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Possibilità di vittoria e probabilità di sconfitta

Publie le domenica 22 maggio 2005 par Open-Publishing

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di Francesco Pardi

Incredulità e rabbia, scrive ieri Padellaro. Indignazione, Giorgio Bocca su la Repubblica e Gabriele Polo su il Manifesto. Smarrimento e costernazione testimoniano le lettere degli elettori di centrosinistra. Abbiamo appena vinto le elezioni regionali in modo indiscutibile; potevamo trovare lo slancio per vincere le prossime politiche e archiviare finalmente l’anomalia italiana.

E invece ci troviamo in una situazione paradossale: subito dopo la vittoria la nostra classe dirigente trova il modo di dividersi; e lo fa in un modo così sgangherato da far apparire la piccola e prevedibile vittoria del centrodestra a Catania non solo come la compensazione assoluta dell’incommensurabile sconfitta precedente ma addirittura come l’inizio della rivincita.

Qui non è in questione il diritto alla diversità delle opinioni. Che il centrosinistra sia plurale lo sanno anche i sassi. E una diversa identità delle sue componenti, capaci così di convincere parti diverse dell’elettorato, è utile all’efficacia della coalizione. Per essere chiari: anche Mastella ha svolto e svolge un compito importante. Quindi anche la Margherita ha il diritto di cercare un profilo in grado di attirare gli elettori di centro che ritiene suoi interlocutori; ma sarebbe opportuno sapesse distinguere tra gli elettori veri e gli elettori trasformisti pronti al salto per opportunismo. Infine dovrebbe curare la propria identità senza screditare Prodi, candidato riconosciuto alla presidenza del consiglio.

Invece il conflitto aperto tra i protagonisti principali della lista unitaria (che secondo le loro intenzioni dovrebbe essere la guida dell’intero centrosinistra) mette a rischio la natura stessa della coalizione e indebolisce Prodi: un capo senza partito può poggiare solo sul pieno appoggio di chi dirige i partiti, ma se questi lottano per l’egemonia la leadership unitaria ha i piedi d’argilla.

Il centrosinistra aveva, ha il dovere di consolidare il successo nelle regionali in un cammino prudente verso la vittoria nelle prossime politiche. Doveva, deve precisare un programma rivolto alla ricostruzione della salute istituzionale del paese e al rilancio dello stato sociale, un programma incisivo nell’innescare un nuovo dinamismo economico, irremovibile nel rifiuto della guerra preventiva, propositivo nella costruzione di un nuovo ruolo dell’Europa e dell’Onu. Il centrosinistra doveva, deve accordare le sue diverse identità in un insieme armonico che vale molto di più di un’impossibile unanimità. Il centrosinistra aveva, ha il dovere di temperare le ambizioni delle sue numerose componenti e di indirizzarle alla realizzazione di un compito comune troppo importante per lasciare che sia impedito dalla ricerca di vuote supremazie. E invece mette a repentaglio il risultato di un lavoro cui hanno contribuito tutti e che non appartiene solo ai partiti.

Il ciclo ascendente dei successi degli ultimi quattro anni nelle amministrative, europee e regionali è stato costruito con l’impegno di tutti: cittadini, movimenti, associazioni. Con la parola e lo scritto, la testimonianza e la mobilitazione, milioni di persone hanno fatto sentire la loro voce. Ora tutti i protagonisti dell’impegno civile non possono lasciare che un gigantesco lavoro collettivo rischi il fallimento. La libera cittadinanza - così diceva Tom Benetollo - deve produrre un altro soprassalto nella coscienza sociale. Se i partiti della coalizione non hanno la saggezza di capire la gravità estrema della situazione, è necessaria una spinta corale dal basso che faccia loro intendere la ragione.

I cittadini alle prese con i problemi economici della vita quotidiana non hanno alcun interesse alla lotta per la supremazia dentro il centrosinistra. La vera competizione che interessa tutti si svolge tra una maggioranza che ha legalizzato l’illegalità, esercitato un sistematico uso privatistico dello stato, rovinato l’economia, dilapidato il patrimonio pubblico, minato la Costituzione, e un’opposizione che ha il compito di vincere le elezioni per assicurare ai cittadini istruzione, salute, lavoro, giustizia sociale e pace, con il ritiro dei soldati dall’Iraq.

Non è molto difficile da capire. Qualsiasi atto che faciliti la conferma al potere di un soggetto ineleggibile e incompatibile con l’esercizio di qualsiasi carica politica (meno che mai quella di capo dello stato) è un atto irresponsabile. Qualsiasi azione che favorisca il consolidamento di una maggioranza parlamentare che non è più da tempo maggioranza nel paese, e la permanenza di un governo che ha prodotto solo macerie economiche, sociali e istituzionali, è un delitto contro la democrazia.

Le politiche saranno molto più dure delle regionali: ci attende una lotta ardua per la sproporzione di mezzi e il monopolio dell’informazione in mano all’avversario. E invece di affrontarla con il massimo della convinzione la classe dirigente del centrosinistra si logora in lotte intestine che feriscono la nostra coesione e ridanno inopinata speranza a chi già vedeva la sconfitta.

La libera cittadinanza deve farsi sentire, deve prendere iniziative. Deve far capire ai propri rappresentanti che essi non possono disporre in piena libertà del destino di tutti: non hanno il diritto di trasformare la possibilità di una vittoria nella probabilità di una sconfitta. Già all’inizio della legislatura la società aveva dato un avvertimento ai partiti, incapaci di fare l’opposizione dopo l’insuccesso nelle elezioni del 2001. Ora si tratta di dare un nuovo segnale, ancora più impegnativo: bisogna esprimere non una minoranza ma una maggioranza, non un’opposizione ma un governo.

Era già stata immaginata una grande manifestazione nazionale in difesa della Costituzione: una mobilitazione necessaria fino a che il pericolo dell’eversione costituzionale non sarà stato battuto. Ma qui nasce un altro compito: una grande mobilitazione non difensiva ma propositiva, una spinta di tutta la nostra società per un serio programma di centrosinistra e per una classe dirigente fermamente decisa a realizzarlo.

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