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La degradazione dei bravi soldati italiani

Publie le venerdì 3 settembre 2004 par Open-Publishing

Guerre-Conflitti Governi Viviana Vivarelli

Di Viviana Vivarelli

Italiani brava gente?
Dovremmo sempre tenere presente che la guerra e’ una cosa sporca
che rende le persone sporche e che, dietro la vile retorica del patriottismo,
della bandiera e della patria, c’e’ la volonta’ politica di chi la guerra non la fa e manda con parole auliche i nostri giovani a rischiare la loro vita e a degradare la loro coscienza e tuttavia...
Andate a guardare Fahrenheit e vedete come i bravi soldati americani vanno a massacrare un’intera poolazione con la cuffia che strasmette a pieni decibell: "Brucia, tetto, brucia..."

Dal Manifesto

Ho visto i nostri bruciare le case»

Le testimonianze dei bersaglieri Tornati dall’Iraq, gli uomini della
Brigata Garibaldi raccontano di violenze, abusi e furti compiuti da loro
commilitoni contro la popolazione civile. «L’abbiamo riferito ai nostri
superiori, ma non potevamofare denunce formali.
Se lo avessimo fatto, la nostra carriera sarebbe finita»

ROBERTO SAVIANO
CASERTA

«In Iraq i nostri commilitoni si divertivano a circoscrivere le abitazioni
di alcuni sospetti con la benzina, accendevano e guardavano il fuoco
avvolgere la casa di quei poveri cristi che urlavano. Poi spegnevano e
arrestavano questa gente. Ma nella maggior parte dei casi risultavano del
tutto innocenti». Questi i racconti dei soldati appena tornati dopo oltre
sei mesi passati in Iraq alla caserma Garibaldi nel cuore di Caserta. Gli
uomini della Brigata Garibaldi hanno battuto ogni terreno di guerra:
Somalia, Kosovo, Mozambico ed adesso l’Iraq. Incontriamo un gruppo di
«reduci» in un bar dove quasi sempre si raccolgono i bersaglieri in libera
uscita. Hanno finito il loro primo ciclo in Iraq. Torneranno li giù molto
presto. Il caporale G.M. è il primo che vuole raccontare della sua
esperienza. Parla con un espressione a metà tra la stanchezza e il
disgusto: «Non dimenticheremo mai cosa abbiamo visto. Miseria totale,
ragazzini che ti si attaccavano agli anfibi per una bottiglietta d’acqua,
donne anziane che dormivano per terra con piaghe dappertutto». I militari
sono stanchi ma anche sconvolti. Chiedono di non citare il loro nome ed
aggiungono che «non è la prima volta che un bersagliere viene punito e
messo sotto inchiesta perché parla con i giornali». Tutti hanno un ricordo
terribile, ognuno ha assistito a scene di fame e malattia. Lo raccontano
come se qui le persone non ne sapessero nulla. «Ai tg noi vediamo un altro
Iraq. Quando racconto cosa ho visto mia madre mi dice, ma sei sicuro che
sei stato in Iraq? Non capisco perché la televisione non dice niente, non
fa vedere niente». «E’ vero - aggiunge P.L. è l’unico in abiti borghesi -
ai telegiornali non ho mai visto immagini di uomini che si muoiono di fame
e di bambini che scavano per cercare di rompere qualche tubatura
dell’acqua e bere. In Iraq ogni volta che ero di pattuglia ne vedevo
centinaia di scene così».
Chiediamo se gli aiuti del volontariato internazionale riescono ad
arrivare, se c’è una capillarità di distribuzione se gli Usa permettono
che i pacchi umanitari arrivino ovunque. «Altro che aiuti - interviene
F.L. - ho visto i marines entrare in case di sole donne. Mettevano i mitra
in faccia alle donne e stringevano le manette ai polsi di ragazzini che
non avevano più di 5 o 6 anni. Io ho foto di bambini messi faccia al muro
come criminali, fatti inginocchiare, schiaffeggiati». Sulla combriccola
cala silenzio. Non ha tutti evidentemente piace ricordare questi episodi,
soprattutto davanti a un giornalista. F.L. è un maresciallo appena uscito
dall’accademia di Modena. Vota a sinistra «forse sono l’unico bersagliere
che vota a sinistra della caserma» dice sorridendo mentre i commilitoni lo
prendono in giro. «E gli italiani?» «Degli italiani preferirei lasciar
perdere...».
I bersaglieri invece vogliono parlare, basta poco per tirare il tappo e
far uscire ciò che ingorga le loro coscienze da tempo. Gli altri ragazzi
tacciono. F.L. e C.L. caporale maggiore iniziano a raccontare un episodio
visto con i loro occhi. «Alcuni nostri commilitoni si divertivano a
circondare le case di alcuni sospetti, dargli fuoco e guardare bruciare la
casa. Poi spegnevano e arrestavano questa gente che risultava la maggior
parte delle volte del tutto innocente». Gli domandiamo se hanno denunciato
quanto hanno visto «In modo informale» risponde F.L. Che significa? «Che
non risulta una mia denuncia formale - continua- ne ho parlato con i
superiori e basta. Se avessi denunciato formalmente, la mia carriera
sarebbe finita lì. Preferisco cambiare le cose da dentro e senza clamore.
Ci tengo all’Esercito, io sono un bersagliere». P.E. dice che lui non ha
visto mai violenze degli italiani e racconta: «Gli americani appena
entrano in una casa pensano ad accanirsi su chi ci abita, gli italiani
invece al massimo prendono tutto ciò che c’è da prendere. Un amico è
riuscito a fregarsi due orologi e quattro spille d’oro». Eppure si vedono
solo immagini di arresti in case di fango, in stamberghe, arresti di
individui che non hanno altro che il proprio rinsecchito corpo. «Io dice
C.L. ho fatto perquisizioni in case di ex dirigenti di polizia e di due
imprenditori vicini a Saddam. Avevano in casa di tutto, orologi d’oro,
dvd, televisori, lampadari di cristallo, un parco macchine da paura.
Durante la caduta di Saddam avevano le guardie private che non facevano
entrare i disperati e gli Usa non li arrestarono, i dirigenti non li
arrestarono sperando che passassero dalla loro parte. Qualcuno l’ha fatto
ma a suon di calci in pancia e sberle...». Anche gli italiani hanno
pestato? «Io - risponde P.E.- non ho mai visto picchiare come ho visto
fare ai marines nessun italiano. Mai». E aggiunge scherzando: «Neanche in
Italia».

da IlManifesto 3 settembre 2004