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INTERVISTA a Fausto Bertinotti : «Siamo il crocevia dell’alternativa»

Publie le venerdì 8 aprile 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Elezioni-Eletti Partito della Rifondazione Comunista Parigi

Fausto Bertinotti valuta il voto non entusiasmante al Prc: «Il risultato elettorale è Vendola», dice. Perché la sua vittoria «invera e verifica» la linea che ha condotto all’Unione. Cioè alla prova che Rifondazione è una forza «non solo essenziale ma partecipativa» e di governo. Una lezione che ora «deve vivere nel programma»

di COSIMO ROSSI

«Il risultato elettorale di Rifondazione è Nichi». Cioè la vittoria in Puglia che è anche il sigillo della partecipazione determinante all’Unione. Un saldo elettorale «che invera, verifica empiricamente tutta una linea politica». Tanto che Fausto Bertinotti - anche dalla statura non strabiliante del 5,6 per cento - non fa mistero di considerare insignificante «una diatriba sullo 0,5 per cento in più o in meno».

Non si può negare che Rifondazione sia rimasta al di sotto delle aspettative...

Le regionali sono state una tale lezioni da cui non si può togliere uno scampolo e leggere solo quello. Per parlare di Rifondazione comunista dentro il successo generale dell’Unione bisogna pesare due cose: il risultato delle liste e la vittoria straordinaria di Vendola, che secondo me parla di noi molto più di quanto non dica il saldo percentuale.

Però le liste non sono andate bene...

Stiamo tra le regionali scorse e le europee. In tutte le amministrative la nostra sofferenza è forte per ragioni più volte espletate. Ci si concentra su questo elemento perché è vero che c’era un’attesa nei nostri confronti, confermata dai sondaggi e emersa soprattutto dall’andamento della campagna elettorale. Del resto, quest’ultimo è un fatto: c’è stata una crescita di partecipazione e di impegno diffuso. Questo alone di crescita partecipata aveva suffragato l’andamento dei sondaggi e ci ha fatto contare un qualcosa di più.

Aspettativa che si è arenata su cosa?

Gli elementi sono quelli di sempre: l’andamento più faticoso del partito nel territorio, la concorrenza del voto di preferenza e di candidature forti specie nelle regioni del Mezzogiorno, eppoi - non voglio polemizzare - persino numerosi errori di voto...

Contesti la falce e martello del Pdci?

...Errori di voto per i simboli simili. Ma tutte queste sono questioni minori.

Quella prevalente, invece?

Il tratto dominante è che, senza voler pesare il contributo quantitativo generale all’alleanza, Rifondazione dà prova di sé non solo per la capacità di essere una forza essenziale ma anche partecipativa. Nel voto trovo confermata non solo l’avversione a Berlusconi ma la possibilità concreta di costruire un’alternativa. E’ questo il dato, che dunque rende non quantitativamente ma fattualmente importante la presenza di Rifondazione nello schieramento. Quindi continuo a pensare che stiamo ricercando nella direzione giusta: che abbiamo messo le basi per lavorare a una vera e propria crescita, anche a partire dalle prossime elezioni politiche. Non vedo controindicazioni perché trovo confermata una nostra previsione. Siamo entrati in una fase nuova: segnata dalla fine dell’era del berlusconismo, dalla maturità di un cambiamento profondo e della sfida aperta per sapere se sarà un’alternativa o semplicemente un’alternanza. E’ l’inizio di una nuova stagione politica che si è determinata anche per questa nostra scelta, visto che senza la costruzione dell’Unione questo risultato non ci sarebbe stato. In questo, il posizionamento di Rifondazione ci fa sentire pesci nell’acqua. L’ho visto tra ieri e oggi: non ho mai avuto un tale riscontro di strada, di persone che ti fanno festa. E’ proprio evidente che è caduta una barriera e che si delinea la possibilità di una costruzione nuova. Per cui non ho nessun imbarazzo.

Quella barriera forse è caduta anche per quelle che sono state le tue «svolte», dalla nonviolenza all’alleanza con Prodi, ma cadendo si è anche portata via qualche consenso...

Se è vero, quelli persi li abbiamo ripresi dall’altra parte. Non si scappa, visto che il saldo elettorale comunque ci colloca tra le regionali precedenti e le europee, che comunque ci sono più favorevoli perché è un voto più liberamente di opinione politica.

Il che conferma, però, anche lo squilibrio Bertinotti-centrico del Prc: un vertice più persuasivo del partito diffuso.

Non è tanto il personale politico. C’è il fatto che in un’elezione politica il voto è più direttamente di opinione e meno marcatamente legato alle situazioni territoriali e all’insediamento reale del partito. Veniamo premiati di più quando è al vaglio la linea senza condizionamenti. E infatti lo si vede sul piano virtuale attraverso i sondaggi e su quello materiale attraverso una partecipazione assolutamente straordinaria.

Ma c’è anche chi - i Disobbedienti romani, per esempio - protesta il Prc per «non morire prodiani». Non è un’interlocuzione che viene meno?

Stiamo parlando di una parte dei movimenti. Ma ci sono anche Agostinelli in Lombardia, Anna Pizzo in Lazio, Ciabatti in Toscana, Squassina a Brescia, Valpreda in Piemonte, tanti presidenti dell’Arci in diverse circoscrizioni: è una mappa di relazioni. Sono o non sono anche loro i movimenti? E’ curioso che ora vengono considerati solo coloro che hanno una posizione critica e non quelli che addirittura si candidano con noi. Poi c’è un punto, romano e non solo, che muove una critica non da ora, e rispetto alla quale vorrei suggerire di interrogarsi sul fenomeno Vendola, dato che lui fu uno degli oggetti di quella controversia. Ma è una discussione del tutto marginale. Si dirà, piuttosto, che in questo risultato straordinario è intervenuto un successo particolare dell’Ulivo.

Problemino di sbilanciamento moderato mica di secondo piano...

Secondo me, come in tutti i paesi europei, il presentarsi della maturità di un’alternativa di governo premia la forza più consistente. E’ un problema?

Se non lo è per Rifondazione...

Il compito di Rifondazione e della sinistra radicale è quello di operare e vincere una competizione sull’asse programmatico e sul profilo politico di questa alleanza. Da questo punto di vista penso che siamo molto incoraggiati dal modello Vendola. Ecco perché sono così tranquillo.

Fassino, però, vanta che non c’è stato il temuto sbilanciamento a sinistra. Suona il preludio al confino nel ruolo di portatori d’acqua al mulino riformista...

Rebus sic stantibus, ha ragione. Ma le cose si muovono. Fino all’altro ieri i riformisti erano per definizione i detentori delle chiavi della maggioranza e le forze radicali per definizione minoritarie. Fino all’altro eri le forze radicali e comuniste non avevano titolo a rappresentare la coalizione per una convenzione ad escludendum: per la tesi politica che non si poteva vincere con candidature radicali. Da ieri siamo di fronte a rivoluzione. Certo, se uno non vuole non la vede. Ma per la prima volta un comunista e radicale - Nichi - guida una regione grande e importante. E’ vero che ciò che era per principio indiscutibile resta come elemento di fatto: cioè c’è un prevalere quantitativo delle forze riformiste. Del resto, fatico anche a capire come rovesciarlo da un giorno all’altro. Ma si vuole capire oppure no che il modello che ha portato alla vittoria di Vendola, cioè democrazia partecipativa, è entrato nella costruzione della coalizione? Ecco perché credo che valga la pena continuare. Si è prodotta per la prima volta la possibilità che le chiavi del governo non siano detenute solo dalla componente maggioritaria; e non per un braccio di ferro tra radicali e riformisti in cui perdiamo per forza, ma per il venire in gioco di un terzo, che è l’irruzione nella politica della partecipazione.

Partecipazione sì, ma Bertinotti che si ferma al 5,6 per cento rinuncia alle primarie senza troppo chiasso...

Bertinotti non aveva disponibilità né a farle né a rifiutarle. Chi lo dice mente. E’ Prodi che ha avanzato la proposta di farle e poi di non farle. Ho sempre detto che non le avevo chieste io e che se c’erano si doveva essere in due. Trovo invece molto apprezzabile che nel corso del vertice dell’Unione sia stata introdotta da Prodi stesso un’istanza di partecipazione democratica nel programma. Il mio problema, ma che penso non sia solo mio, è come fare in modo che la lezione pugliese viva, non che si ripeta meccanicamente. E se lezione pugliese viene traslata su programma, allora vive.

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