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Sanità pubblica: trucchi e inganni del centrodestra

Publie le giovedì 17 marzo 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Salute Assicurazione Malattia

di Giancarlo Pacchioni

C’era una volta il SES 118 (Servizio Emergenza Sanitaria).

Il SES 118 era a gestione totalmente pubblica, impiegava dipendenti del servizio sanitario nazionale, copriva Roma e provincia. La struttura si articolava in numerose postazioni territoriali dotate di mezzi di soccorso e nel 2000, nonostante difficoltà organizzative per un sistema così complesso, era riuscita a garantire un efficiente servizio di emergenza per i grandi eventi messi in atto dal Giubileo.

C’era una volta il SES 118 e ora non c’è più. L’ha fatto sparire una Delibera Regionale del 1 gennaio 2005. E come l’ha fatto sparire? Con un bel gioco di prestigio: trasformando SES 118 in ARES 118 (Azienda Regionale per l’Emergenza Sanitaria). Ma che cos’è l’ARES? I suoi creatori sono caduti in un classico lapsus: infatti l’acronimo riproduce il nome del sanguinario e bellicoso dio della guerra della mitologia greca. Conseguentemente ARES 118 è il mezzo con il quale Storace ha dichiarato guerra al servizio sanitario pubblico.

L’obiettivo è quello di paralizzare il servizio di emergenza per poi demolirlo attraverso la solita privatizzazione. E’ l’ennesima riprova di come la destra concepisce la sanità: un affare da dispensare a businessman della salute.

Al momento la situazione di ARES 118 si presenta così: l’azienda ospedaliera San Camillo Forlanini non è più direttamente responsabile del servizio; il nuovo Direttore Generale è stato nominato solo sulla carta; la sede non c’è; assente anche la struttura organizzativa; il personale non sa a chi fare riferimento. Siamo dinanzi all’ultimo passaggio prima della privatizzazione.

La Giunta Storace aveva precedentemente lavorato ai fianchi del servizio di emergenza bloccando le assunzioni, gestendo le nuove postazioni in regime straordinario, latitando sulla formazione del personale, dimenticando la Legge 626/94, lasciando a dirigenti compiacenti il compito di far incancrenire problemi organizzativi quali lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri e, dulcis in fundo, obbligando il personale a ore di straordinario ben oltre i limiti previsti dal contratto.

Tra i brillanti risultati conseguiti da questa strategia: la centrale operativa di Roma e provincia non ha linee telefoniche e personale sufficienti per gestire le richieste di intervento; nella provincia di Roma non esiste un ponte radio che permetta di comunicare in tempo reale con la centrale operativa e l’unico strumento a disposizione è il telefono cellulare di servizio che spesso si trova in zone d’ombra. Conclusione: oggi il servizio di emergenza sanitaria si regge esclusivamente grazie al senso di responsabilità degli operatori.

Ma non tutte le ciambelle escono col buco. Recentemente la Regione ha acquistato cento nuovi mezzi di soccorso in sostituzione di quelli vecchi. Un’occasione d’oro per gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica. Tuttavia, Storace è stato costretto ad annullare la parata d’inaugurazione. Altrimenti avrebbe dovuto spiegare perchè i nuovi mezzi sono costantemente in riparazione: sirene afone, sistema di ancoraggio delle barelle difettoso, abitacolo non insonorizzato, infiltrazioni di acqua nel vano sanitario, defibrillatori che non possono essere ricaricati per incompatibilità con la presa delle ambulanze ecc. ecc.

Se ce ne fosse ancora bisogno la demolizione del SES 118 dimostra non solo la politica antipopolare del centrodestra ma anche la sua incapacità amministrativa. Il 3 e 4 aprile prossimi i cittadini hanno l’occasione per riprendersi un servizio pubblico che Storace gli ha tolto.

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