano prove, forse per il consueto disprezzo della
legge da parte dell’esercito israeliano. Ma soprattutto, l’assassinio di Yassin
intendeva cambiare le regole del gioco: reiterare che lo scopo di questa guerra
e’ l’annichilimento, non la sconfitta, e che da ora in poi tutto sarà possibile.
Per questo obiettivo, l’assassinio del fragile ed indifeso Yassin, nella sua
sedia a rotelle, che tornava a casa dopo una notte trascorsa in preghiera, e’
stato un messaggio molto più efficace rispetto all’assassinio di un Arafat armato
ed in uniforme. Il messaggio e’ il seguente: Israele non ha limiti, né morali
né legali. Israele può colpire vecchi ed invalidi, leaders politici e capi religiosi.
Se uccidiamo Yassin, possiamo uccidere chiunque; nessun giudice, nessuna moralità,
nessuna convenzione e nessuna legge può fermare i nostri missili.

DA GERUSALEMME A WASHINGTON

Il Regno Unito, il cui ricordo della Seconda Guerra Mondiale e’ ancora vivido,
ha notato questo grosso salto verso la barbarie ed ha condannato l’assassinio.
La reazione americana, invece, si e’ limitata ai soliti, disgustosi cliché sul "diritto
di Israele a difendersi" e sull’ "invito ad entrambe le parti". Sotto i Bush,
Israele e’ all’avanguardia nel far rivivere l’ideologia sconfitta con la Seconda
Guerra Mondiale. In pochi anni, Israele si e’ trasformato dalla retroguardia
che combatteva guerre antiquate per cause antiquate, all’avanguardia della barbarie,
seguita dagli USA. L’intero arsenale di barbarie dell’occupazione israeliana
un arsenale fisico, tattico, strategico, linguistico ed ideologico - si fa
strada da Gaza a Baghdad, dalla prigione di Megiddo a Guantanamo Bay, dal Jerusalem
Post al Washington Post.

"UN EVENTO COSTITUTIVO"

Dopo l’assassinio, gli scaglioni militari israeliani citati da Ha’aretz (23.3.04)
lo hanno definito "un evento costitutivo", uno di quegli eventi che faranno la
Storia. Davvero. A meno che non emerga una reazione globale a questa barbarie
non del tipo di al-Qaida, ma qualcosa di simile a ciò che abbiamo visto alle
recenti elezioni in Spagna; a meno che non rinnoviamo la lotta per la legalità nata
sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e non ci liberiamo di coloro che sono
responsabili dell’imbarbarimento della razza umana, l’assassinio israeliano di
sheikh Yassin potrà entrare nella storia come il momento in cui il concetto hitleriano
di guerra per l’annichilimento, di disprezzo per le convenzioni fondamentali
dell’umanità, ha celebrato il suo trionfo, condiviso ed imposto dall’asse Sharon,
Bush e bin Laden.

traduzione a cura di www.arabcomint.com
da antiwar.com

03.04.2004
Collettivo Bellaciao