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Aiutiamo la poesia del popolo palestinese

Publie le lunedì 7 febbraio 2005 par Open-Publishing

Dazibao Libri-Letteratura medio-oriente

di ARCI

Quando l’uomo perde tutto, proprio tutto, persino l’esilio in cui annientarsi, gli rimane il canto...

Nessun esilio, nessuna patria. Ma c’è una cosa di cui non mi si può privare: la poesia... MAHMUD DARWISH

La poesia è comunque un elemento importante dell’identità culturale di un popolo. Ma lo è particolarmente nel caso della Palestina, come sottolinea nella citazione sopra riportata il maggior poeta palestinese vivente. Bisogna anzitutto ricordare la centralità della lirica nella cultura araba, anche popolare: spesso i poeti vengono invitati nelle ricorrenze per recitare i loro versi ed è tuttora diffuso l’uso di citare poesia a commento dell’esperienza quotidiana.

Ma in una situazione segnata dalla sconfitta, dalla perdita della patria, dalla sopravvivenza in condizioni di minorità e di emarginazione, la parola poetica diventa “luogo” di appartenenza e di identità, strumento di custodia della memoria a dispetto del dramma quotidiano. La nazione palestinese presenta un numero singolarmente elevato di poeti in rapporto alla popolazione e dopo la “hazimah” (la disfatta) del 1967 la produzione poetica è diventata molto più ricca.

E questa poesia non ha un mero significato di testimonianza, bensì assume un notevolissimo rilievo letterario, distinguendosi nel panorama delle letterature di lingua araba per la varietà di espressioni, la raffinatezza formale, la consapevolezza delle esperienze internazionali più avanzate. Certamente la poesia palestinese è molto “diretta”, in quanto carica di emozioni, fortemente legata all’immagine, dominata da alcuni ben precisi temi (la bellezza della propria terra, il sentirsi stranieri anche all’interno dei suoi confini, il conflitto, la condizione dell’esilio), ma non per questo essa si abbandona ad un’espressione ingenua. Emerge da questa lirica una condizione di esistenza piena, culturalmente consapevole, che confrontandosi con la particolare esperienza dell’oppressione, della lotta e dell’esilio, sa divenire immagine di una situazione universale secondo una grande ricchezza di prospettive e di toni.
Questa importante realtà letteraria non è comunque adeguatamente conosciuta. Non lo è certamente all’estero ma non lo è nemmeno in Palestina, viste le enormi difficoltà politiche ed economiche che impediscono in essa lo sviluppo di una realtà editoriale forte e ostacolano in generale le attività culturali. Difficile è soprattutto raccogliere e diffondere la produzione emergente, data anche la dispersione degli scrittori (nei territori, in Israele, nei campi profughi di altri stati arabi, nell’emigrazione). E mancano comunque opere che diano un panorama complessivo della situazione contemporanea.

Proprio per far fronte a questa situazione molti scrittori e uomini di cultura, a cominciare da Mahmoud Darwish, hanno costituito alcuni anni fa la Casa della Poesia di Ramallah, col compito appunto di far conoscere la poesia palestinese sia in patria che negli altri paesi. La Casa della Paesia ha già al suo attivo un’importante produzione editoriale, con volumi di singoli autori, ma essa sta anche lavorando da qualche tempo alla redazione di una vasta antologia dei poeti palestinesi nati a partire dagli anni ’50. Mancando però dei mezzi economici sufficienti per la realizzazione di quest’opera, che dovrà comunque avere dimensioni, veste e circolazione adeguate, l’associazione di Ramallah deve rivolgersi alla cooperazione internazionale.

Il Comune di Firenze, L’ARCI (comitato territoriale di Firenze) e l’associazione culturale Laboratorio Nuova Buonarroti stanno appunto collaborando con la Casa della Poesia per la produzione di tale antologia, sia in edizione araba che in edizione italiana con traduzione e testo a fronte.

L’edizione araba viene realizzata dalla Casa della Poesia. Il volume, di circa cinquecento pagine, raccoglie testi di una quarantina di poeti palestinesi nati dopo il 1950 e residenti sia nei territori (o in Israele) che nella diaspora ed è corredato di materiali informativi e critici. Esso uscirà in Palestina nel 2005 e sarà e sarà diffuso anche nelle altre nazioni arabe.

I partner italiani del progetto verranno citati nell’edizione araba e acquisteranno col loro contributo economico i diritti di traduzione. Essi riceveranno appena possibile testi originali e li affideranno ad un curatore qualificato per la realizzazione dell’edizione italiana. Questa potrà comportare una scelta (comunque molto ricca: non inferiore alla metà) tra i testi dell’edizione araba, amplissima anche per ragioni documentarie. Tale antologia conterrà i testi originali con traduzione letteraria a fronte e sarà corredata anche da un’introduzione del curatore italiano e da altri materiali utili. Il volume verrà pubblicato, prevedibilmente, entro il 2006, presso un editore di rilievo nazionale, che gli possa assicurare circolazione e visibilità. L’uscita dell’opera sarà accompagnata da una serie di manifestazioni alle quali prenderanno parte alcuni degli scrittori palestinesi.

Il progetto implica per i soggetti italiani partecipanti un notevole impegno economico. Il contributo loro richiesto per la realizzazione dell’edizione araba è di 12.000 euro, ripartiti in due anni. Più della metà di questa somma verrà fornita dai soggetti promotori, a cominciare dal Comune di Firenze. Per il reperimento del resto si stanno seguendo due vie. Da un lato i promotori lanciano un appello ad altri soggetti collettivi (associazioni, istituzioni, soggetti economici...) che, riconoscendo il valore culturale dell’iniziativa e il suo significato in termini di promozione della pace, possano essere interessati ad entrare nel progetto anche con contributi economici relativamente modesti. Ma contemporaneamente Arci e associazione Laboratorio Nuova Buonarroti aprono una sottoscrizione individuale e invitano tutti coloro che riconoscono l’importanza dell’iniziativa ad aderire ed a coinvolgere altri amici. La sottoscrizione ha la duplice forma del contributo libero o di un versamento di 20 Euro che rappresenta un acquisto anticipato del volume che uscirà in Italia tra due anni.

Per la sottoscrizione rivolgersi a:

Segreteria ARCI, Piazza dei Ciompi 11 tel 055 26 29 72 66

Laboratorio Nuova Buonarroti tel 055 48 61 59

e-mail: labonb@virgilio.it.


CAVALLI NERI

di GHASSAN ZAQTAN

I nemici caduti mi pensano senza pietà nel loro sonno eterno
mentre gli spettri salgono le scale della casa.
Gli spettri che ho raccolto dalle strade e ho legato in una collana
dal collo degli altri e dai loro peccati
il peccato raggiunge il collo ... lì allevo e nutro i miei spettri,
gli spettri che nuotano come cavalli neri nei miei sonni.

L’impulso del morto si desta con l’ultimo blues
e io penso alla sua gelosia,
la porta è socchiusa e la fessura respira
il respiro del fiume e degli ubriachi,
della donna che nel parco urla sul suo passato...

e quando mi addormento
trovo un cavallo che pascola l’erba
sempre se mi addormento
viene un cavallo e pascola il mio sogno

Sul mio tavolo di Ramallah lettere incompiute e foto dei vecchi amici,
il manoscritto di un giovane poeta di Gaza, la clessidra...
e primi versi che mi battono nella testa come ali.

Sul mio tavolo di Ramallah si affollano polvere e fumo
e l’odore dell’assassino dimenticato dalla sua morte.

Voglio imparare tutto a memoria come quella canzone di prima elementare
che porto intera dentro di me senza errori
col nostro balbettìo, e la testa inclinata e la stonatura...

I piccoli piedi che battono sul pavimento con fervore
e le mani aperte che battono sui banchi...

Sono tutti morti in guerra, i miei amici e i miei compagni di classe..
e sono rimasti i piccoli piedi e le mani eccitate.. che battono sui pavimenti delle stanze,
sui tavoli e i marciapiedi, sulle schiene e le spalle dei passanti ...
e ovunque io vado
li sento
e li vedo.
(Trad. Lucy Ladikoff riadattata)

Ghassan Zaqtan, nato nel 1954 presso Betlemme, da una famiglia esule, è cresciuto ed ha studiato in Giordania. Nel 1979 si è trasferito a Beirut dove ha lavorato nei campi dei rifugiati. Dopo l’invasione israeliana del 1982 fu costretto a lasciare il Libano, risiedendo a Damasco, Cipro, Mosca e Tunisi. Nel 1994 infine è tornato in Palestina, prima a Gaza, poi a Ramallah dove ora vive. È autore di otto raccolte di poesia , di due romanzi e di testi teatrali. Animatore di importanti riviste culturali, nel 1996 è tra i fondatori della Casa palestinese della poesia di Ramallah. Zaqtan appartiene al gruppo di poeti che più hanno contribuito negli ultimi decenni, sia per il contenuto che per la tecnica, al rinnovamento della lirica araba.


COME UN MURO

di SOMAYA AL SOOSY

Mi vedo sola, intreccio il silenzio. Un’estate che la memoria non ritrova.
Il sogno si mescola a un mare d’azzurro intenso. Come in sogno l’odore della scrittura
si spande colorato da un’idea in una via della città, a est. Bagna il testo, oltrepassa
le distinzioni per scoprire il colore compagno di quel profumo.
Come faranno i ragazzi a disegnare l’estate di quest’anno?
Questa calura sembra un’altra prova di resistenza contro il terrore.
I bambini rigettano la loro paura coi fili del primo aquilone.
Perché tanta passione per ciò che vola?
Sulla città non vedi più il cielo tra le code lunghissime di carta.
Uno spazio che ognuno occupa per sé. I video games si liquefanno
nelle stanze anguste. L’ampiezza delle strade abbraccia un sogno che si leva
al di là della sconfitta. Esultano: vola!
Vola vola, aquilone! Aereo di carta e fili.
(..)
traduz. Lucy.Ladikoff e Hakam Malky

Somaya Al Soosy è nata a Gaza nel 1974. Laureata in Scienze dell’Educazione dall’Università Al-Azhar, lavora come ricercatrice presso il Dipartimento Sociale del Centro Palestinese per la Pianificazione di Gaza. È sposata con due figlie. Ha pubblicato due volumi di poesia e sta per uscire la sua terza raccolta. Suoi testi sono apparsi su numerosi quotidiani e periodici arabi ed è presente nell’antologia Poetesse Palestinesi. Ha partecipato a diversi festival della poesia a Gaza, nella West Bank ed in Iraq.