Home > MAFIA S.p.A.

MAFIA S.p.A.

Publie le venerdì 4 febbraio 2005 par Open-Publishing
3 commenti

Dazibao Governi Lucio Garofalo

di Lucio Garofalo

La mafia non c’è più, non c’è più, non c’è più... Questo potrebbe essere il ritornello del governo. Avete notato che da quando è in carica l’attuale esecutivo (retto sulla triade forzista-leghista-neofascista, benché il “lifting” imposto da Fini al suo partito suggerisca il termine postfascista in luogo dell’aggettivo neofascista da me usato) non si sente più parlare di mafia? E, soprattutto, non si sente più parlare di lotta alla mafia, come se questa fosse stata definitivamente debellata!

Qualcuno potrebbe obiettare: come ti viene in mente? E’ accaduto qualcosa, un episodio particolare che ti induce a simili affermazioni? Il fatto curioso, ma significativo, è che non è accaduto un bel nulla, per cui tutto tace, e ciò mi inquieta abbastanza! Tace il governo Berlusconi, tacciono i suoi ministri, compreso quello degli Interni, il quale si affanna a lanciare preoccupanti allarmi relativi alle minacce terroristiche, specie di matrice islamico-integralista. Tacciono le varie istituzioni nazionali, tacciono i mass-media (è il dato più angosciante se si pensa, ad esempio, che lo scorso anno, alla direzione di un popolare festival della canzone italiana è stato posto nientemeno che un noto sodale di mafiosi). Tacciono soprattutto i media ufficiali e nazionali - televisione, radio, stampa. Insomma, pare che si sia instaurato un clima di “omertà di stato”. Appena qualche giornalista scrupoloso e coscienzioso prova ad indagare con inchieste rigorose sul fenomeno mafioso, gli esponenti del centro-destra insorgono dicendosi vittime di calunnie e diffamazioni.

Si pensi alla recentissima polemica del governatore della regione siciliana, Totò Cuffaro (tra l’altro inquisito), il quale non ha gradito un audace servizio giornalistico della trasmissione televisiva Report, incentrato proprio sul tema della mafia.

Ebbene, malgrado tutti - o quasi tutti - tacciano, mentre Berlusconi non tace e spara a zero sul presunto pericolo comunista che lo ossessiona da quando è nato (o da quando è diventato cavaliere, anzi il “cavaliere nero” per antonomasia), e nonostante la criminalità mafiosa (ma non sottovalutiamo le altre organizzazioni delinquenziali, quali la camorra che è ritornata alla ribalta in tutta la sua ferocia ed efferatezza, la ‘ndrangheta, la sacra corona unita ecc.), sembra che si sia placata (?) in quanto non si manifesta più in maniera brutale, cruenta e clamorosa, tramite stragi o attentati sanguinosi come è accaduto in un passato neanche troppo remoto (basti ricordare, ad esempio, gli eccidi che nel 1992 massacrarono i giudici Falcone e Borsellino), tuttavia la mafia c’è. Non si palesa in modo eclatante e rumoroso, ma c’è. E lavora, continua ad agire anche sul versante pubblico, in maniera subdola e strisciante, per riorganizzarsi. Ma soprattutto per riciclarsi nei vari circuiti borsistici e nelle reti finanziarie globalizzate, cucendo e ricucendo legami, inseguendo e ricercando intese con le altre associazioni criminali. Naturalmente, essa ha stabilito nuovi accordi di potere e si è assicurata nuove protezioni politiche a livello locale, regionale e nazionale, affidandosi alle forze politiche - in primo luogo Forza Italia (o Forza mafia?) - che detengono saldamente le redini dell’esecutivo nazionale e addirittura detengono un vero monopolio amministrativo nel governo della regione e di numerose province siciliane.

Dunque, la mafia esiste ancora (purtroppo), ma opera senza clamore, e per questo la ritengo potenzialmente più pericolosa ed eversiva rispetto al passato, nella misura in cui essa si prepara a rafforzare il proprio dominio politico e territoriale, il proprio potere economico-finanziario, sul piano locale e nazionale, ma soprattutto a livello sovra-nazionale.

Eppure gli esponenti del governo sembrano sottovalutare il pericolo mafioso, anzi lo ignorano intenzionalmente, per coprirlo e sottacerlo, un po’ come accadeva in Italia durante i famigerati governi democristiani di centro-destra. Ricordate i governi Fanfani e Tambroni, quando il ministro Scelba ordinava ai celerini di picchiare a sangue gli operai che scioperavano per difendere i propri salari e rivendicare i propri sacrosanti diritti sindacali, mentre affermava pubblicamente che “la mafia non esiste” o che “la mafia è stata sconfitta”?

Sembra che siamo precipitati indietro di 50 anni, anche sul versante della mafia!

Messaggi

  • Vorrei invitare tutti a visitare il sito www.falconeborsellino.net , cliccate nell’area documenti sulla voce mandanti occulti.
    Se aprite il file zippato troverete il decreto di archiviazione del procedimento nei confronti di Berlusconi e Dell’Utri come mandanti degli omicidi di Falcone e Borsellino, ed altre atrocità.
    Consiglio di leggerlo perchè è molto interessante, delinea un quadro preoccupante della situazione politica italiana.
    Quando ho letto tutto il documento mi sono chiesto perchè non si procedeva nei confronti di Berlusconi, la sensazione (non sono un avvocato) è che a dare un contributo sostanziale a Berlusconi siano state le dichiarazioni di un pentito di nome Brusca......

    Una lettura interessante.

    Giancarlo Pacchioni

  • In questi giorni comincia il processo delle "Talpe in Procura" , nel quale è inquisito proprio il Presidente della Regione Totò Cuffaro. Fin ora no si è ancora presentato in aula, per "gravi problemi familiari"...

    • «Ed è una stima al ribasso, non tiene conto delle nuove mafie»
      Vigna: la mafia fattura 100 miliardi all’anno
      Per il procuratore nazionale «il prossimo obiettivo della criminalitá mafiosa è stravolgere le regole del mercato»
      ROMA - «Il fatturato annuo lordo della criminalitá mafiosa, secondo le ultime analisi, è di 100 mliliardi di euro, considerando solo i settori degli stupefacenti, degli appalti pubblici, della prostituione, delle estorsioni e del trafico d’armi». Parole del procuratore Nazionale antimafia Piero Luigi Vigna, intervenuto all’assemblea nazionale dei quadri dei delegati di Cgil, Cisl e Uil sul mezzogiorno. Vigna ha inoltre sottolineato che la cifra pecca per difetto in quanto «non tiene conto del fatturato delle nuove mafie».

      Pier Luigi Vigna (Ansa)
      ATTACCO AL MERCATO - «Il prossimo bersaglio della criminalitá mafiosa è stravolgere le regole del mercato», ha detto ancora Vigna che ricorda come anche la Parmalat, nel Casertano, aveva pagato enormi tangenti per far distribuire solo il suo prodotto. «In certe zone, infatti - aggiunge - si vendono solo certi prodotti e certe marche». Da qui l’appello, rivolto a imprese e sindacati, ad una vigilanza estrema. «Tutelando l’economia - ha proseguito - tuteliamo anche la democrazia perché se l’economia reale cade in mano criminale non c’è democrazia». E rivolto ancora alle parti sociali chiede «di contrastare la più grande opera di stategia della mafia: quella di distogliere la fiducia dei cittadini dalle istituzioni per orientarla verso di loro».

      NANISMO - Vigna ha insistito molto sull’attacco mafioso al mercato: «L’impresa mafiosa non fa utilitá sociale ma solo la propria utilitá e se lo sviluppo di un Paese equivale al Pil ma anche alla trasparenza nella Pubblica amministrazione e alla coesione sociale tutto questo non c’è nell’economia mafiosa che rende non libere le imprese private». Una presenza pesante quella della mafia sulle imprese del Sud che contribuirebbe anche a quel nanismo di cui spesso sono accusate le imprese meridionali. «Un nanismo - spiega ancora Vigna - che trova la sua causa anche nell’autocondizionamento che l’imprenditore, seppur non minacciato direttamente dalla mafia, pone alle sue aziende per la presenza di aziende mafiose nell’area».
      19 gennaio 2005

      Dal Corriere