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BRASILE : Il dies irae di Lula

Publie le venerdì 1 aprile 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Governi America Latina

di LEONARDO BOFF *

La chiesa cattolica tratta gli infermi con il sacramento dell’unzione quando sono colpiti da malattie lievi e con l’estrema unzione quando la malattia è mortale. E’ evidente che il Partido dos Trabalhadores, al governo in Brasile, è malato. Ma è un caso da trattare con l’unzione o con l’estrema unzione? Io credo che siamo di fronte a un caso che richiede l’estrema unzione. A meno che non si decida un cambio del medico e al paziente si somministrino le medicine adeguate.

Curiosamente al capezzale del Pt c’è un medico, Antonio Palocci, che occupa la carica di ministro dell’economia e sta prescrivendo farmaci sbagliati che con ogni probabilità ne provocheranno la morte. Cosa sta uccidendo il Pt? Il modo in cui tratta la piaga mortale che colpisce la gran maggioranza del popolo brasiliano ormai da secoli: il flagello della miseria e dell’esclusione. Per lo meno un terzo della popolazione del Brasile vive in condizioni inumane mentre all’estremo opposto della scala economica, una piccola percentuale di gente molto ricca accumula capitali a un livello fra i più alti del mondo.

Da 25 anni, quando nacque, Il Pt si è proposto di conquistare il potere per fare i cambiamenti necessari. Il suo candidato, Luiz Inácio Lula da Silva, era il più rappresentativo: figlio del caos sociale e sopravvissuto alla fame, carismatico, cordiale, un uomo buono come tanti altri del popolo. Ed è arrivato al potere. Quella fu una vittoria dello stesso popolo che aveva tanto aspettato e ancor più aveva lottato.

Arrivato finalmente al governo ha portato avanti le riforme promesse? Assolutamente no. In cambio è riuscito a realizzare una prodezza: trasformare il Partido dos Trabalhadores nell’unico Partido neoliberal dos trabalhadores al mondo.

Non solo ha adottato una macro-economia neo-liberista ma l’ha anche resa più radicale aggiungendovi un preoccupante tasso di iniquità sociale e ambientale. Perché adesso si deforesta a ritmo accelerato, basta che arrivino i dollari. E non per pagare il debito sociale, ma il debito monetario.

Il governo, anziché occuparsi del popolo, si occupa di problemi monetari, dal momento che in questo tipo di macro-economia l’importante non sono le persone ma i numeri.

Bisogna precisare che il governo del presidente Lula ha fatto molte cose buone. Nell’amministrazione attuale c’è più etica e più trasparenza che in tutte quelle che l’hanno preceduta. Mai avevano visto prima lo smantellamento di tante bande di corrotti. I 26 milioni di beneficiari dei sussidi previsti dal programma «Borsa famiglia» sono passati dall’inferno al purgatorio e si sentono come se stessero in paradiso, anche se non sono pochi quelli che dicono, con un pizzico di vergogna: «Mi piacerebbe avere un lavoro non un’elemosina». Per la verità, l’assistenza sociale rappresenta solo il 5.5% della spesa sociale complessiva, mentre la fetta maggiore del prodotto interno lordo va a finire nelle casse delle banche, che scoppiano di soldi.

L’errore di questa politica sociale sta nel fatto che non è ri-distributiva, ma solo distributiva. Ossia che non prende ai ricchi per dare ai poveri. I potentati possono continuare ad accumulare ricchezza senza dover tirare alcun freno alla loro voracità. Sono estasiati e applaudono il governo.Il cambio che i brasiliani aspettavano - e meritavano - è un Piano Marshall per il popolo. Per porre rimedio alla devastazione che la miseria ha provocato nel popolo lungo i secoli occorre un Piano Marshall economico, sociale e culturale.

Però il governo preferisce essere super-ortodosso e ascoltare con attenzione devota le lezioni dei faraoni del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale anziché prestare orecchio al clamore degli oppressi del nostro Egitto.Il Pt sta cessando di essere uno strumento del cambiamento e si sta trasformando in un prolungamento dei ceti dominanti di prima, con l’aggravante di usare i simboli e il linguaggio dei Mosé liberatori.

Però ha ancora tempo per cambiare. E se non lo farà, chiameremo il sacerdote perché gli somministri l’olio santo dell’estrema unzione e intoneremo il Dies irae dell’antica liturgia funebre della chiesa cattolica.

(*) Teologo e scrittore brasiliano

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/26-Marzo-2005/art73.html