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Draghi parla. E sono problemi veri per l’Italia

par Senza Soste - Redazione

Publie le martedì 12 agosto 2014 par Senza Soste - Redazione - Open-Publishing
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L’analisi della portata dei dati sulla recessione italiana non poteva prescindere dal consueto discorso, quello del primo giovedì del mese, da parte del presidente della Bce Mario Draghi. L’annuncio di una qualche politica all’americana, come auspicato e a tratti persino anticipato da qualcuno, di iniezione di liquidità nel mercato, di acquisto diretto di debito pubblico avrebbero sicuramente aiutato il governo Renzi. Ma anche una definizione più precisa delle politiche di finanziamento alle banche, con l’obbligo di prestare parte di questo finanziamento alle imprese produttive, un aiuto al governo Renzi l’avrebbe dato comunque. Certo, a differenza di qualcuno che non è ancora sceso sulla terra o fa finta di non esserci sceso, non c’è da aspettarsi molto dal combinato di iniezione di liquidità nel mercato ed egemonia dell’economia darwiniana e selettiva. Lo provano le politiche di stimolo di Obama del 2010 e le Abenomics giapponesi degli ultimi mesi. Ma per il governo Renzi si sarebbe trattato comunque di ossigeno finanziario poi, un domani, qualcosa si sarebbe inventato.

E’ andata che Draghi ha parlato, dicendo “faremo cose straordinarie se richiesto dalla situazione”, ma non ha fatto niente. E’ il primo, grosso problema per il governo Renzi paralizzato dai patti di stabilità europei quindi bloccato negli investimenti e con il Pil in caduta. E per adesso senza un visibile immediato aiuto da parte della Bce (nonostante l’appello di Bini-Smaghi, sodale di Renzi ed ex membro del Board della Bce). E con una recessione che è partita con l’insediamento di Monti e non si è mai fermata a riprova della politica suicida del centrosinistra di appiattimento su Ue e Bce. Ma è anche un problema per Draghi che aveva già usato parole come queste (“faremo tutto quando il necessario”) due anni fa. Nel periodo acuto della crisi del debito sovrano. Allora ebbero un effetto nelle politiche e sui mercati. Oggi ripeterle sembra più che altro un esercizio di governance usurata. Certo, i tassi di interesse rimarranno bassi, e questo non piace ai fondi pensione tedeschi (soggetto che conta) che vedono erosi i loro margini di profitto, ma Draghi, a differenza di altre occasioni (il piano straordinario di finanziamento alle banche del 2011), non è venuto in aiuto agli interessi immediati del governo in carica a Roma. Anzi, se si legge il discorso di Draghi in controluce, dalla Bce per il governo Renzi sembra di intravedere che arrivino più problemi che aiuti.

Ma qui andiamo per gradi: secondo il Financial Times Draghi si è trovato, nel discorso del primo giovedì del mese, a dover dare risposte almeno di fronte a 5 punti nodali che si sono sovrapposti nelle ultime settimane: stagnazione, tensioni, geopolitiche, deflazione, istituzione degli Abs (strumenti di cartolarizzazione del debito che, in sé, sono all’origine della crisi Lehman e che invece la Bce vuol vendere come risolutivi di parte della crisi di liquidità bancaria), pressioni politiche. Tra queste ultime il Financial Times metteva proprio quelle di Renzi per l’allagamento del patto di stabilità e la possibilità di stanziare maggiori investimenti per l’Italia. Una risposta, indiretta, a Renzi c’è stata. E non è delle migliori per Matteo Renzi. Anzi, contiene proprio l’altro problema grosso: Draghi ha infatti parlato di necessità della cessione di sovranità, da parte dei paesi membri dell’eurozona, per “le riforme”. Il gioco di sponda tra Berlino, Parigi e la City, come sognato da Renzi, per strappare qualche miliardo di tagli in meno nella legge di stabilità o la benevolenza su qualche legge più favorevole all’Italia è stato stoppato appena agli inizi. Renzi, leggendo Draghi, deve cedere maggiore sovranità a Bruxelles.

Per adesso, per il governo italiano, è più un invito ad autocommissariarsi che altro. Poi, se la presenza di Padoan (che, non dimentichiamo ha responsabilità dirette come Fmi nel default argentino del 2001 e nel recente dissanguamento della Grecia) non fosse del tutto rassicurante allora magari Francoforte chiuderebbe gli occhi verso ipotesi di cessione di sovranità più formali. C’è quindi da considerare che il disimpegno di Goldman Sachs dagli investimenti nel debito sovrano italiano trova in Draghi, ex consulente dello stesso colosso finanziario, piena legittimità. Non ci sono, per adesso (poi vedremo nel prossimo futuro) gli estremi per investire in Italia: pessimo outlook economico, disimpegno investitori finanziari che è cominciato nel 2013, mancanza di sostegno, almeno al momento, da parte della Bce, rischi di di frenata non solo dell’economia globale ma anche della politica di immissione di liquidità della Federal Reserve (che ha permesso di tenere Btp bassi in assenza di una economia reale solida grazie alla politica “metto in mano ai finanzieri soldi a costo zero purché comprino e rilancino i mercati” da parte degli Usa).

Se Draghi è quindi fermo, con dichiarazioni di principio che non smuovono molto su crescita e deflazione registrando forti tensioni geopolitiche, Renzi si muove. Ma nella direzione non proprio gradita: quella del precipizio politico. Senza grosse sponde a Berlino, Bruxelles e nella Bce, l’attuale presidente del consiglio potrà infatti vendere quanto vuole, via Twitter, la riforma del senato e quella elettorale. E’ destinato infatti alla sconfitta economica e, di conseguenza, a quella politica. Sarebbe solo questione di tempo se le cose continuassero nel modo prefigurato da Draghi. Per questo Renzi non si arrenderà.

Ma il tempo delle chiacchiere è finito: o l’Italia sfora, in qualche modo, il patto di stabilità, con gli investimenti pubblici (visto che quelli privati comunque non ci sono) o rimane nella spirale recessione-tagli-recessione. Con conseguenze immaginabili. Ma forse poco, vista la fiducia vanesia con la quale Renzi è stato votato. Karl Kraus diceva che per prevenire le guerre basterebbe l’immaginazione dei loro effetti. La regola vale anche per le guerre finanziarie, un secolo dopo.

Redazione Senza Soste, 8 agosto 2014

http://senzasoste.it/nazionale/draghi-parla-e-sono-problemi-veri-per-l-italia

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Messaggi

  • DRAGHI, LA SOVRANITÀ NAZIONALE E LA SINISTRA CHE HA VENDUTO L’ANIMA AL DIAVOLO

    di Piemme

    9 agosto. Eugenio Scalfari, ben consapevole che il governo Renzi andrà incontro al fallimento, ha apertamente invocato il sopravvento della troika. Un segnale che in certi circoli delle classi dominanti a tutto si è disposti pur di salvare l’euro e l’Unione europea, anche a costo di privare il Paese degli ultimi brandelli di sovranità politica.

    Un’affermazione gravissima, che in altri tempi avrebbe suscitato un generale moto d’indignazione, e che invece è passata come se fosse una cosa normale, un esito che starebbe nell’ordine delle cose.

    Gli ha fatto eco Mario Draghi l’altro ieri quando, non in un fuori onda, ma in una sede ufficiale ha dichiarato: "Per i Paesi dell’Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali".

    Anche in questo caso: assuefazione. Nessun sussulto, nessuna protesta si è seriamente levata, né da parte dei diversi partiti politici, né da parte delle istituzioni. Anche a sinistra, silenzio tombale.

    E’ vero, e noi lo diciamo da tempo, che il nostro Paese è, almeno dal 2012, in una specie di "Stato d’eccezione", quindi commissariato", sottoposto ad un regime di "protettorato" europeo.

    Soli, o quasi completamente soli, noi di MPL lanciammo l’allarme: occorreva respingere la cessione di sovranità, per due principali ordini di motivi: quella cessione era strumentale a piani di austerità antipopolari draconiani e, in secondo luogo implicava sospendere la democrazia costituzionale, e quindi imboccare la strada di una stretta autoritaria.

    A sinistra, per questo nostro invocare la difesa della sovranità nazionale, venimmo accusati di essere "nazionalisti", e quindi additati al pubblico ludibrio. Era il segnale che la sinistra "radicale" non solo non avrebbe ingaggiato questa battaglia democratica, ma che era di fatto succube del Partito democratico. Nemmeno i cinque stelle, che tanto sbraitano in difesa della democrazia, hanno denunciato le affermazioni gravissime di Draghi e chiamato alla resistenza.

    E’ di una inaudita gravità che questa sinistra non comprenda che togliere la sovranità nazionale implica eliminare quella popolare, col che addio democrazia. Ed infatti guardate ciò che stanno facendo Renzi e Berlusconi: il mix tra riforma costituzionale e elettorale sta facendo nascere una terza repubblica in cui non più il Parlamento è l’organo sovrano, ma il governo. Lo stesso tipo di passaggio che in Italia e in Germania precedette l’avvento di fascismo e nazismo.

    Che certe sinistra dottrinarie e estremistiche se ne fottano di difendere la "democrazia borghese", questo non poteva stupirci. Ma che se ne freghino pure quelle che per decenni hanno osannato la Costituzione come se fosse la "più bella del mondo", questo è davvero un fatto inaudito. Tutto in nome del mito dell’europeismo. Quanti danni può fare il tabu del "nazionalismo"!

    Chissà se ora, dopo che Draghi ha apertamente invocato il predominio esterno (quello delle oligarchie espressione della grande finanza predatoria) ciò che resta della sinistra, quella che non si è ancora venduta, riuscirà a ravvedersi? Questa è davanti all’ultimo bivio: lascerà alle destre la battaglia in difesa della sovranità nazionale democratica o se ne farà paladina? Farà autocritica o persevererà nella strategia del suicidio?

    La sovranità... sarà uno dei temi al centro del Forum europeo che si svolgerà ad Assisi dal 20 al 24 agosto prossimi. Vale la pena esserci.

    http://sollevazione.blogspot.it/2014/08/draghi-la-sovranita-nazionale-e-la.html