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Francia: IL DIRITTO DEL LAVORO VIENE RIMESSO IN DISCUSSIONE

Publie le martedì 21 giugno 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Lavoro - Disoccupazione Governi Francia

Il nuovo contratto che il governo tenta di imporre consentirebbe di licenziare senza motivo e senza indennità in ogni momento, per 24 mesi, nelle piccole imprese.

di Laurent Garrouste, giuslavorista, membro del bureau della Fondazione Copernic e di Patrick Le Moal, giuslavorista. tradotto dal francese da karl&rosa

Per scoraggiare ogni rivendicazione e proseguire la sua offensiva liberista, il governo vuol fare con il diritto del lavoro quello che Raffarin ha fatto con il welfare e le pensioni. Sanno dal 2002 di essere minoranza nel paese, dato che il loro 80% di deputati non rappresenta che il 25% del corpo elettorale. Davanti al rischio di disfatta postreferendaria, il nuovo governo opera un’offensiva a base di provvedimenti, senza correre il rischio di una discussione pubblica che potrebbe favorire la mobilitazione sociale.

In occasione del referendum del 29 maggio 2005, il 55% degli elettori hanno detto no al trattato costituzionale europeo. Fra loro, una maggioranza schiacciante di operai e di impiegati, ma anche quasi il 60% di giovani di meno di 25 anni. Secondo un sondaggio pubblicato da La Tribune, il 66% degli elettori con un reddito minimo di 1.000 euro, il 71% dei lavoratori interinali, il 69% dei lavoratori a contratto determinato, ma anche il 58% di quelli a contratto indeterminato hanno votato no. Tutto fa pensare che questo é un no all’insicurezza sociale generalizzata, alla società liberista, un no della grande maggioranza del lavoro dipendente, comprese le sue componenti più precarizzate e fragilizzate, una parte delle quali si era rifugiata, da parecchi anni, nell’astensione.

A questo chiaro no sociale il primo ministro si rifiuta di rispondere. Peggio: il "piano urgente" promesso per il 1° settembre mette al centro un "contratto di nuova assunzione" che vuol dire rimettere in discussione i diritti di milioni di lavoratori occupati nelle imprese con meno di dieci dipendenti, che conoscono già le condizioni di lavoro più dure, che sono i più fragili e per i quali i diritti esistenti sono spesso fittizi. Che ancora oggi sono privi di rappresentanza diretta del personale, perché delegati del personale possono essere eletti solo nelle imprese con almeno undici dipendenti (articolo L 421-1 del codice del lavoro).

Che cos’é questo nuovo contratto?

"nel rispetto del codice del lavoro, propongo l’istituzione - dichiara il primo ministro - dal 1° settembre, di un nuovo tipo di contratto di lavoro di durata indeterminata, il contratto nuova assunzione. Più adatto agli obblighi delle piccole imprese alle quali verrà proposto, concilierà maggiore elasticità per il datore di lavoro e nuove sicurezze per il dipendente.

Più elasticità per il datore di lavoro, poiché questo contratto prevede un periodo di prova più lungo, di una durata di due anni, adatto al ritmo di sviluppo delle piccolissime imprese.

La durata del preavviso sarà in funzione dell’anzianità nell’impresa: corrisponderà dunque allo sforzo dimostrato. Le imprese in questione disporranno cosi’ di nuove facilitazioni per assumere, che dovranno permettere loro di impegnarsi con fiducia sulla via delle nuove assunzioni.

Anche nuove sicurezze per il dipendente. L’istituzione del "contratto nuova assunzione" gli darà tre garanzie: un complemento di sussidi di disoccupazione per il quale lo Stato farà la sua parte, un accompagnamento personalizzato e la mobilitazione di nuovi mezzi per il reimpiego in caso di rottura del contratto." [1]

Lo sviluppo di questi contratti sarebbe peraltro facilitato dalla creazione di un assegno-impiego generalizzato per le piccolissime imprese, che sostituirebbe ad un tempo il contratto di lavoro e la busta paga, sopprimendo cosi’ tutta una serie di obblighi di informazione da parte del datore di lavoro, che costituivano altrettante garanzie per il dipendente.

Questo tipo di annuncio era stato preparato da tempo da una serie di rapporti, in particolare i rapporti Camdessus e Cahuc Kramarz. Riprende direttamente diverse proposte del MEDEF. L’applicazione di queste proposte rappresenterebbe una grande vittoria del padronato.

Si puo’ notare che in quest’occasione non é stata rispettata l’esigenza di discutere preventivamente qualsiasi legge sociale. Di fatto queste proposte chiedono che una tale trattativa avvenga solo se la legge comprende dei progressi per i dipendenti: dunque il loro obbiettivo reale é di usare questa trattativa per impedire ogni progresso sociale realizzato senza il loro accordo.

Per capire il pericolo rappresentato da questa proposta, bisogna tornare sul significato del periodo di prova.

Che cos’é un periodo di prova?

Il Codice del lavoro parla poco del periodo di prova. L’articolo L 122-4 si limita ad indicare che le regole di rottura del contratto di lavoro a tempo indeterminato non si applicano al periodo di prova.

Una rottura del contratto durante il periodo di prova non sarà considerata come un licenziamento con tutte le garanzie procedurali che questo comporta: ad esempio nessun colloquio preventivo e neppure un preavviso obbligatorio, anche se certe convenzioni collettive possono istituirlo in un determinato settore.

D’altronde, il Codice del lavoro definisce la durata massima del periodo di prova per ogni tipo di contratto: contratto a tempo determinato, contratto interinale di missione, contratto di apprendistato.

Dunque, l’essenziale delle regole riguardanti il periodo di prova é stato formulato dalla giurisprudenza, che indica con chiarezza che la rottura del contratto nel periodo di prova non costituisce un licenziamento e quindi non dev’essere motivata. E’ possibile considerarla un licenziamento solo in caso di rottura abusiva o discriminatoria, il che deve essere dimostrato dal dipendente, cosà difficilissima nella maggior parte dei casi.

Dunque il periodo di prova é un periodo in cui il dipendente é in una posizione di estrema precarietà, il balia dell’arbitrio padronale, dato che il datore di lavoro non deve spiegare le cause che motivano la rottura: la giurisprudenza considera che la decisione del datore di lavoro ha carattere discrezionale e non deve quindi essere giustificata da una causa reale e seria [2].

Tuttavia da diritto al sussidio di disoccupazione.

Dato l’oggetto stesso del periodo di prova (assicurarsi che un dipendente sia adatto ad occupare un posto), la giurisprudenza ha considerato che il periodo doveva avere una "durata ragionevole". La Corte di cassazione giudica che la durata del periodo di prova per il dipendente non dev’essere sproporzionata rispetto al tempo necessario a testare un impiegato della sua categoria.

E dunque che un lasso di sei mesi era sproporzionato rispetto al tempo necessario a testare una stenodattilografa [3].

Dunque questo periodo di prova ha una durata relativamente breve, qualche mese al massimo per i quadri. Oggi il tempo durante il quale il dipendente é posto in una situazione di completa precarietà é limitato [4].

Nei fatti, questo é un periodo nel quale i diritti del dipendente vengono messi in sordina. Ad esempio, ha il diritto di sciopero ma lo si sconsiglia dal farne uso. Certo, un datore di lavoro che dicesse di aver rotto il periodo di prova a causa di uno sciopero si esporrebbe a vedersi imporre il reintegro del dipendente.

Ma questo datore di lavoro imprudente é poco probabile e poco informato: infatti gli basta rompere il periodo di prova senza alcuna motivazione. Anche se il motivo reale della rottura é l’esercizio da parte del dipendente del suo diritto di sciopero, quest’ultimo rischia di avere grandi difficoltà per dimostrarlo.

Occorre anche dire che la protezione del dipendente nel periodo di prova non ha niente a che vedere con quella accordata al dipendente con contratto a tempo determinato. La rottura di un contratto a tempo determinato durante il suo periodo di applicazione é più difficile di quella di un contratto a tempo indeterminato. L’articolo L 122-3-8 del codice del lavoro dice infatti che "salvo accordo fra le parti, il contratto a tempo determinato puo’ essere rotto prima della scadenza solo in caso di colpa grave o di forza maggiore." Inoltre, la fine del contratto a tempo determinato da diritto nella maggior parte dei casi ad un’indennità di fine contratto, mentre la rottura del periodo di prova non da diritto a nessuna indennità. Dunque un periodo di prova di 24 mesi sarebbe un contratto a tempo determinato il cui termine potrebbe arrivare un giorno qualsiasi senza che sia necessario dirne il motivo. Un sogno per ogni datore di lavoro. Perché opporsi al contratto "nuova assunzione" ed al suo falso "periodo di prova"?

 Non si tratta di un periodo di prova. Prolungando la sua durata a due anni, il governo non puo’ chiamare questo periodo un periodo di prova. Infatti, il tempo necessario per "testare" il dipendente sarà finito da un pezzo. Il solo interesse di scegliere questo termine é di mantenere il regime giuridico della rottura che vi é associato, permettendo cosi’ di rompere il contratto in un momento qualunque senza motivo.

 Il super periodo di prova di 24 mesi priva i dipendenti dell’esercizio dei loro diritti. Quale dipendente correrà il rischio di criticare il suo datore di lavoro sapendo che puo’ essere licenziato da un giorno all’altro senza motivo e senza indennità? Quale dipendente oserà fare sciopero? Quale dipendente oserà rifiutare di fare ore straordinarie non pagate? Quale dipendente oserà rifiutare condizioni di lavoro pericolose? Quale dipendente non esiterà prima di mettersi in malattia? Chi oserà domandare un aumento di salario? Un congedo non pagato? Etc.. E questo per due anni...

 Il super periodo di prova significa rimettere in causa molte garanzia contro l’arbitrio padronale. Sopprime il diritto al rispetto delle regole relative al licenziamento per due anni: il datore di lavoro non ha l’obbligo di ascoltare il dipendente nel corso di un colloquio preliminare, non deve pagare niente e non si deve giustificare. Per finirla con i diritti della difesa si sopprime il processo!

 Il dipendente sarà molto meno protetto di quanto avviene con il contratto a tempo determinato. Questo periodo di prova va ben al di là di un contratto a tempo determinato di 24 mesi: mentre il contratto a tempo determinato puo’ essere rotto solo per colpa grave, qui la rottura potrebbe avvenire senza motivo, senza indennità, in ogni momento e senza seguire alcuna speciale procedura.

 La precarietà sarà moltiplicata e la violenza dei rapporti di lavoro accresciuta. Tutti i nuovi assunti nelle imprese con meno di undici dipendenti saranno confinati in un sotto-statuto molto regressivo: privati dell’esercizio effettivo della maggior parte dei loro diritti sociali, saranno sottoposti a supersfruttamento. Ogni volta che le garanzie giuridiche regrediscono, gli abusi ed i comportamenti arbitrari già molto diffusi si sviluppano, come testimoniano i tanti casi di mobbing. Credere che, col pretesto di essere vicini ai loro dipendenti, i datori di lavoro non utilizzeranno a pieno i benefici di questo nuovo regime sarebbe dar prova, come minimo, di una grande ingenuità. Già oggi le relazioni sociali nelle piccole imprese sono altrettanto tese e violente che nelle grandi. Mai, da decenni, dei dipendenti sarebbero tanto vulnerabili e sprovvisti di difese in questo paese. Una vera norma di precarietà e di vulnerabilità sarebbe introdotta. I primi ad essere sotto tiro: i giovani, che si vuole manifestamente "formattare" per un nuovo rapporto salariale estremamente iniquo. E questa precarietà ha effetti altrettanto nefasti per i dipendenti fuori dell’impresa. Per esempio, quali garanzie potrà presentare un dipendente assunto con un contratto di questo tipo quando cercherà un alloggio, quando vorrà ottenere un prestito per effettuare un acquisto? Gli si ricorderà che il suo impiego non é affatto stabile.

 Questo periodo di prova minaccia numerose convenzioni collettive. In quanti settori il padronato sarà tentato di denunciare la convenzione collettiva che prevede periodi di prova molto limitati? Se una convenzione più protettiva viene denunciata, il padronato non avrà fretta di trattare, dato che la nuova regolamentazione si applicherà in mancanza di disposizioni più favorevoli. In ogni caso, avrà in mano delle buone carte per comandare il gioco in molti settori.

 Moltiplica le tentazioni di approfittare della buona occasione: quanti datori di lavoro saranno tentati, alla fine dei due anni, di mettere fine al periodo di prova per riprendere altri dipendenti sfruttabili a piacimento per due anni piuttosto che far continuare i primi con un contratto a tempo indeterminato? Quanti datori di lavoro ancora meno scrupolosi saranno tentati di licenziare i vecchi dipendenti stabili in contratti a tempo indeterminato per sostituire loro giovani nuovi in periodo di prova permanente? Come non vedere che questa mano d’opera vulnerabile sarà utilizzata per far pressione sui dipendenti delle stesse imprese che hanno uno statuto più stabile? Non dimentichiamo che il numero di posti di lavoro in regime UNEDIC (UNIONE NAZIONALE PER IL COLLOCAMENTO NELL’INDUSTRIA E NEL COMMERCIO, NdT) si aggira attualmente sui 15 milioni, di cui almeno il 20% sarebbero direttamente esposti a questo aumento della precarizzazione.

 Si tratta solo di un inizio. Se questo provvedimento passa, il padronato cercherà di generalizzarlo. Non ci facciamo illusioni: i diversi progetti di modifica del diritto di licenziamento contenuti nei rapporti citati sopra, che hanno la costante di voler rendere possibile il licenziamento quasi automatico e senza motivo, mirano a tutte le imprese.

 Le pretese "compensazioni" per i dipendenti sono vaghe e irrisorie. Appena accennate, le contropartite di questo formidabile regresso risprendono ricette che sono tutte fallite. Nuovi mezzi per il reimpiego? Pratiche personalizzate? E’ un miraggio credere che mentre si facilita il licenziamento espresso senza motivo si possa facilitare il reimpiego.

 Questo provvedimento non creerà nuova occupazione. Quanti datori di lavoro assumeranno un dipendente solo perché avranno il diritto di licenziarlo senza difficoltà? Chi puo’ credere che un datore di lavoro creerà un posto di cui non ha bisogno solo perché il "contratto nuova assunzione" gli da tutti i diritti? Perché opporsi agli esoneri dagli oneri padronali? I contributi padronali saranno soppressi al livello dello SMIC (Salario minimo interprofessionale, NdT) nel 2007 e misure tendenti a "incitare gli imprenditori ad oltrepassare la soglia dei 10 dipendenti" alleggeriranno gli obblighi finanziari per le imprese da 10 a 20 dipendenti. Queste misure si aggiungono a tutti gli esoneri esistenti. Le somme in gioco sono considerevoli, nel 2004 questi esoneri ammontano a 21,5 miliardi di euro. Questi esoneri da oneri padronali hanno effetti che vanno oltre il guadagno immediato per il datore di lavoro. Da una parte partecipano al deficit dei conti sociali, perché lo Stato non li compensa integralmente. Dall’altra tirano verso il basso l’insieme dei salari, perché le imprese che beneficiano di questi esoneri sono in concorrenza con quelle che non ne hanno. Senza contare che, dato che il beneficio degli alleggerimenti é legato al basso livello di salario, questo dispositivo inchioda i salari più bassi, come sottolinea un recente rapporto, perché ogni aumento rischia di far perdere il beneficio dell’alleggerimento... Il contratto "nuova assunzione" e gli esoneri dei contributi padronali si aggiungono ad altre misure criticabili, fra cui la privatizzazione di imprese pubbliche. Il contratto "nuova assunzione" rappresenterebbe un gran salto verso una flessibilità totale del mercato del lavoro in Francia, chiesta da tempo con tutte le loro forze dai liberisti di ogni genere, dall’OCSE o dal FMI. Questa misura rappresenterebbe un regresso sociale e democratico inedito: permettere per una durata di due anni che dei dipendenti siano privati della possibilità dell’esercizio della maggior parte dei loro diritti sociali nell’impresa. Risponde alla domanda degli ultraliberali di sopprimere, nel settore privato, le garanzie legate al regime giuridico del licenziamento. Significherebbe rimettere in discussione materie ben più vaste e non tarderebbe a piovere sulla testa della totalità del lavoro dipendente.


[1Estratti dalla Dichiarazione di politica generale del Primo ministro pronunciata l’8 giugno, disponibile in linea sul sito del Primo ministro

[2Vedi sentenze della Camera Sociale della Corte di Cassazione del 22 ottobre 1981 e del 13 novembre 1985

[3Vedi, ad esempio, le sentenze della Camera Sociale della Corte di Cassazione del 7 gennaio 1992 e 21 dicembre 1977

[4I sostenitori di questo nuovo contratto non esiteranno a ricordare che il dipendente puo’ rompere anch’egli il contratto in ogni momento per tutto il periodo di prova. Ma qual’é il valore di questa libertà del dipendente se il tasso di disoccupazione raggiunge i livelli attuali?

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