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Pomeriggio di fascistoide ebbrezza nella Cagliari dei vitelloni

par casteddu

Publie le domenica 4 dicembre 2016 par casteddu - Open-Publishing
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UN POMERIGGIO DI FASCISTOIDE EBREZZA NELLA CAGLIARI DEI VITELLONI DURANTE IL PRESIDIO NON UNA DI MENO in occasione della giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne.
A distanza di una settimana dalla giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, abbiamo deciso di raccontare l’episodio accaduto durante il presidio organizzato dalle Tambura Battenti (marching band di percussioniste cagliaritane) e dalla Associazione Circola nel cinema Alice Guy in concomitanza e in solidarietà alla manifestazione di Roma “Non una di Meno”.
Vogliamo informare tutte e tutti della presenza di loschi individui e individue nella nostra amata città, nonché di locali fascisto-accoglienti della Cagliari “bene”.
I FATTI
Sabato 26 novembre verso le 17 nei pressi di Piazza Costituzione alcune compagne si sono spostate dal presidio verso le scalinate del bastione per appendere un vecchio striscione del coordinamento femministe e lesbiche cagliaritano con scritto “Violenza maschile sulle donne, un affare di famiglia”.
Subito dopo averlo appeso un uomo, staccatosi da un gruppo che da tempo le guardava e filmava, lo ha strappato; al che è stato mandato via e lo striscione è stato rimesso a posto.
Due compagne rimaste sulle scale ad osservarli, notano che iniziano a importunare fisicamente una ragazza che volantinava.
Si avviciniamo per capire meglio se intervenire ma fortunatamente la ragazza riesce a divincolarsi.
Non paghi, gli uomini attirano a se un ragazzo senegalese che lavorava nei pressi e cominciano a parlarci e a mostrargli il cellulare; sembrava una storia strana, il ragazzo era a disagio e le compagne si avvicinano e gli chiedono se c’è qualche problema, lui risponde che vogliono fare solo una foto, e gli uomini dicono che si tratta di è un amico e che non stanno facendo niente.
Le donne rimangono un altro po’ ad osservare la scena che diventa sempre più ambigua, gli uomini circondano il ragazzo senegalese e lo addobbano con vari altri indumenti tipo “giullare” e sentono chiaramente che gli offrono dieci euro per fare una foto.
Ormai si era capito l’intento: fare una foto al negro (parola loro) vestito da buffone davanti allo striscione delle femministe. A quel punto le compagne si avvicinano al gruppo e senza mezze parole gli dicono che la foto non l’avrebbero fatta e fanno in modo che il ragazzo senegalese potesse svincolarsi. Alcuni uomini si spostano verso lo striscione dicendo che la foto invece l’avrebbero fatta lo stesso ma le compagne riescono a mandarli via in malo modo, ed uno di loro, non si sa se volontariamente o per sbaglio, ne ha spinto una che è caduta per terra.
Le compagne aspettano fino a quando finalmente gli uomini se ne vanno e notano che raggiungono la cricca di amici dentro il locale Antico Caffè.
Le donne si avvicinano al presidio mentre Le Tambura stavano suonando e notano che l’uomo che aveva strappato lo striscione era li confuso tra la folla, appena le riconosce scappa. Una delle donne quindi prende il megafono e racconta cioè che è avvenuto, chiedono solidarietà alla piazza ed essendo la cricca di amici ancora intenta a bere nella terrazza coperta dell’Antico Caffè ci avviciniamo al locale per far sentire la nostra presenza e per non farli passare inosservati.
Tra di loro c’è qualcuno che porta indumenti con scritte esplicitamente fasciste che fanno capo a gruppi di Casa Pound, e a quel punto sono partiti slogan antifascisti a cui hanno risposto, svelandosi, con il saluto romano mentre le tambura suonavano. A poco a poco si è creato una sorta di presidio spontaneo intorno al locale, indifferente a ciò che stava capitando, fino a quando alcuni di loro si sono allontanati seguiti dalle persone solidali che si erano avvicinate per assicurarsi che se ne andassero davvero.
Inoltre veniamo a sapere che nel primo pomeriggio una donna che ha partecipato al presidio in piazza era entrata nell’Antico Caffè e ha sentito una conversazione tra uomini che riportiamo pari pari “Ci sono le femministe. Ho chiesto ad una di mettergli la mano in culo e mi ha detto di no”; la compagna non si è limitata ad ascoltare, si è avvicinata per farli riflettere ma loro sembrava che non fossero in grado di intendere e di volere.
Brevi considerazioni
Riteniamo che questo episodio sia un esplicito attacco all’iniziativa “non una di meno” e che sia un fatto grave e anche nuovo per la nostra città, perché per quanto pulluli di fascisti, questi non si erano mai avvicinati, almeno nella nostra memoria storica degli ultimi 25 anni, ad iniziative femministe. Purtroppo invece si inserisce perfettamente nelle numerose azioni pubbliche italiane razziste e omofobe di una cultura destroide dilagante e negli episodi crescenti di violenza esplicitamente maschilista.
L’indifferenza degli astanti del locale, del gestore e anche dei lavoratori, nei confronti di un gruppo di uomini che compiono azioni per boicottare un’iniziativa contro la violenza maschile sulle donne, supportati purtroppo anche delle rispettive amiche che insieme fanno il saluto romano e cori fascisti ci ricorda invece quell’indifferenza che sa di complicità.
Ci ricorda la stessa tolleranza e quel silenzio omertoso che spesso si ha nei confronti di quei uomini violenti, chiunque essi siano: padri, figli, mariti, fidanzati, nonni, zii, vicini di casa, colleghi etc... che stanno uccidendo più di una donna ogni tre giorni, 160 donne uccise per mano di uomini in Italia nel 2016.
E’ la cultura dell’indifferenza che crea i presupposti del femminicidio e che non riconosce la violenza di genere come un problema collettivo ma personale e privato.
E’ la stessa indifferenza che i media nazionali hanno usato nei confronti della manifestazione di Roma, 200 mila donne e uomini che scendono in strada per denunciare il femminicidio prima di tutto, non valgono un articolo in prima pagina sulla stampa.
Ma ritorniamo alla piazza e al presidio di Cagliari.
Fortunatamente è stata espressa subito solidarietà alle donne che sono state più volte e in momenti diversi attaccate e ci siamo concesse il diritto e la libertà di voler allontanare degli uomini violenti e fascisti.
Abbiamo urlato con forza “fascisti carogne tornate nelle fogne” perché tornare nelle fogne significa che il fascista o la fascista, l’uomo violento deve sapere che è un problema se esce allo scoperto, deve nascondersi, deve vergognarsi.
Il fascismo e la violenza non sono una questione di buona educazione, di opinione o di bon ton.
Urlare per dire a queste persone di andarsene e che non sono gradite per noi è doveroso.
Abbiamo deciso da molto tempo di non delegare la nostra vita e la nostra sopravvivenza e nessuno.
L’ostracismo è una delle possibilità che noi abbiamo per prevenire altre morti di donne.
Alcune dell’osservatorio femminista sulla repressione
P.S. FACCIAMO GIRARE