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Fausto Bertinotti : "No al timone riformista voglio spostarlo a sinistra"

Publie le mercoledì 2 marzo 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Partito della Rifondazione Comunista Parigi

Domani il Prc a congresso: il segretario Fausto Bertinotti
annuncia battaglia per spostare gli equilibri dell’Unione

di GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - Le emozioni: "Ormai ho una certa età, ma la vigilia del congresso mi fa sempre lo stesso effetto". La responsabilità: "So che c’è una grande attesa e non mi sorprende. Non vorrei peccare di vanagloria, ma Rifondazione è uno dei luoghi politici che ha lavorato di più su innovazione culturale e capacità di iniziativa politica, in questi anni". La sfida del governo: "Abbiamo fatto una scelta limpida". La competizione con i Ds a sinistra: "È obbligatoria, è salutare. Ed è arrivato il momento di mettere in discussione anche la formula del cosiddetto timone riformista che deve guidare la coalizione. Su quel timone possono esserci tante altre mani non riformiste". Fausto Bertinotti si prepara ad affrontare uno dei congressi più difficili della storia di Prc, quello che si apre domani al Lido di Venezia. Lì darà il via all’accordo di governo, addirittura al possibile ingresso di ministri di Rifondazione nella squadra di Prodi.

Quale Rifondazione si vedrà a Venezia?

"La prima fotografia è quella di un partito dove il 60 per cento degli iscritti ha partecipato al voto sulle mozioni. È una percentuale altissima, che non ha eguali in altre forze politiche. Da quel dibattito è uscita una maggioranza che sfiora il 60 per cento e non ha articolazione al suo interno. È stata una scelta fatta a ragion veduta. Proprio perché sappiamo di avere di fronte un anno difficile, abbiamo deciso di guadagnare una soluzione politica limpida che ci consente una navigazione aperta ma non mette in discussione la linea politica. Dietro questa foto, emerge un’area di giovani che è la prima vera espressione della cultura del partito, figlia della storia di Rifondazione e basta. Eravamo una forza politica dove tutti venivano "da": dal Pci, dal sindacato... Oggi siamo un partito a cui una nuova generazione dà fisicità. Il merito è di ciò che si è venuto costituendo da Genova ad oggi. La collocazione nel movimento e la riforma della cultura politica, per capirci gli strappi sullo stalinismo e sulla nonviolenza, danno il senso della Rifondazione comunista, oggi".

Siete anche il partito con la minoranza più consistente. Quanto influirà sulle scelta del governo il 40 per cento dei suoi oppositori?

"Gli equilibri interni sono destinati a modificarsi. Nei nostri confronti, c’è un’attenzione della società civile e dei movimenti senza precedenti. E quindi esiste un’area potenziale di Prc che può crescere e alterare anche i rapporti interni. Detto questo, ho molto rispetto per le minoranze, ma ricordo che le scelte più significative di questi anni le abbiamo fatte a maggioranza".

Anche quella di un accordo di governo?

"Anche. E non è obtorto collo. Noi pensiamo di affrontare il tema del governo in termini di cambiamento della società e di un rapporto positivo con i movimenti".

Prodi però non verrà invitato a parlare al congresso. Perché?

"Semplice: perché non parla nessuno. Nelle nostre assise ci sono cinque mozioni e siamo attraversati da un dibattito culturale molto ricco. Ci sono congressi più intimamente congressi e questo è il nostro caso. Non sarebbe giusto mescolare i rapporti interni al partito e il leader dell’Unione. O gli altri leader di partito".

Come spiega l’interesse per questo appuntamento?

"Con l’originalità del nostro processo, con la nostra tensione a essere insieme comunisti e innovatori. Se abbandonassimo uno dei due elementi, smetteremmo subito di essere interessanti. Colpiscono i nostri strappi. La nonviolenza, per esempio. E solo chi non ha mai frequentato i luoghi della nonviolenza può confonderla con il moderatismo. Penso ad Aldo Capitini o a Danilo Dolci, che non hanno mai smesso di essere radicalmente critici nei confronti del potere. Certo, chi non ha voglia di impegnarsi non può capire. Noi teniamo insieme la lezione dei movimenti a Genova e il rifiuto di un mondo avvolto nella spirale guerra-terrorismo".

Rifondazione è in competizione con i Ds a sinistra?

"Assolutamente sì. È giusto che ci sia una competizione, è salutare, direi che è obbligatoria. Si va configurando una nuova fase dei rapporti tra i riformisti e la sinistra radicale che un tempo si sarebbe detta rivoluzionaria. Rivoluzione è uno dei termini da recuperare, ma meglio non aprire una nuova polemica... Dicevamo: questi rapporti prima erano regolati o sotto il segno dell’unità del tipo "fronti popolari" o nel segno della contesa: Craxi-Berlinguer è l’ultimo esempio. Adesso si apre un capitolo diverso. Le politiche neoliberiste impongono a tutte le forze di sinistra, anche sulla spinta della domanda popolare, di trovare un consenso per essere alternativi alla destra. Poi, però c’è il terreno della competizione, delle scelte strategiche differenti sul tema della globalizzazione. Loro pensano di poter produrre una redistribuzione della ricchezza dentro questo sistema, che è un po’ come raccogliere l’acqua con il cucchiaio. Noi vogliamo modificare i meccanismi del mercato e della competitività".
Sembra di capire che dal congresso non verrà nessuna buona notizia per Fassino. Lei non rinuncia alle primarie.

"Il discorso non cambia e mi fermo qui. Aggiungo che sono stato in Puglia e che lì chiunque può verificare come la candidatura di Vendola abbia portato alla rinascita della politica e della passione".

Condivide l’idea di un timone riformista della coalizione?

"No e capisco che possa essere preoccupante per qualcuno. Ma la formula del timone riformista può e deve essere messa in discussione. Non perché ne serva uno radicale, ma perché il vero timone è quello deciso, in un processo democratico, dal popolo dell’Unione. Su quel timone, le mani possono essere più d’una".
Le barche sono governate da uno solo.

"Allora diciamo che questa è una barca particolare, dove dobbiamo metterci al timone tutti assieme. Prendiamo la Fabbrica di Prodi: più è un volano della partecipazione e più sarà in grado di esprimere idee migliori".

http://www.repubblica.it/2005/a/sez...