Home > DEMOCRAZIA, OPPOSIZIONE, EGUAGLIANZA SOCIALE, DIALETTICA POLITICA

DEMOCRAZIA, OPPOSIZIONE, EGUAGLIANZA SOCIALE, DIALETTICA POLITICA

par Franco Astengo

Publie le mercoledì 22 aprile 2015 par Franco Astengo - Open-Publishing

DEMOCRAZIA, OPPOSIZIONE, EGUAGLIANZA SOCIALE, DIALETTICA POLITICA di Franco Astengo
Il tema del concetto di democrazia è tornato di prepotenza in primo piano nel corso delle tormentate vicende del nostro sistema politico in occasione della sostituzione d’imperio dei deputati del PD con altri esponenti dello stesso partito nell’ambito della I commissione, Affari Costituzionali, della Camera dei Deputati.
Una decisione assunta dal comitato direttivo del gruppo del PD senza alcun dibattito e contradditorio che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha definito come “un atto di esercizio di democrazia”.
Siamo di fronte, invece, a un segnale gravissimo di degenerazione dell’applicazione del concetto democratico, un gesto di vera e propria natura dittatoriale: un atto che è avvenuto, tra l’altro (fatto non secondario) in previsione di un voto sulla nuova legge elettorale.
Nuova legge elettorale il cui testo presenta con tutta evidenza elementi di totale incongruenza con i principi costituzionali e, in più, rappresenta il punto di appoggio e di passaggio per la fuoriuscita del sistema politico italiano dal sistema di democrazia Parlamentare verso un regime di tipo presidenzialista – autoritario, senza che – sotto quest’aspetto – il testo Costituzionale venga modificato.
Un atto di vero e proprio inganno sul piano politico e parlamentare.
Un vero e proprio “vulnus” sul piano democratico che reclama immediatamente una reazione ben più forte di quanto non si stia verificando adesso.
Per cercare di realizzare un confronto maggiormente approfondito sembra proprio il caso di riproporre alcuni punti di fondo di un’espressione di orientamento politico che è necessario mettere in campo chiedendo alla sinistra di assumerli e di costruirvi sopra un’opposizione di tipo sistemico verso la deriva autoritaria che sta impetuosamente egemonizzando il nostro sistema politico.
Sono presenti, infatti, due fenomeni di grandissima portata che, particolarmente nella situazione italiana assumono una specifica importanza: il divorzio sempre più crescente tra le forme considerate “classiche” della democrazia e l’affermarsi di nuove forme di aggressione capitalistica ( il “turbocapitalismo” o ordocapitalismo non può tollerare la realtà di un regime democratico-parlamentare, ha bisogno del decisionismo dell’uomo solo al comando) e l’emergere di una concezione “darwiniana” della politica che prevede l’abolizione della dialettica e della conseguente espressione di rappresentanza.
Questo secondo elemento, dell’affermazione di questa concezione –appunto- di tipo “darwiniano” di agire della politica costituisce l’elemento più concretamente visibile che agisce nel quadro della vicenda politica italiana e si riflette con grande pesantezza sull’insieme dei rapporti sociali, la sopraffazione, la crescita delle diseguaglianze e delle ingiustizie in un quadro di sostanziale limitazione delle possibilità di azione democratica.
Nella sostanza si tratta del collante che tiene assieme questo nuovo regime che la sinistra non ha saputo riconoscere e all’interno del quale sta continuando a muoversi con la stessa ignavia (o la stessa complicità?) già verificatasi in altri tragici frangenti della storia.
Non è questione di regole da mantenere o da riaffermare (anche se questa parte del discorso non può essere sottovalutata) ma dell’accorgersi dell’assenza di una qualsiasi possibilità di espressione di un’effettiva dialettica politica e non tanto di semplice dialogo.
Dialettica politica intesa come fattore e luogo della contraddizione nel rapporto tra forze produttive e rapporti di produzione nello stadio dell’economia capitalistica: luogo nel quale si sviluppa l’integrazione delle classi sociali nel processo politico.
E’ nella dialettica che la storia umana coincide naturalmente con la storia del conflitto di classe che si esprime attraverso la tensione e la pratica politica attraverso le quali si delinea una nuova società alternativa all’esistente.
In questo quadro, naturalmente, per sfuggire all’irrazionalismo, emerge il concetto di “mediazione” (interpretato acutamente, sul piano filosofico, da Luckàs sull’asse Hegel-Marx) sulla base del quale si sono formate le soggettività politiche.
Era così emerso il concetto di rappresentanza: quello che oggi appare superato dall’affermazione di uno scambio tra “società dello spettacolo” e “società politica”.
La riflessione sul nesso inscindibile tra dialettica e rappresentanza rappresenta il punto vero su cui dovrebbe essere capace di esercitarsi una nuova sinistra.
L’elemento che ci troviamo di fronte e che sta all’origine della degenerazione dell’azione politica e della “deriva autoritaria” è quello della riunificazione del concetto di rappresentanza con quello di governabilità, realizzato attraverso l’esaltazione impropria del processo di personalizzazione della politica e il mutamento di natura, logica d’azione, composizione dei soggetti politici.
Questo fattore appena individuato ha portato al verificarsi di due situazioni entrambe fortemente negative: la prima al riguardo del ruolo dei partiti, rimasto assolutamente svincolato da qualsiasi rapporto con precise “fratture sociali” e configuratosi, di conseguenza, quale centro esclusivo dell’elargizione di quel potere di nomina e di spesa che produce quegli “incentivi selettivi” solo motore possibile dell’espressione prevalente del dominante “individualismo competitivo”.
In questo senso il tema della legge elettorale non è secondario così come quello della validità dell’articolo 67 della Costituzione che non vincola al mandato i rappresentanti del popolo.
Il tema della legge elettorale anzi diventa decisivo proprio nell’ottica del ristabilire elementi di dialettica sociale e politica e al riguardo del ruolo dei partiti rispetto alla logica della democrazia parlamentare, così come questa disegnata dalla Costituzione Repubblicana.
Il secondo elemento riguarda la delega totale dell’agire politico all’immediatezza della tecnologia e della comunicazione di massa nella forma prevalente dell’improvvisazione e della propaganda ormai portata a dimensioni parossistiche portando a trascurare anche gli stessi elementi fondamentali della coerenza di un possibile impianto legislativo con le norme vigenti sia sul piano giuridico, sia su quello finanziario.
Sono questi i fenomeni più evidenti nell’attualità della nostra vicenda politica all’interno di un quadro riguardante il divorzio in atto tra le forme democratiche borghesi e il capitalismo: lo dimostra la gestione del ciclo in atto sul piano globale, l’emergere di nuovi fondamentalismi nell’economia e nella cultura, l’affermarsi di opzioni poste al di fuori dalla logica razionale dell’illuminismo.
Un vero e proprio punto di “arretramento storico”.
Naturalmente i fenomeni denunciati sono di dimensione globale e si riflettono su di un quadro collocato ben oltre la nostra dimensione nazionale, come dimostrano i fatti di questi ultimi giorni: però è da questa considerazione che è necessario partire per una riflessione più accurata che porti all’elaborazione di una proposta politica compiuta che rimane, comunque, quella della costruzione di una soggettività organizzata capace di rappresentare una concezione politica “altra” (qualcuno direbbe “aliena”) dal quadro di vera e propria degenerazione fin qui presentato e che abbia dentro di sé quei connotati d’identità di fondo che la portino ad affermare la necessità dell’opposizione e il rapporto diretto con la storia del movimento operaio nell’idea di una radicale trasformazione di sistema con al centro l’idea dell’eguaglianza sociale e della dialettica politica intesa sul piano storico quale elemento concretamente sostenibile nell’attualità quotidiana.
L’assenza di un soggetto politico fondato sui due principi appena richiamati dell’eguaglianza sociale e della dialettica politica, appare dunque, come stiamo ben verificando oggi, del tutto esiziale: la sua costruzione appare come il solo possibile punto di partenza per l’avvio di una difficile ma indispensabile inversione di tendenza.