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in nome della Memoria : La diga del Vajont e la Tav in Val di Susa

par Zag(c)

Publie le lunedì 14 ottobre 2013 par Zag(c) - Open-Publishing
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In queste settimane si sono succedute , quasi in contemporanea due avvenimenti che apparentemente sono lontanissimi, ma che hanno qualcosa in comune. L’approvazione della legge contro il femminicidio e la commemorazione della strage del Vajont.
Che ci azzecca? mi direte.

Si infatti detto cosi sono apparentemente, ripeto, avvenimenti, fatti che non hanno nessun legame. Cosi non è . Il "vestito" del decreto contro il femminicidio è un contenitore il cui l’aspetto e forma dello stesso nulla a che fare con il contenuto. Un decreto formato da undici articoli di cui solo cinque parlano delle donne. Il resto di tutto e di più. E’ una pratica di cui i governi Berlusconi erano diventati bravissimi e che l’attuale governo monocolore ha ereditato quasi che il discepolo abbia superato il maestro. Uno di questi articoli di legge "fuori tema" prevede di equiparare ad attività di spionaggio la documentazione di quanto avviene nel “sito di interesse strategico nazionale" in Val di Susa. Si prevede fino a 5 anni di reclusione e la possibilità di essere fermati e di consegnare macchine fotografiche o videocamere o cellulare per controllare il contenuto di immagini. Sarà dunque impossibile dare conto alla pubblica opinione anche per "giornalisti di mestiere" di quel che succede in Val di Susa. Una vera e propria censura, una violazione ai principi e basilari concetti di libertà di stampa e diritto ad essere informati, persino per la democrazia borghese. La sindrome che ha preso il procuratore Caselli che vede terroristi e minacce ad ogni piè sospinto supportato e confortato dalle forze dell’ordine , Polizia, esercito, carabinieri, Questura e quant’altri a "non rompere i coglioni" e "lasciateci in pace che abbiamo da lavorà". Un Bodin moderno . L’uno ossessionato da streghe e negromania, l’altro dalla moderna caccia alle streghe sotto le spoglie del terrorismo.
E questa nuova forma di ossessione compulsiva ha tanto preso e fatto breccia nelle coscienze "diffuse", tanto che durante una trasmissione , apparentemente per la salvaguardia della natura" condotta una domenica mattina in una televisione di Stato per chiudere l’argomentare di uno scienziato che discerneva sulle catastrofi definite naturali ma che tanto naturali non erano ed esortava alla nascita di comitati e movimenti per la difesa del suolo e la salvaguardia della natura. Come per il "No Muos" o il "NO Tav". Stop del conduttore. " No li c’è una infiltrazione dei terroristi. E’ un’altra storia" E ha chiuso il collegamento! Di quell’opera non si può parlare, E’ stato dato la direttiva che parlare di No Tav e come leggere un comunicato delle Brigate Rosse.

L’altro avvenimento in relazione a questo è la commemorazione della strage del Vajont . Non voglio qui soffermarmi sulla ipocrisia e sulla sfacciataggine con cui è stato commemorato quella strage. Ma io ho rivisto una piece teatrale di Marco Paolini sulla strage del Vajont . E anche per quell’opera preparata e ideata fin dal ’26( redatta da Carlo Semenza) e realizzata solo nei primi anni 60, numerosi erano stati gli allerta e l’opposizione da parte della popolazione che ben sapeva perché a quella montagna era stato dato il nome Toc. ( Nel triveneto significa "pezzo", ma in lingua friulana indica anche qualcosa di "guasto", "avariato", "sfatto")
Numerosi erano stati gli scienziati dell’epoca che sconsigliavano non solo l’opera nel suo progetto iniziale figuriamoci la variante che prevedeva l’innalzamento della stessa di ben oltre 60 metri( La Paz solo per fare un nome, che firmo comunque il progetto, inspiegabilmente visto che ne era stato da principio uno strenuo oppositore- sua relazione del 1928-) . Una pazzia, un disastro annunciato! E la stessa giornalista Tina Merlin, giovane cronista del quotidiano comunista l’Unità, .che faceva , da sola, opera di divulgazione e di controinformazione venne azzittita e apostrafata da Montanelli come "Sciacallaggio" a tragedia compiuta. Tutti coloro che si opponevano e che dimostravano tecnicamente e scientificamente la pazzia di quell’opera erano o zittiti, o minacciati, o comprati dalla La Sade. Intorno a quella diga fu costruita un cordone sanitario e tutto quello che accadeva come preannuncio del disastro, era nascosto o sminuito o messo a tacere.

La protervia, l’incuranza, la miopia di fronte ai moniti che vengono lanciati anche qui nella Tav come nel Vajont hanno tutti la stessa radice e ragione d’essere. Non è ignoranza o miopia o stupidità, ma solo la ragione degli interessi e del profitto dei pochi

Io spero che quella ennessima pazzia dell’opera in Val di Susa non venga mai realizzata, ma se dovesse essere portata a termine ricordiamoci tutti della diga del Vajont.

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Messaggi

  • Ho visto che l’articolo citava la compianta Tina Merlin. Senz’altro indegnamente, ho avuto l’onore di conoscerla tanti anni fa. Era il 1969 e mi trovavo a Valdagno in “visita” alla fabbrica occupata di Marzotto. Portavo la mia testimonianza, un volantino di solidarietà di alcuni studenti dell’istituto magistrale di Vicenza dove avevo organizzato uno sciopero riuscendo a tener fuori un paio di classi (in particolare la mia, la 3° E).
    Credo in quella occasione di aver avuto un alterco con il futuro sindaco Variati che era, mi pare, in 2° (e forse già seguace di Rumor) che voleva entrare. A Valdagno lasciai il volantino agli operai “di guardia” (non era l’occupazione delle fabbriche del 1921, ma insomma era già qualcosa) e ritornai a Vicenza in autostop. A darmi un passaggio fu proprio Tina Merlin (giornalista dell’Unità) che mi aveva intravisto parlare con gli operai. Ovviamente consegnai anche a lei copia del volantino (che poi inserì nel suo libro “Avanguardia di classe e politica delle alleanze” Editori Riuniti, 1969). Le lotte della classe operaia di Valdagno erano diventate di rilevanza nazionale con la rivolta del 19 aprile 1968 (evento a cui, non del tutto casualmente, avevo partecipato, almeno come spettatore -ricordo che all’epoca avevo sedici anni).
    Del viaggio ricordo soprattutto un suo auspicio: “Voi giovani vedrete realizzarsi i nostri sogni, quelli del vostri genitori…un mondo meno ingiusto..” (cito a memoria). Sembrava convinta e non posso fare a meno di pensare a quanto ne sarebbe delusa, vedendo il disastro, non solo ambientale, compiutosi in questi anni…
    In ogni caso la sua testimonianza rimane salda, a futura memoria (come quella di un’altra donna dall’analogo destino, aver previsto e anticipato i drammi dell’inquinamento e venir per questo derisa e umiliata: Rachel Carson, autrice di “Silent Spring”, del 1962).
    Scusate per l’intervento a carattere memorialistico (e forse troppo personale) ma invecchiando sto diventando sentimentale, ciao
    Gianni Sartori

    PS il volantino si trova a pag. 225 del libro citato (“Gli studenti del “Fogazzaro” in sciopero, Vicenza 8 febbraio 1969). Lo avevo scritto nella sede del PSIUP di Vicenza insieme all’allora compagno, poi democristiano, Alfredo Zaniolo (con la supervisione, in parte censoria, di Domenico Buffarini).
    Riporto la conclusione:

    “Operai!
    Gli studenti non vi esprimono solo la loro solidarietà, ma vi portano il contributo cosciente della loro lotta contro il comune nemico, il capitalismo!
    Uniti, studenti e operai possono costruire un mondo nuovo!
    Uniti, studenti e operai possono diventare padroni del loro destino!
    A Valdagno, a Vicenza, nel Veneto, in tutta Italia studenti ed operai uniti nella lotta”.

    La lotta continua? Forse…
    ciao
    Gianni Sartori