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Prc, Bertinotti annuncia un partito di governo e di alternativa. E incorona Prodi

Publie le giovedì 3 marzo 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Paola Zanca

Cacciare Berlusconi. È questa la domanda più grande del popolo italiano. È questa la parola d’ordine che Fausto Bertinotti ha lanciato dal palco del Palazzo del Cinema di Venezia. Nessun accenno alle tanto contestate primarie cui il segretario si era candidato. Anzi, un esplicito riferimento alla guida di Romano Prodi. Insomma, la scelta del segretario sembra netta: «Chi non fosse in grado di contribuire a realizzare questo obiettivo verrebbe cancellato dalla scena della politica». Non manca certo il ricordo della “lezione pugliese”, quella della vittoria del candidato di Rifondazione, Nichi Vendola. Ma anche in questo caso, Bertinotti fa un distinguo: «La vittoria di Nichi non è tanto la vittoria di un leader radicale, di un nostro compagno, quanto la vittoria del suo radicamento nel popolo pugliese». E anche Prodi si congratula per quella che sembra già «un’apertura riformista».

Insomma, l’obiettivo è chiaro. Ora bisogna capire come raggiungerlo. È questo che Bertinotti ha voluto spiegare ai 692 delegati giunti da tutta Italia, insieme alle decine e decine di rappresentanti internazionali arrivati da tutti e cinque i continenti. Scampati alla tempesta, erano presenti tutti gli esponenti del centrosinistra e del mondo sindacale. Assenti, invece, i presidenti delle Camere, Pera e Casini: entrambi hanno inviato una lettera di saluto.

È stata la neve, infatti, la prima, inattesa, ospite del sesto congresso di Rifondazione Comunista al Palazzo del Cinema di Venezia. La neve che ha imbiancato i delegati che arrivavano a piedi, la neve che ha fermato tutti quelli che sono arrivati all’aeroporto Marco Polo, bloccato dalla bufera. La seconda, molto attesa però, è stata la notizia che Pietro Ingrao ha preso la tessera del partito di Bertinotti. La lettera di adesione di Ingrao, letta dal palco dallo stesso Bertinotti e presentata come «un dono straordinario», viene salutata da un lungo, caldo, applauso di tutto il congresso.

Si respira aria di festa qui al Lido. Nonostante i fiocchi che non smettono di cadere, già lungo il percorso che porta al Palazzo, c’è chi prova a scaldarsi cantando «Bandiera Rossa». Sono i delegati di Catania che, dicono, non vedono l’ora di abbracciare il loro segretario. Ma la colonna sonora cambia appena varcato l’ingresso: la voce di Bob Marley intona le note di «Redemption song» e la tempesta sembra già lontana. Sullo schermo che tradizionalmente ospita le pellicole in concorso alla Mostra del Cinema, oggi campeggia il logo realizzato da Massimiliano Fuksas, un uovo che tiene stretti tutti e cinque i continenti dipinti di rosso. Al centro, immancabile, l’appello per la liberazione delle due giornaliste rapite in Iraq, Giuliana Sgrena e Florence Aubenas, recita «Liberiamo la pace». La grafia, inconfondibile, è quella di Vauro.

Il pathos è alto e anche l’attacco del discorso di Bertinotti non è da meno: il segretario comincia con una storia, quella di Sara, una giovane lavoratrice precaria, una che, come molti altri ormai, «vive con l’ansia», vive di aspettative che troppo spesso restano deluse, vive di contratti che durano dieci giorni. E non ha più fiducia nella sinistra. La critica al neoliberismo e alla globalizzazione selvaggia occupa buona parte delle parole del segretario di Rifondazione. Ma non di solo lavoro si parla. Bertinotti cita Luigi Pintor per introdurre il tema della spirale guerra-terrorismo e per parlare dell’Europa che vorrebbe. «Non quella del Trattato - dice - ma l’Europa possibile», quella che sappia «ritirarsi da una modernizzazione senza civiltà».

L’obiettivo, spiega il segretario, è «cacciare Berlusconi per dar vita a un nuovo corso riformatore».«La sconfitta di Berlusconi richiede una forte lotta culturale - dice Bertinotti -, la nostra capacità di far emergere compiutamente una cultura politica, se volete un’ideologia, un’idea del mondo, alternativa a quella delle destre».

«C’è una triade legislativa nell’azione del governo Berlusconi che ha espresso organicamente il suo intero progetto sociale: sono la legge 30 sul mercato del lavoro, la Bossi-Fini sull’immigrazione e la legge Moratti sulla scuola. Il centro di ciò che le ispira è l’idea del lavoro come pura variabile dipendente dalla competitività».

Cultura politica ed economia sono, insomma, il punto di partenza: un cambio di paradigma ideologico e una nuova strumentazione del pubblico per avviare il processo riformatore. Il capitalismo italiano ha subito l’ennesima sconfitta a Terni: il buon accordo sindacale raggiunto non basta a dimenticare la tragedia della chiusura del magnetico.

Quanto al ruolo della “sinistra di alternativa”, il segretario del Prc ammette che non si tratta solo di «un salto nelle culture politiche», ma anche «nelle forme di organizzazione della politica». Così le convergenze programmatiche più volte verificate con la sinistra Ds, la sintonia di tanti discorsi dicono che neppure il confine tra partiti riformisti e sinistra radicale non sono da pensare attraverso reticolati e confini invalicabili. Di qui il richiamo a «lavorare sulle esperienze, sulle culture politiche, sulla iniziativa politica: lavorare e cercare insieme è la via maestra».

In politica estera, Bertinotti - che nei giorni scorsi ha più volte elogiato la posizione espressa da Romano Prodi in occasione del voto parlamentare sul rifinanziamento della missione militare in Iraq - si riallaccia alle riflessioni di Luigi Pintor e ribadisce la sua posizione. Il suo è un dialogo con il centrosinistra più recalcitrante di fronte alle posizioni pacifiste: «Perché - chiede - il governo italiano, come continuiamo a chiedere con forza d’intesa con tutto il movimento pacifista, non ritira le sue truppe come ha fatto Zapatero allineandosi a Francia e Germania, che mai le avevano inviate?».
Il dibattito prosegue venerdìi, quando il congresso ricorderà il cinquantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il futuro dell’Italia, passa anche da qui, dalle trafficate, e spesso desolate, vie della memoria.

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