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FRANCIA : NO ALLA CONTRORIFORMA DELLE 35 ORE

Publie le lunedì 7 febbraio 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Sindacati Europa

di Giulio Palermo tradotto dal francese da karl&rosa

Non é difficle creare un esercito di persone pronte a tutto per un pezzo di pane. La concorrenza, di cui i fanatici del "libero" mercato sono tanto orgogliosi, assolve a questo dovere in modo automatico, allineando verso il basso le condizioni dei più umili. E’ invece molto più difficile fare in modo che queste persone, ridotte alla fame, siano veramente "libere" di fare qualunque cosa per ottenere il pezzo di pane di cui hanno bisogno. Nel nostro sistema basato sul mercato non c’é bisogno di leggi particolari per ridurre alla fame un gran numero di persone.

I numeri parlano da soli. Secondo l’ultimo rapporto della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), le persone sottoalimentate nel mondo sono 852 milioni. Fra di loro, ogni anno 5 milioni di bambini di meno di cinque anni muoiono di fame e di malnutrizione. E tutto questo senza la pianificazione di uno spirito perverso. Il mercato fa tutto da solo. Ma a che servono tutte queste persone affamate se poi numerosi obblighi legali impediscono loro di vendere liberamente la loro anima sul mercato?

La legge sulle 35 ore pone un dannato limite alla libertà del... lavoratore di lavorare di più. Contrario alla libertà, valore primario, fondamento della Repubblica francese, questo limite deve dunque essere abolito. Sono i termini che costituiscono il discorso della nuova destra politica. La sinistra riformista non ha strumenti per opporsi a questo discorso, per il semplice motivo che da tempo ha fatto proprio il pensiero neoliberista. Purtroppo, tuttavia, sono ancora i dati economici che danno torto agli ideologhi del libero mercato. Secondo le cifre dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (BIT), nel mondo ormai interamente capitalista la metà dei lavoratori guadagnano meno di due dollari al giorno. Cio’ significa che 1 400 milioni di uomini e di donne, malgrado lavorino, sono sotto la soglia di povertà fissata dalle organizzazioni internazionali a due dollari al giorno. Ma questi 1 400 milioni di voci sono in gran parte lontanissime, nel "sud" del mondo, e non arrivano di fatto a farsi intendere nel dibattito sugli effetti delle politiche neoliberiste imposte dal "nord" del mondo. In Francia, il dibattito politico é dominato dal coro unanime dei politici e dei padroni, finalmente tutti uniti nella battaglia per la libertà (di far lavorare gli altri) nell’assurdo tentativo di importare al Nord quello che é già stato realizzato al Sud: una società nella quale si lavora molto, ma dove si mangia poco. Ecco gli alti valori della politica francese.

Oggi si tratta della libertà di lavorare di più. Come ci spiega Raffarin, é lo stesso lavoratore che pone questa domanda. Domani, con lo stesso ragionamento, sarà la libertà di vendere un rene, o un figlio. In fondo, meglio vivere con un rene di meno piuttosto che morire di fame (é solo una battuta). Ogni volta che un aspetto della nostra vita diventa merce, la libertà individuale aumenta. Ma chi é realmente più libero? Il lavoratore che finalmente puo’ vendere una parte maggiore della sua giornata di lavoro (per ottenere sempre lo stesso pezzo di pane) o il padrone che finalmente puo’ comprare una parte maggiore della giornata di lavoro del lavoratore? Il disgraziato che puo’ vendere un rene o colui che puo’ comprarselo? Sul mercato siamo lontani dall’essere tutti uguali. C’é sempre una parte forte e una debole. Il lavoratore ha bisogno di lavorare per vivere, il padrone ha bisogno di far lavorare per arricchirsi. Uno vuole vivere, l’altro arricchirsi: ecco la differenza. Ed inoltre é proprio questa la differenza che comprime verso il basso i salari. Allora non c’é da stupirsi se i padroni insistono perché la trattativa sulla durata del lavoro avvenga direttamente fra il padrone e il lavoratore e non a livello centrale, perché é cosi’ che potranno far valere meglio l’asimmetria di potere che esiste fra loro e i lavoratori. Anche in questo caso, evidentemente, é in nome della libertà invidividuale che bisogna trattare direttamente a livello dell’impresa, senza la mediazione dei sindacati che, si sa, non servono a controbilanciare (almeno in parte) l’asimmetria di potere fra padroni e lavoratori, ma solo a restringere la libertà di questi lavoratori che vogliono (hanno bisogno di) lavorare di più.

Non si diventa più liberi vendendosi. Soprattutto perché non appena una transazione di questo tipo é generalizzata ad una gran parte della popolazione, essa diviene immediatamente la condizione necessaria per ottenere il famoso pezzo di pane. E questo semplicemente grazie agli automatismi del mercato e della concorrenza. L’importante é che il mercato possa operare senza ostacoli. Che vi piaccia o no, il mercato funziona secondo leggi che gli sono proprie, che schiacciano i deboli e premiano i forti. Le dinamiche del mercato esistono indipendentemente dalla nostra volontà (almeno finché accetteremo di vivere in una società regolata dal mercato). Lasciare spazio ai meccanismi impersonali del mercato significa accettare che i rapporti sociali siano regolati dalla legge del più forte. Il mercato del lavoro é il punto vitale di tutto il sistema capitalista, perché é là che si crea la ricchezza dei padroni. Perdere la battaglia per i diritti sul mercato del lavoro significa aprire la strada ad una mercificazione sfrenata di ogni aspetto della nostra vita. Non é vendendo quantità sempre maggiori della giornata di lavoro che il lavoratore diventa più libero, ma unendosi ad altri lavoratori, opponendosi alla concorrenza (che non fa bene che al padrone), lottando per acquisire diritti universali, inalienabili (cioé non soggetti a compravendita sul mercato). Non cogliere questo aspetto, parte integrante della lotta fra le classi, di questo assalto frontale del governo e dei padroni ai lavoratori significa accettare la sconfitta senza combattere.

Invocare la mercificazione delle persone in nome della libertà resta la più grande contraddizione nella quale un paese che si crede libero puo’ cadere.

http://www.humanite.presse.fr/journ...

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=12335

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